Nel sempre meno (economicamente e socialmente) equilibrato mondo in cui viviamo, dove ci sono 66 persone che detengono il 50% della ricchezza globale, esiste chi scappa dalle guerre, dalla fame, dalla povertà assoluta e dalle persecuzioni politiche e religiose e chi invece scappa semplicemente quanto molto efficacemente dalle tasse. Il vaso di Pandora scoperchiato negli ultimi giorni dai “Panama Papers“, infatti, parla chiaro quanto la fotografia che potete vedere di seguito, che svela in maniera inequivocabile chi sono i veri nemici del popolo.
Gli evasori fiscali milionari, portano via all’Erario (e quindi indirettamente a chiunque non evada il fisco) un miliardo di dollari l’anno. Parliamo di un vero e proprio pianeta parallelo, dove gli impuniti fiscali, mossi da un’avidità malata, sono ossessionati da un unico aspetto: accumulare ricchezza all’infinito, mentre parlano di “crisi” e “pareggio di bilancio da inserire in Costituzione” e si dimenticano in maniera sempre più arrogante ed odiosa di quella che è, a tutti gli effetti, una sempre più evidente servitù della gleba. Servitù sempre più numerosa, eppure altrettanto divisa. Del resto il popolino è abituato alla guerra tra poveri e poveracci, ad essere perennemente distratto verso obiettivi “vicini” e facilmente distinguibili: l’immigrato, il dipendente pubblico fannullone; il tifoso della squadra avversaria.
Intanto la disuguaglianza economica cresce, le persone (persino in un paese come l’Italia) si stanno convincendo in massa che avere una casa di proprietà sia qualcosa di molto stupido, che appartiene ad un pensiero vecchio. Il pensiero/approccio nuovo, invece, che è a quanto pare risulta per incomprensibili motivi più intelligente, ci vuole abituati/rassegnati all’idea di dover pagare un fitto per 30 anni, ritrovandoci poi con nulla in mano e centinaia di migliaia di euro versati. E vale anche per altri beni materiali, oggi divenuti servizi a noleggio perpetuo: musica, film, serie tv. La nostra è l’era degli abbonamenti e della fruizione intangibile, una renting economy vera e propria che sembra essere costruita per regalarci polvere futura in cambio di intangibilità presente. Soprattutto, è l’epoca delle potenzialità infinite quanto inutili (chi ascolterà mai 40 milioni di brani musicali nella sua vita?) vendute come innovazioni meravigliose ed irrinunciabili.
I PEGGIORI PARASSITI NON SONO I DIPENDENTI PUBBLICI FANNULLONI
Così, tra 30 anni, i trentenni di oggi si ritroveranno a dover lavorare (sempre se avranno la fortuna di avere un lavoro) per altri 10 o più anni, senza possedere una casa di proprietà, che chi possiede ogni cosa ci ha detto essere solo un peso di cui liberarsi, con pochissimi beni durevoli e con la convinzione che, alla fine, la colpa è dei profughi, di chi sta peggio di loro o di chi sta un po’ meglio, magari per suoi meriti, senza però aver mai derubato nessuno del proprio futuro e della propria dignità.
Questo perché l’uomo medio agogna la posizione di potere e ricchezza ed è razzista fondamentalmente contro chi questo potere e questa ricchezza non le possiede. Vorrebbe essere come chi lo opprime, ma non può e quindi devia la sua frustrazione su altri soggetti, semplicemente diversi da lui (almeno in superficiale apparenza) ma non abbastanza facoltosi per liberarsi dall’identità di capro espiatorio.
Il dipendente pubblico che non va al lavoro e si fa timbrare il cartellino dal collega connivente è di sicuro odioso e merita un ammonimento, una multa e poi, se recidivo, il licenziamento. Tuttavia, pur non volendo paga le tasse (e le pensioni) anche a chi poi trasferisce i propri patrimoni milionari nei paradisi fiscali e, dagli studi televisivi dei talk show, sbraita contro i fannulloni. E chi è peggio? Chi ruba 1200 euro di stipendio al mese o chi trasferisce offshore milioni di euro ogni anno. Il messaggio che passa è dunque semplice quanto agghiacciante: evadere è una brutta cosa, scatena l’indignazione popolare, ma mai quanto il non affondare i barconi di disperati o chiedere la testa del dipendente comunale non particolarmente ligio al proprio dovere.
Ma riflettiamoci un attimo a rispondiamo ad una domanda banale: è più parassita l’impiegatuccio fantozziano poco produttivo o il megamilionario (magari ereditiero) che evade sistematicamente il fisco e contribuisce a tenere alti i buchi di bilancio pubblico ed elevate le stesse tasse dalle quali fugge? Come detto: l’impiegato pubblico che non va al lavoro in ogni caso versa i suoi contributi e le imposte, tutti i mesi. In più, non pesa sul sistema di welfare perché appunto versa nelle casse dello Stato del denaro, oltre a percepirlo. Piuttosto che tagliare posti di lavoro pubblici e continuare ad abbassare gli stipendi medi, si dovrebbero finalmente chiudere i paradisi fiscale, recuperare il maltolto e costringere i ricchi di tutto il mondo, con un politica fiscale condivisa a livello globale, a versare il dovuto. Vi assicuro: buona parte del debito pubblico sarebbe “magicamente” annientato nel giro di poco tempo, si potrebbero attuare vere politiche di welfare ed un vero rilancio dell’economia, che è stagnante per una precisa volontà politica e non per qualche forma di ineluttabile fatalità.
Insomma: la favoletta secondo la quale dare più soldi ai ricchi genererebbe maggiore ricchezza per tutti è definitivamente sbugiardata. Chi ha tanto denaro, nella stragrande maggioranza dei casi, viene preso da una vera e propria malattia mentale e non fa altro che tentare di accumularne sempre più. Si tratta, di fatto, di una vera e propria aristocrazia vecchio stampo, dove alle regole della discendenza e nomina per diritto divino, si sono sostituite quella di una meritocrazia di facciata, dove chi vince una volta poi prende tutto per sempre, senza alcun limite. Un nuovo darwinismo socio-economico esasperato, con chi governa (vedi Renzi a Napoli, scortato anche da alcuni cecchini posizionati sui tetti e rifiutatosi di incontrare il sindaco De Magistris) che è sempre più irraggiungibile e lontano da chi lo ha eletto.