Allora, oggi parliamo di una pubblicità che imperversa da anni in ogni dove e che, lo ammettiamo, affrontiamo con golosità. Ma non subito. Prima ci occupiamo dell’imballaggio, di quegli spottini, cioè, di cui qualcosa vogliamo dire ma non più di tanto, anche per la loro natura transitoria.
Questo è il caso della réclame conclusiva dell’Expo. L’Expo, il grande successo italiano tutto e del Commissario Unico Giuseppe Sala, dove con “unico” si intende che quando ha visitato i padiglioni, era da solo, l’Expo, dicevamo, è stato il più grande fallimento dell’obiettività ricordabile a memoria d’uomo. Anche 10 ore di fila per vedere padiglioni dove erano collezionati mucchietti di riso non possono definirsi un successo, semmai una boiata. Ma a sentire loro, gli organizzatori, tutto è stato esaltante. Le file erano all’aperto e i monumentali cubicoli con la robba “exposta” chiusi e labirintici, e allora i geniali pubblicitari che cosa hanno pensato? Di celebrare l’operazione riuscita con immagini di repertorio accompagnate da “Ma il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano.
Ok, le disorganizzazioni le derubrichiamo per quello che sono. Ma addirittura evocare gli spazi celesti, che sono stati l’unico orizzonte per centinaia di migliaia di visitatori a fronte di inaccessibili spazi chiusi, è una scelta che ci fa assumere una forma a punto interrogativo che forse risulta più evidente solo in un caso: quando pensiamo alle Iene. Abbiamo cambiato pubblicità e siamo passati a quella che reclamizza connessioni internautiche Linkem che si promettono mirabolanti per bocca e costumi di quelli delle Iene. Ci sono Sabrina Nobile, il Moralizzatore Filippo Roma e tutti quanti, uno alla volta, e le dinamiche dello spot sono le stesse di una qualunque inchiesta del gruppo: casus belli, scandalo, soluzione con morale e alè. Ma in questo caso parliamo di una pubblicità, di un’opinabile offerta commerciale che poi avrà vantaggi e svantaggi più o meno simili a quelli di tanti concorrenti, non parliamo di un assessore…boh…cannibale, corrotto o chissà che e vedere messi in campo i metodi giornalistici-parodistici tipici della trasmissione di cui all’oggetto ci pare degradante.
Ci auguriamo che la Gabanelli non combatta mai crociate per celebrare i Pavesini o le vasche con la porta: se, pagando, l’inchiesta è a mio favore, poi non mi interessano più le inchieste. Ma dopo tutto questo, arriviamo al vero protagonista dell’appuntamento di oggi, una figura così elegante, così sobria, così efficace da renderci quasi timorosi. Non riusciamo a trattenerci, diciamolo subito: parliamo di Roberto Carlino. Anzi, Robberto Carlino. Ci piacerebbe a questo punto analizzare, destrutturare, forse un po’ deridere lo spot. Ma come si fa?
Stiamo parlando del titolare di un’agenzia immobiliare che a un certo punto della sua vita, forse con l’ausilio di lampade o di fondotinta generosi, ha deciso di presentarsi al mondo con un colorito terra di siena e, seduto, rigirandosi tra le mani una penna, declamare “Immobildream non vende sogni, ma solide realtà”, stacco di camera e primo piano impietoso con epilogo “parola di Robberto Carlino”, il tutto vissuto al cospetto di una figura femminile sorridente ma utilizzata come un complemento d’arredo. Ecco, ci piacerebbe scrivere di tutto…ma non è possibile, il punto è di Robberto Carlino e della sua pronuncia che così abilmente camuffa le sue origini. A noi sta solo la documentazione e questo abbiamo fatto. Ci ritagliamo solo un paesaggio, un minimo momento di fantasia. Quel frangente, cioè, in cui il titolare stesso, i pubblicitari, il regista, l’azienda che aveva in appalto lo spot e persino i familiari di tutti costoro hanno osservato il risultato del lavoro di squadra e hanno detto “Sì, sì, funziona!”. A volte immaginare l’impossibile è davvero suggestivo.