A Castelnuovo di Porto, vicino Roma, Salvini manda l’esercito a sgomberare il secondo centro d’accoglienza più grande d’Italia.
E lo fa dalla sera alla mattina.
305 persone su 535 saranno mandate via.
Li stanno trasferendo proprio in questo momento.
Alcuni non possedevano neanche una valigia dove mettere le proprie cose, ma sono stati sloggiati di corsa e mandati chissà dove.
Altri verranno letteralmente sbattuti in mezzo a una strada perché titolari di un permesso di soggiorno dovuto alla “protezione umanitaria”, cancellata dal “decreto sicurezza”, che oggi non dà più diritto all’accoglienza.
Lì dentro vivevano ragazzi che, qui in Italia, hanno potuto iniziare un percorso di studi, vivevano donne con figli piccoli, vivevano uomini che oggi, dal giorno alla notte, vengono costretti ad abbandonare il proprio lavoro.
E tutti loro perderanno il diritto a essere difesi dall’avvocato che li ha seguiti fin qui, visto che quello viene assegnato su base regionale.
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Così l’esercito divide uomini, donne e bambini, li mette su un pullman e li deporta chissà dove, come nelle pagine più spaventose della nostra storia recente.
Perché?
Perché a Castelnuovo si faceva davvero integrazione.
Salvini non ha chiuso un centro sospettato di infiltrazioni mafiose come quello di Isola Capo Rizzuto, non ha chiuso Borgo Mezzanone, vicino Foggia, dove gli immigrati vivono in condizioni al limite dell’umano, ha chiuso un posto dove lavoravano 120 italiani e dove gli immigrati venivano aiutati ad inserirsi nella nostra società.
Ed è quello il punto: Salvini non vuole che ci sia integrazione, non vuole che, come a Castelnuovo, la popolazione si trovi bene con gli immigrati.
Salvini vuole insicurezza.
Salvini vuole tensione sociale, vuole odio.
Vuole che a quelle persone venga tolto tutto, in modo tale da costringerle a delinquere, a prostituirsi, a vivere di espedienti, per poi porsi come “soluzione” al problema che lui stesso ha contribuito a creare.
Salvini vuole che gli immigrati delinquano e gli italiani li odino, è solo su quello che basa il suo consenso.
E così, mentre noi parliamo di Banfi all’UNESCO o dell’ennesimo titolo di merda di Feltri su Libero, centinaia di esseri umani vengono privati della vita che si stavano faticosamente ricostruendo.
[sostieni]
Quando studiavamo il novecento sui libri di scuola, leggevamo esattamente questo.
Ma ora che ce lo troviamo davanti non siamo più in grado di riconoscerlo, non siamo più in grado di reagire.
Non siamo neanche più in grado di chiamare il fascismo col suo nome.