Giovedì 28 novembre, gli elettori dell’ex repubblica sovietica della Georgia sono stati chiamati alle urne per il secondo turno delle presidenziali, dove la scelta poteva ricadere su uno tra Salome Zurabishvili e Grigol Vashadze.
Prima di esporre i risultati di queste elezioni, ci preme ricordare il risvolto storico di questo evento, visto che i georgiani hanno eletto per l’ultima volta il proprio presidente in maniera diretta. In base ad un emendamento alla Costituzione passato lo scorso anno, infatti, il capo di Stato non verrà più eletto dal popolo, bensì da un collegio di elettori composto da trecento membri. Per questa ragione, il presidente eletto quest’anno resterà in carica per sei anni, e non per cinque come avvenuto in precedenza. Queste modifiche renderanno de facto il primo ministro l’uomo politico più importante del Paese, mentre verranno decurtati pesantemente i poteri presidenziali, ponendo dunque fine al sistema semipresidenziale esistente fino ad oggi.
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Vincitrice del primo turno per una differenza di circa quattordicimila suffragi, Salome Zurabishvili ha esteso il proprio vantaggio sul proprio rivale, ottenendo il 59.52% delle preferenze, contro il 40.48% di Grigol Vashadze. Zurabishvili, infatti, è riuscita quasi a raddoppiare i propri consensi, superando ampiamente il milione di schede in proprio favore: apparentemente, dunque, gli elettori che avevano votato altri candidati al primo turno si sono riversati quasi totalmente nell’elettorato della sessantaseienne, che ha potuto approfittare anche del forte incremento dell’affluenza alle urne (56.5%, dieci punti percentuali in più rispetto al primo turno).
Nata a Parigi nel 1952, Salome Zurabishvili ha compiuto i propri studi a Parigi e New York, salendo alla ribalta della scena politica a partire dal 2004, quando fu scelta come ministro degli Affari Esteri dal discusso presidente Mikheil Saakashvili, poi fuggito in esilio in Ucraina in seguito alla sua destituzione, avvenuta nel 2013. In seguito a questi avvenimenti, Zurabishvili ebbe l’accortezza di abbandonare il partito di cui faceva parte, La Via della Georgia (საქართველოს გზა, Sak’art’velos gza), una forza fortemente liberista troppo compromessa con il governo, proclamandosi indipendente. In queste presidenziali, però, la candidata franco-georgiana ha ottenuto il prezioso appoggio del partito più importante del Paese, Sogno Georgiano – Georgia Democratica (ქართული ოცნება – დემოკრატიული საქართველო, Kartuli ocneba – Demok’rat’iuli Sakartvelo), la forza fondata dal miliardario ed ex primo ministro Bidzina Ivanishvili ed alla quale appartengono anche l’attuale premier Mamuka Bakhtadze ed il presidente uscente Giorgi Margvelashvili, che aveva deciso di non ricandidarsi per un secondo mandato.
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Il curriculum e la rete di alleanze tessute da Zurabishvili le hanno dunque garantito la vittoria contro il vero uomo di Saakashvili, Grigol Vashadze, sessantenne che a sua volta fu ministro degli Esteri dal 2008 al 2012. Candidato del partito dell’ex presidente, il Movimento Nazionale Unito (ერთიანი ნაციონალური მოძრაობა, Ertiani Natsionaluri Modzraoba – ENM), Vashadze aveva ricevuto una sorta di investitura ufficiale da parte di Saakashvili, fatto che ha verosimilmente costituito tanto la sua forza quanto la sua debolezza.
Nonostante la forte opposizione tra i due candidati nel corso della campagna elettorale, l’esito di queste elezioni non dovrebbe avere un peso rilevante nell’orientamento della Georgia tanto in politica economica quanto in politica estera. Prevediamo, infatti, un sostanziale mantenimento dello status quo: iperliberismo in politica economica, posizioni filoeuropeiste, filostatunitensi ed antirusse in politica estera, con la mai celata ambizione di entrare nell’Unione Europea e nella NATO, progetto pienamente sposato da Washington, che tende ad estendere sempre più le frontiere della propria zona d’influenza fino ai confini con la Russia. Appena eletta, del resto, Salome Zurabishvili ci ha tenuto a ribadire la propria fedeltà agli Stati Uniti, dicendosi “non disponibile a trattare con la Russia”. Ad ogni modo, quando entrerà in carica, il prossimo 16 dicembre, Zurabishvili potrà dire di essere la prima donna georgiana ad essere stata eletta alla presidenza (in passato, Nino Burjanadze aveva ricoperto l’incarico ad interim a due riprese).
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Divenuta indipendente nel 1991, in seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Georgia è caduta sin da allora nell’orbita di Washington, applicando nei propri confini una delle liberalizzazioni più sfrenate che si siano viste, privatizzando tutto quello che si poteva privatizzare. Nonostante le dimensioni trascurabili su scala globale (solo 69.700 kmq) ed una popolazione tutto sommato ridotte (4,9 milioni di abitanti), la Georgia svolge oggi un ruolo fondamentale nello scacchiere geopolitico mondiale. Come sappiamo, infatti, il Caucaso rappresenta un crocevia fondamentale per le forniture di gas e petrolio che giungono dall’est verso l’Europa, ma anche un’area dove si giocano gli equilibri delle rivalità tra gli Stati Uniti e la Russia, con due potenze regionali, la Turchia e l’Iran, che pure non mancano occasione per esercitare la propria influenza, senza dimenticare i conflitti tra le stesse repubbliche caucasiche, con il coinvolgimento delle innumerevoli minoranze etniche che le abitano.