Mercoledì 14 novembre la Repubblica di Figi ha vissuto le proprie elezioni legislative per il rinnovamento dei cinquantuno seggi che compongono il parlamento unicamerale dello stato arcipelagico. Il primo ministro Frank Bainimarama ha ottenuto la conferma, con un’affluenza alle urne del 72% (quattro anni fa aveva sfiorato l’85%).
Composto da 322 isole, di cui solamente 106 abitate permanentemente, l’arcipelago delle Figi (ufficialmente Repubblica di Figi) conta poco più di 920.000 abitanti ed ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito solamente nel 1970. Conosciute in occidente principalmente come paradiso per vacanze o tutt’al più per la squadra nazionale di rugby, le Figi hanno un recente passato politico piuttosto tumultuoso, con due colpi di Stato che si sono succeduti nel 2000 e nel 2006.
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Questa situazione di instabilità ha permesso l’emergere di un “uomo forte” come Frank Bainimarama, comandante delle forze militari figiane fino al 2014, e dal 2007 primo ministro in carica. Sessantaquattrenne, Bainimarama è considerato dai suoi sostenitori come colui che ha arginato i precedenti golpe ristabilendo la democrazia e la stabilità nel Paese, mentre secondo gli oppositori sarebbe un approfittatore che ha utilizzato quelle occasioni per dare vita a dei “colpi di Stato nel colpo di Stato” e rafforzare il proprio potere, approfittando della fedeltà dell’esercito.
Altri punti che dividono i sostenitori e gli oppositori di Bainimarama riguardano la politica estera: dopo che l’Australia e la Nuova Zelanda, storici partner economici, si sono allontanate diplomaticamente dalle Figi, accusando il primo ministro di aver instaurato un regime, il premier si è avvicinato alla Cina, incontrando di persona il presidente Xi Jinping ed aprendo il Paese agli investimenti di Pechino. Secondo gli avversari politici, sostenuti in questo da alcune organizzazioni non governative, Bainimarama avrebbe inoltre istituito un ferreo controllo dei mass media. Al contrario, i suoi alleati affermano che durante la sua leadership il Paese ha attraversato una imponente crescita economica, soprattutto grazie agli investimenti nel settore turistico, e che il governo in carica ha avuto il merito di porre fine alla discriminazione razziale nei confronti della minoranza etnica di origine indiana. Infine, Bainimarama ha fatto più volte sentire la propria voce nei forum internazionali sulla questione ambientale che, per via dell’innalzamento del livello dei mari, sta mettendo a repentaglio l’esistenza stessa delle Figi.
[sostieni]
Ad ogni modo, Bainimarama si è presentato a questa tornata elettorale come leader del partito nazionalista di centro-destra FijiFirst, da lui fondato in occasione delle elezioni del 2014. Nonostante un calo, la forza di governo ha conquistato la maggioranza assoluta con il 50.02% dei consensi e 27 seggi su 51, perdendo cinque scranni ma potendo comunque formare agevolmente un nuovo governo senza dover ricorrere ad alleanze.
Ad ottenere un incremento della propria rappresentanza è stata invece la principale forza d’opposizione, il Partito Liberale Sociale Democratico (Social Democratic Liberal Party, SDLP o SODELPA) condotto da Sitiveni Rabuka, già primo ministro dal 1992 al 1999. Il partito di Rabuka ha raggiunto il 39.85% delle preferenze, ed è così passato da quindici a ventuno seggi, ottenendone dunque sei in più (i cinque persi da FijiFirst più uno, visto che fino alla precedente legislatura il parlamento contava solo cinquanta seggi).
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Resta stabile, infine, il Partito Federazione Nazionale (National Federation Party, NFP), forza di centro-sinistra che propone una soluzione federalista per l’arcipelago: la formazione di Biman Prasad ha conquistato il 7.38% dei consensi, conservando i tre deputati eletti nella precedente legislatura.
Con la pubblicazione definitiva dei risultati, avvenuta quattro giorni dopo la giornata del voto, Frank Bainimarama è stato immediatamente incaricato dal presidente Jioji Konrote, eletto nel 2015 proprio con il supporto di FijiFirst, di formare il nuovo governo.