Domenica 27 maggio, i cittadini della Colombia sono stati chiamati alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali. Come avevano preannunciato in un precedente articolo, il nuovo capo di stato verrà scelto solo al termine del secondo turno, previsto per il 17 giugno, quando a sfidarsi saranno Iván Duque Márquez e Gustavo Petro.
PREMESSE E RISULTATI DEL PRIMO TURNO
Arrivate poco dopo la vittoria di Nicolás Maduro nelle elezioni presidenziali venezuelane, anche le votazioni della vicina Colombia hanno subito un trattamento totalmente diverso da parte dei media occidentali. Prevenuti nei confronti del Venezuela, le cui elezioni sono state dichiarate irregolari ancor prima dello svolgimento, i tanti giornalisti allineati non hanno notato, ad esempio, che l’affluenza alle urne è stata assai bassa anche in Colombia, pari al 53.37% (19.3 milioni di votanti sui 36.2 milioni di aventi diritto), per non parlare del fatto che quattro anni fa il dato superò appena il 40% e delle diverse irregolarità riportate dalla stampa sudamericana.
A portare milioni di nuovi elettori alle urne è stata la grande sfida tra Iván Duque Márquez e Gustavo Petro, ed in particolare il fatto che, per la prima volta nella storia contemporanea del Paese, la presidenza non è aprioristicamente promessa alle destre liberali e filostatunitensi. Duque, quarantunenne senatore che rappresenta proprio questa fazione, partiva con tutti i favori del pronostico, ed effettivamente ha confermato il ruolo di primo pretendente alla presidenza, ottenendo il 39.14% delle preferenze, ma restando ben distante dalla maggioranza assoluta, che gli avrebbe garantito la vittoria al primo turno. Il membro del Partido Centro Democrático e candidato per la coalizione Gran Alianza por Colombia (Grande Alleanza per la Colombia) è sostenuto soprattutto dall’ex capo di stato Álvaro Uribe, oltre ad essere certamente il candidato preferito degli Stati Uniti, dove tra l’altro Duque ha compiuto gran parte dei suoi studi in giurisprudenza, sebbene proprio di recente sia emerso uno scandalo riguardante il suo curriculum, nel quale aveva inserito anche la prestigiosa Università di Harvard, fatto prontamente smentito dai giornalisti colombiani.
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Nonostante gli scandali che ricordano, tra le altre, alcune note vicende italiane, dunque, Duque partirà con un grande vantaggio in occasione del secondo turno, nel quale si troverà opposto a Gustavo Petro, cinquantottenne economista ed ex sindaco di Bogotà, membro del Movimiento Progresistas e candidato sotto l’egida della coalizione Lista de la Decencia. In gioventù guerrigliero del Movimiento 19 de Abril, Petro spera di diventare il primo presidente di sinistra nella storia di un Paese il cui spettro politico è storicamente sbilanciato verso destra, ma sarà chiamato ad una grande rimonta, partendo dal 25.09% ottenuto in questo primo turno.
Per quanto riguarda gli altri candidati, Sergio Fajardo, sessantunenne matematico, ex governatore di Antioquia, candidato della Coalición Colombia, ha ottenuto la terza posizione con il 23.73% delle preferenze; Germán Vargas Lleras, cinquantaseienne avvocato, Ministro degli Interni e vicepresidente sotto il capo di stato uscente Juan Manuel Santos, del quale è considerato l’erede, ha conquistato solo il 7.28% dei suffragi in rappresentanza la coalizione a lui dedicata, Mejor Vargas Lleras; Humberto de La Calle, settantunenne avvocato del Partido Liberal Colombiano, che ha ricevuto anche il sostegno di alcune forze che rappresentano la popolazione indigena, si è fermato al 2.06%. Non sono nemmeno arrivati al punto percentuale, invece, gli ultimi due candidati in lizza: Jorge Antonio Trujillo, prete cinquantenne del Movimiento Todos somos Colombia (0.39%), e Viviane Morales Hoyos, di Somos Región Colombia (0.21%).
IL CONFRONTO TRA DUQUE E PETRO VERSO IL SECONDO TURNO
Sin dall’inizio, la campagna elettorale si è sviluppata principalmente per mezzo del confronto tra i due principali pretendenti alla presidenza, che ora dovranno prolungare il duello per altre tre settimane. Una delle principali divergenze, con annesse polemiche, si è registrata sul delicato tema venezuelano. Propagandisticamente, Duque ha dichiarato che con Petro la Colombia farebbe “la fine del Venezuela”, sposando dunque la tesi secondo la quale Maduro e la Rivoluzione Bolivariana sarebbero la causa di tutti i mali. Ha inoltre promesso di assumere una posizione conflittuale nei confronti di Caracas (suscitando gli entusiasmi di Washington, che vuole una Colombia pronta a concedersi anche in caso di intervento armato), mentre Petro certamente preferirebbe promuovere il dialogo con il Paese confinante e non ha mai nascosto la sua ammirazione per Hugo Chávez, pur non risparmiando alcune critiche a Maduro.
L’altro grande tema della campagna elettorale ha riguardato il rapporto con l’ormai ex gruppo guerrigliero noto come FARC o FARC-EP (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo, Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia – Esercito del Popolo). Dopo un processo di pace che sembrava essere sulla buona strada, anche grazie alla mediazione di Cuba ed al sostegno delle Nazioni Unite, ed i primi accordi firmati a L’Avana, i negoziati si sono bloccati ad un punto di stallo, non senza responsabilità da parte del governo Santos. Anche in questo caso, con Duque si rischia di assistere ad una persecuzione dei guerriglieri in barba agli accordi presi, mentre Petro si è mostrato decisamente aperto al dialogo, tant’è che alcuni giornalisti di destra e candidati di altre forze politiche lo hanno screditato con l’appellativo di “candidato delle FARC”.
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I pronostici ed i sondaggi, ancora una volta, sono tutti dalla parte di Duque, che sicuramente può contare su sostenitori interni (alta borghesia) ed esterni (Stati Uniti) ben più potenti. Tuttavia, un buon risultato elettorale da parte di Petro rappresenterebbe una interessante novità per la sinistra colombiana, se si pensa che quattro anni fa giunsero al ballottaggio due candidati di destra (Juan Manuel Santos ed Óscar Iván Zuluaga). L’unico, in tempi recenti, a mettere a repentaglio il dominio della destra in Colombia, era stato Antanas Mockus, che nel 2010 giunse al ballottaggio contro Uribe sotto l’egida dell’Alianza Verde, non superando però il 27.47% dei consensi. Un buon riscontro elettorale per Petro, che potrebbe anche vincere nella capitale grazie al suo passato di sindaco ed al maggior progressismo dei cittadini di Bogotà, inoltre, darebbe un importante segnale anche agli Stati Uniti, per far sapere nella parte settentrionale del continente che la Colombia non è più disposta ad essere la patria del narcotraffico internazionale e del terrorismo dei paramilitari sostenuti dal governo in nome di interessi esterni.