Giovedì 9 novembre si sono tenute le elezioni generali nell’arcipelago dell’Oceano Atlantico meridionale noto come Isole Falkland o Isole Malvinas, in base rispettivamente alla denominazione britannica ed a quella argentina. Le poche migliaia di abitanti presenti, quasi tutti scozzesi trapiantati per permettere al Regno Unito di avere un arma in più nella disputa con Buenos Aires, sono stati dunque chiamati ad eleggere gli otto rappresentanti dell’Assemblea Legislativa. Tutti i candidati si sono presentati senza affiliazione partitica.
Dietro al duplice nome dell’arcipelago, c’è tutta la storia di un lungo contenzioso che oppone la Gran Bretagna all’Argentina da quasi due secoli. Nel 1833, infatti, i britannici si stabilirono per la prima volta nell’arcipelago, sebbene gli argentini li avessero preceduti nel 1829 con la costruzione di una caserma (in realtà, il primo insediamento risale addirittura al 1764, messo in opera dai francesi). Vista la posizione geografica, l’Argentina riteneva – non a torto – le isole come naturalmente facenti parte del proprio territorio. Il contenzioso è andato avanti per un secolo e mezzo, fino a sfociare nel conflitto armato del 1982, conclusosi con una pesante sconfitta dell’Argentina.
Il governo di Buenos Aires, tuttavia, non ha mai rinunciato a reclamare la propria sovranità sulle Malvinas. Indipendentemente dal tipo di governo e dai colori politici, tutti a leader argentini, dalla dittatura militare ai presidenti democraticamente eletti, hanno sempre concordato su questo punto che rappresenta uno dei cardini della politica estera del Paese sudamericano. Le Malvinas fanno inoltre parte integrante dei programmi scolastici di geografia sin dalle scuole elementari, ed in tutte le rappresentazioni cartografiche vengono indicate come argentine, utlizzando solamente la denominazione di lingua spagnola, creando dunque un forte sentimento nazionale sulla questione.
Proprio per questa ragione, la governatrice della provincia argentina della Tierra del Fuego, Rosana Bertone, membro del Partito Giustizialista (PJ – Partido Justicialista), è intervenuta per denunciare le elezioni come “un atto illegittimo”. Secondo le rivendicazioni argentine, infatti, le isole sarebbero parte integrante di questa provincia, e dunque il potere legislativo spetterebbe all’assemblea provinciale della Tierra del Fuego, con sede ad Ushuaia. Non a caso, il nome completo dell’entità argentina è Provincia de Tierra del Fuego, Antártida e Islas del Atlántico Sur (Provincia di Terra del Fuoco, Antartide ed Isole dell’Atlantico del Sud), a sottolineare le rivendicazioni del governo di Buenos Aires sulle Isole Malvinas e sullo spicchio di Antartide che si trova a sud del territorio nazionale, ma anche sulla Georgia del Sud e sulle Isole Sandwich Australi, altri territori occupati dai britannici.
Da questo punto di vista, il governo argentino ha sempre beneficiato dell’appoggio della maggioranza degli altri Paesi sudamericani, secondo i quali la permanenza britannica nelle Isole Malvinas rappresenterebbe uno degli ultimi retaggi dell’epoca coloniale. In alcuni periodi, il Brasile e l’Uruguay sono arrivati anche a vietare l’attracco delle navi britanniche nei propri porti, come rappresaglia nei confronti dell’occupazione dell’arcipelago. Da notare che l’Italia, per via della massiccia presenza di italiani in Argentina, ha generalmente assunto una posizione intermedia, ma pendendo piuttosto dalla parte di Buenos Aires.
Anche se oggi un conflitto armato tra le due potenze contendenti è da escludere, la guerra prosegue sul lato diplomatico. Come noto, le isole in sé non rappresentano un motivo valido per mettere in piedi una disputa secolare: ad essere in balllo è soprattutto il diritto di pesca e di sfruttamento delle risorse dei fondali marini all’interno delle acque territoriali dell’arcipelago. Buenos Aires ha già fatto sapere che interromperà tutti i rapporti con le compagnie petrolifere che effettueranno trivellazioni per conto dei britannici in quell’area.
Ancora una volta, il passaggio di consegne tra il governo progressista di Cristina Fernández de Kirchner e quello iperliberista di Mauricio Macri, se ha rappresentato un completo capovolgimento politico da molti punti di vista, sembra non aver scalfito minimamente la posizione argentina su questo punto.
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Argentina: l’iperliberista Mauricio Macri ed i suoi crimini silenziosi
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