PREMESSA
Sono sposato con una cittadina russa da 10 anni ma stiamo insieme da quasi 14 anni.
Da quattordici anni dunque passo sempre molto tempo a Mosca.
La prima cosa che mi ha colpito quando ho iniziato a frequentare Mosca ovviamente sono state le dimensioni enormi di qualsiasi cosa, a partire dai russi, di cui molti sono giganteschi, strade a 10 corsie attraversano la sterminata città stato, giganteschi palazzi da migliaia e migliaia di condomini le costeggiano e in queste strade il traffico è composto completamente e unicamente anche esso da enormi macchine di grossa cilindrata e di grossi volumi, un’enorme quantità di queste macchine sono dei suv le altre sono potenti berline.
Da tutta la Russia inoltre affluiscono a Mosca enormi quantità di merci per sostenere la sua popolazione di circa 18 milioni di abitanti, dunque anche il parco camion e furgonati vari è immenso. Gli Iveco stanno sparendo, mentre dieci anni fa ne vedevo ovunque in continuazione, ormai sono sempre più rari.
Sono macchine quelle che servono ai russi che per le loro caratteristiche costano molti soldi, macchine economicamente importanti. Ovviamente i russi hanno anche il petrolio. Sono produttori di benzina, e la cosa entra in gioco anche nella qualità del mercato automobilistico.
Nelle strade di Mosca non vedrete praticamente mai macchine piccole come da noi in Italia o in Francia o in Germania, come le nostre utilitarie usate da una classe media e lavoratrice europea sempre più povera.
L’uso di macchine cosi grandi e potenti non è una cosa velleitaria ma è la conseguenza di una necessità strutturale del paese; la Russia è un paese immenso, una unica immensa nazione, la più grande nazione della terra, essa corre per 7777 km da ovest a est e per 4500 km da nord a sud, per un totale di 17 milioni di chilometri quadrati di territorio, gli USA per capirci ci stanno dentro quasi due volte con i loro 9.834.000 di km² , l’Italia circa 56 volte.
I russi come è ovvio si spostano in questo gigantesco territorio che è la loro nazione, esattamente come noi ci spostiamo all’interno dell’Italia fra una regione e l’altra, ma se un italiano impiega due ore e mezza per attraversare l’Italia da ovest a est, o otto nove ore per andare da nord a sud, il russo deve viaggiare per giorni se affronta il viaggio in macchina o in camion.
I taxi costano molto poco rispetto all’Italia. Per andare dalla città all’aeroporto con un taxi di classe comfort plus, la quarta categoria di cinque tipi di taxi che si può scegliere dalla applicazione Yandex Go, con il prezzo della corsa predeterminato e non a tachimetro, quindi il traffico non vi farà aumentare di una copeca l’importo della corsa, si spendono, percorrendo una distanza almeno doppia, intorno a 12 euro rispetto ai 50 italiani; si attraversa Mosca, minimo 30/50 minuti di viaggio, su un confortevole taxi anche con 5 euro se si prende il taxi di base.
Dunque il taxi è un mezzo di trasporto estremamente comune, lo si capisce quanso ci si ritrova a un semaforo rosso in attesa e ci si ritrova costantemente circondati da non meno di 10 taxi, sempre. A occhio e croce almeno il 40% del traffico è composto da Taxi. E anche in questo caso si tratta di macchine importanti, SUV e grosse berline.
Poi c’è l’inverno russo che dura praticamente da ottobre ad aprile
Temperature che scendono tranquillamente a meno 20 come niente fosse e che arrivano in alcune regioni a meno 40, finanche meno 60.
I cittadini della Russia non possono assolutamente fare affidamento su piccole macchine, ma hanno bisogno di macchine di grossa cilindrata e molto robuste, capaci di affrontare le frequenti tempeste di neve e viaggi lunghissimi, ecco perché la maggior parte dei cittadini a Mosca possiede dei SUV a volte semplicemente giganteschi, quasi come camion o comunque delle grosse berline che prima erano fondamentalmente tedesche, giapponesi e francesi.
Dunque la Russia e i suoi 150 milioni di abitanti rappresentano un mercato automobilistico assolutamente di enorme pregio per i costruttori. I mercati non sono tutti uguali. Forse non a caso per la Renault francese la Russia, prima che la Renault fosse stata costretta dal governo francese ad abbandonare la Russia, rappresentava niente di meno che il secondo mercato dopo quello nazionale. Una assurda eutanasia industriale su basi di una pseudo morale retorica e alquanto grottesca se si pensa agli orrori coloniali che la Francia ha perpetrato ovunque nel suo impero.
Bene questa lunga premessa serviva a capire che tipo di mercato automobilistico è la russia.
Un Paese di 150 milioni di abitanti, con una economia che ha accesso i razzi, seduto su oltre 80 trilioni di ricchezza in materie prime, fra cui anche l’acqua potabile.
Ebbene in questi giorni in Russia le agenzie giornalistiche stanno battendo tutte la notizia che la Cina chiuderà il 2024 con la vendita di un milione di autovetture e che lo scorso anno ne ha vendute mezzo milione.
Ricapitoliamo: mentre l’Europa, a cui la Russia ha sempre fornito energia e materie prime a bassissimo costo, con cui l’Europa si è sviluppata floridamente, dichiarava guerra senza alcun ragionevole motivo alla Russia, costringendo le sue industrie ad abbandonare un mercato automobilisto pregiatissimo dove praticamente si vendono solo SUV e grosse berline, di cui moltissime di lusso, la CINA ha venduto in meno di due anni la bellezza di 1 milione e mezzo di autovetture. Più del doppio delle autovetture che attualmente produce l’italia.
Dunque mentre l’Europa perdeva la folle guerra di trincea che sta sostenendo con oltre 100 miliardi di denaro pubblico in Ucraina, la CINA vinceva la guerra lampo del mercato automobilistico russo, sbaragliando l’Europa.
Non ci sarà nessun ritorno per il mercato europeo.
È semplicemente una catastrofe. Il mercato è come un territorio, si occupa come in guerra togliendolo a quelli che ce lo avevano e quando ce l’hai è tuo territorio, esattamente come il territorio conquistato in una guerra.
L’Occidente si era preso questo mercato alla fine della guerra Fredda, come vincitore della guerra fredda, quando la CINA non esisteva nemmeno come potenza industriale. Avevamo ottenuto sulla Cina un vantaggio strategico che la Cina non avrebbe mai potuto colmare se non ci fossimo suicidati di punto in bianco abbandonandolo in massa e lasciando uno spaventoso vuoto che è stato immediatamente allagato dalla marea cinese.
Chi ci ha costretto a questo suicidio?
Questa è l’analisi fondamentale che in Europa non ha fatto nessuno.
Perché è vietato fare questa analisi.
L’ordine di questo suicidio, ve lo dico io, che lo ho ampiamente esaminato nei miei studi, è venuto dalle necessità di classe di una nuova classe che non vive di mercato, ma di parassitismo, di saccheggio fiscale del capitale: la Classe Armata, costituita dagli eserciti professionali e dai propri milioni di ausiliari civili. Ai quali non interessa, nell’immediato, il crollo economico di un mercato, perché nell’immediato questa catastrofe, per questa classe parassitaria e improduttiva quali sono i militari professionali e i loro ausiliari, al contrario di quello che accade agli imprenditori del settore automobilistico che sono piombati nella rovina, significa espansione della quota di ricchezza che può parassitare come prelievo fiscale sotto la voce della Difesa a prescindere se l’economia sta rovinando. Lo capite o no?
Ora mentre in Russia escono articoli su articoli di questo straordinario exploit delle industrie automobilistiche cinesi, in Italia e in Europa si sentono solo singhiozzi di questa disfatta provenire da ogni angolo.
È terrificante. Perché è il boato del sisma che è appena avvenuto al largo del mare. Lo Tsunami economico non si vede nemmeno ancora, ma la sua devastante onda si è già formata e sta muovendo con la sua mostruosa massa distruttiva verso le coste dell’Europa. È una metafora, ma vi assicuro molto attinente.
La manifattura industriale italiana è legata a doppia catena con l’industria autmobilistica tedesca. Lo dice persino Dario Fabbri da sempre.
Le produzione di autovetture sono crollate ovunque. Ma guarda un po’, chissa come mai. La Folkswagen, il cui marchio si vedeva negli scorsi anni su almeno una macchina su quattro nei parcheggi di enormi SUV e Berline qui a Mosca, sta fallendo in Germania. Dalla Germania si sentono scricchioli della struttura sociale spaventosi per chi non ha le orecchie piene di cerume spettacolare.
Uso il taxi praticamente ogni due tre giorni a Mosca, e da quando è scoppiata la guerra tengo d’occhio le marche di macchine su cui salgo. Dato che i Taxisti cambiano macchina spesso per motivi di lavoro, il cambio di marchi nel mercato automobilistico, usando spesso il taxi, si vede a occhio nudo.
Ed è visibile a occhio nudo.
I marchi europei stanno sparendo alla velocità della luce fra i taxisti. I taxi cominciano ad essere tutti SUV e berline cinesi. Chiedo ai Taxisti, sono un po tristi, erano affezionati ai marchi europei, ma le macchine cinesi, piene zeppe di elettronica accattivante, seducenti come lo sono le bellissime donne asiatiche, conquistano rapidamente il cuore del mercato russo, e poi c’è anche il senso dell’orgoglio verso una Europa che, sempre amatissima dalla Russia, si è comportata con la Russia nella maniera più ignobile.
Le macchine vanno cambiate rapidamente, anche se perfettamente funzionanti, perché se si rompono, è venuta meno anche la catena dei pezzi di sostituzione, e in Russia non ti puoi permettere di non poter ripartire con la tua macchina per mesi. Dunque il ricambio del parco macchine russo sta procedendo, fra chi ci lavora, non a ritmo naturale di senescenza dei mezzi, ma a ritmo forzato.
Si prendono le macchine cinesi soprattutto per la questione ricambi a cui si aggiunge anche il peso dellla rabbia per la vergognosa pugnalata alle spalle alla Russia da parte dell’Europa.
Ci siamo rovinati, le nostre smidollate e servili classi politiche, che noi siamo responsabili di avere mandato al potere, hanno distrutto nell’arco di due soli anni, sostenendo la NATO contro la Russia invece che porsi come intermediarie diplomatiche per fermarla come eravamo perfettamente in grado di fare , le fondamenta di una prosperità europea che nel mondo multipolare è ormai sempre più fragile e delicata.
Tali fondamenta poggiavano in gran parte nella Russia, innanzi tutto per materie prime ed energia per l’europa manifatturiera e tecnologica, e poi per il mercato.
Oggi solo gli stupidi, i ciechi e coloro che sono in cattiva fede non se ne rendono conto o fingono di non capirlo.
Dietro di noi, nonostante la strenua resistenza che stanno facendo molti eroici imprenditori, che cercano di non andarsene dalla Russia difendendo il Fort apache di un minimo di mercato europeo in Russia, affrontando enormi disagi e ritorsioni dai propri Stati, che sottomessi al potere militare del Pentagono li boicottano invece di sostenerli, abbiamo fondamentalmente tagliato i ponti con la Russia e dove sorgeva il florido mercato occidentale automobilistico, e non solo automobilistico, ora c’è la CINA e ci resterà per decadi, mentre noi davanti abbiamo nuovamente il terribile passato che insegue da sempre l’Europa: la miseria che ci ha sempre spinto ad emigrare ovunque e a conquistare militarmente ovunque predando ciò di cui avevamo bisogno perché continente povero di materie prime.
Ma ormai non abbiamo più nessuna supremazia, né tecnologica, e soprattutto demografica, per dominare il mondo, ciò comporta che la storica misera europea descritta dalla grande letteratura del XIX secolo tornerà devastante a essere come non mai la signora dei popoli europei.
Avremmo potuto integrarci nei nuovi cicli egemonici del capitalismo, continuando un rapporto con i nuovi centri del mondo multipolare, ma siamo stati uccisi dalla devastante parassitosi del potere militare che è cresciuto nella civiltà occidentale nutrendosi della nostra ricchezza e menandoci a un rapporto di conflitti militari invece che di cooperazione con le nuove realtà mondiali.
La finestra strategica per invertire il processo è ancora aperta, ma lo spiraglio è sempre più sottile, e se si chiude del tutto resteremo claustrofobicamente chiusi dentro l’incubo di un occidente totalmente militarizzato.
FINE
Le opinioni qui espresse sono strettamente personali e non necessariamente coincidenti con quelle della direzione editoriale
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Ucraina 2022 la minaccia strategica perfetta
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