427mila.
Questo il numero dei bambini che, negli ultimi cinque anni, sono stati testimoni diretti o indiretti delle violenze verificatesi a danno delle loro mamme, in casa, la propria casa. Quella che dovrebbe essere sinonimo di protezione, benessere, sicurezza è diventata la peggiore delle prigioni, mentali ancor prima che fisiche.
1 milione e 400mila.
Queste sono invece quelle donne vittime di violenza casalinga, numero che diminuisce sensibilmente se si pensa a quante (poche) hanno sporto denuncia. Denunce che spesso rimangono sospese, come se nulla fosse successo. Banalizzate, inadeguatamente valutate, quelle denunce non di rado cadono nel dimenticatoio, andando a scoraggiare ancora di più chi è costretta quotidianamente a farsi carico di un doloroso fardello.
L’IDENTIKIT DELLE DONNE CON FIGLI VITTIME DI VIOLENZA
[infografica a cura di TeamDev per Save The Children]
SENTENZE DI MALTRATTAMENTO:
IN 15 ANNI UNA CRESCITA ESPONENZIALE
Cresce la reticenza delle donne nell’esporsi, timorose di ulteriori ritorsioni, semplicemente incapaci di valutare la gravità di quanto subito o di vedere una via d’uscita perché non indipendenti economicamente. Solo 7 donne su 10, consapevoli del reato subito, hanno attivato percorsi ad hoc per uscire da questa aberrante spirale. Un numero esiguo che corrisponde a donne e madri gravemente minacciate, talvolta persino con un’arma, donne ferite, donne, spesso incinte, brutalmente percosse.
Nel 2000 le sentenze definitive per maltrattamenti in famiglia sono state 1.320.
Nel 2016 siamo passati a 2.923, con una quasi totalità dei condannati tra i 25 e i 54 anni e di sesso maschile.
I BAMBINI E LA VIOLENZA ASSISTITA
Il fenomeno della “violenza assistita“ va ad arricchire le già corpose, e tristi, pagine della “violenza subita“. Numeri meno visibili, che rimangono chiusi tra le mura di casa, avvolti dal silenzio, proprio come le vittime che danno il volto a quei numeri.
[citazione cit=”Assistere a scene violente nel proprio contesto familiare può provocare problematiche a vari livelli: emotivo, cognitivo e socio-relazionale. La compromissione delle aree evolutive è stato oggetto di molti approfondimenti scientifici che hanno descritto i problemi riscontrati nei bambini che assistono a scene violente nel contesto familiare: alcuni studiosi (Jaffe, Wilson, Wolfe, 1990) hanno evidenziato difficoltà emotive e sociali come depressione, ansia, inquietudine, aggressività, crudeltà verso gli animali, minori competenze sociali ecc.; altri (Moore, Pepler, 1998) hanno rilevato difficoltà interattive con altri bambini e scarse abilità verbali a causa di un ambiente familiare scadente e la depressione materna; altri autori (Humphreys & Campbell, 2004) hanno notato una più alta predisposizione a soffrire di disturbi fisici, come cefalee, allergie, disturbi del sonno ” fonte=”C. Ricci, fonte: sinapsi.unina.it”]
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Save The Children si muove ancora una volta in direzione di una sensibilizzazione che mira a far aprire gli occhi, a farli letteralmente spalancare. E stavolta lo fa in un modo tanto originale quanto sferzante, destinato a lasciare il segno.
Cosa prova un bambino quando è costretto ad assistere impotente ad episodi che incidono gravemente sulla sua psiche?
Come vive una quotidianità improntata alla paura di non riuscire a far fronte ad una situazione troppo più grande di lui?
“LA STANZA DI ALESSANDRO”
Il progetto che si propone di rispondere a tali domande prende il nome di “La stanza di Alessandro” ed è talmente forte che se ne sconsiglia la visita ai minori di 18 anni.
La direzione creativa è affidata a Stefano Zanoni e Fabrizio Piccolini dell’agenzia comunicazione The Embassy.
La partnership vede, per la produzione audio, “Eccetera”, per la produzione tecnica “BC TODAY” e il coinvolgimento gli studenti della “Scuola Politecnica di Design”.
Abbiamo chiesto proprio a Stefano Zanoni, uno dei direttori creativi, di parlarcene.
“Quando abbiamo pensato questo progetto, ormai un po’ di mesi fa, non sapevamo se davvero saremmo riusciti a farlo. Ci sembrava fortissimo, ma anche difficile da portare a compimento nella modalità che avevamo in testa.
Invece oggi siamo qui. E a Roma, al quarto piano del museo di Palazzo Merulana, abbiamo ricostruito la “Stanza di Alessandro”, la ricostruzione della cameretta di una piccola vittima. Al momento dell’entrata nel piccolo spazio, visitabile soltanto da soli, la percezione iniziale sarà quella di trovarsi in una qualunque stanza di un bambino di 7 anni.
Una serie di dettagli, ricreati con psicologi infantili ed educatori, sveleranno però qualcosa di strano: un rifugio sotto il letto, un nascondiglio nell’armadio, dei giocattoli rotti, libri di scuola rovinati…
Ma è sedendosi alla scrivania di Alessandro che si entrerà nella parte più profonda dell’esperienza. Infatti, venendo a contatto con il tavolo si attiverà una tecnologia “bone conductor”, una composizione bineurale attraverso la quale si può sentire “nelle ossa” quello che vive un bambino vittima di violenza assistita”.
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Le istituzioni e la comunità civile, come sottolineato da Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the children, sono chiamate ad un compito importantissimo, che non può e non deve essere più procrastinato: aiutare queste donne, e aiutarne i figli, garantendo loro un clima di fiducia e un sostegno concreto.
Ora.
L’installazione immersiva sarà visitabile gratuitamente fino a sabato 7 luglio ed è necessario prenotarsi a questo link: https://www.eventbrite.it/e/biglietti-abbattiamo-il-muro-del-silenzio-46977735672
La fonte dei numeri citati nell’articolo è il dossier di Save the Children sulla violenza assistita. Potete trovarlo qui: Abbattiamo il muro del silenzio
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