Siria: sull’antagonismo cooperante. Brevi riflessioni intorno alla crisi siriana.
L’antagonismo cooperante è il rapporto tra due poteri che si dichiarano nemici mortali ma la cui lotta tuttavia, poiché non possono fisicamente distruggersi se non vicendevolmente, aumenta e rafforza entrambi i poteri, detenuti da specifiche cerchie elitarie nelle rispettive società. Un esempio storico fu la guerra fredda.
SECONDA PARTE
Le aggressioni militari su un territorio terzo sono –anche– sempre il tentativo, da parte di una superpotenza, di istituire un antagonismo cooperante con l’altra o le altre superpotenze. Perché l’aggressione destabilizza politicamente l’altro potere il quale deve mostrarsi pubblicamente allo stesso livello dell’aggressore. Ciò si rende necessario perché il potere provocato dall’aggressore è posto di fronte -normale fisiologia del potere- a continua erosione da parte di altri pretendenti, che rappresentano fazioni interne che lo ambiscono. Queste approfitterebbero della mancata risposta per denigrare il suo carisma ergo la sua legittimità e comunque userebbero la crisi a proprio vantaggio.
Ecco perché l’aggressore (ovviamente sempre su un territorio terzo), in un rapporto tra superpotenze, va quasi sempre sul sicuro nell’aggredire. Male che gli vada avrà ottenuto appunto un Antagonismo Cooperante. La deflagrazione di una corsa agli armamenti è uno dei segnali più evidenti per diagnosticare la presenza di un antagonismo cooperante in attività, indica senza ombra di dubbio che i settori industriali degli armamenti dei paesi nemici aumentano il proprio potere nei rispettivi paesi.
TERZA PARTE
Se l’aggressore rappresenta una società in fase avanzata di sviluppo mentre altre superpotenze non hanno lo stesso livello ma sono in fase di sviluppo, la riuscita instaurazione di un Antagonismo cooperante costituisce una grave compromissione della fase di chi è in via di sviluppo perchè assorbe gran parte delle risorse necessarie allo sviluppo. Chi è in fase avanzata di sviluppo ha invece in questo senso meno urgenza e quantomeno smaltisce qualche sua eccedenza.
Non a caso l’URSS, in questo rapporto di Antagonismo Cooperante che fu la guerra fredda con gli USA, è stata sconfitta non militarmente ma proprio dal mancato raggiungimento di un sufficiente sviluppo della sua società, cosa che alla fine ha provocato la sua implosione.
Ecco perchè tra due o più superpotenze la politica aggressiva e il ruolo di provocatore sono solitamente incarnati dalla potenza con il più alto livello di sviluppo mentre le superpotenze alle prese con una fase espansiva del proprio sviluppo sociale tentano per lo più, nei limiti consentiti dalla situazione politica interna, di non cadere nelle provocazioni, ben sapendo che è lo sviluppo della proprie società la maggiore garanzia al proprio potere più che cadere nel tranello di un antagonismo cooperante.
Una superpotenza con una fase di sviluppo avanzato e separata da esse da questo gap tenterà in ogni modo di rallentare o arrestare lo sviluppo delle altre superpotenze, usando tutti i mezzi a sua disposizione, sia leciti sia illeciti. Questo spiega almeno in buona parte perchè alla fine della (prima) Guerra Fredda con la sconfitta della Unione Sovietica non è conseguita la pace che ci saremmo aspettati.
Ciò spiega, nè metafisicamente nè religiosamente ma su basi razionali, il perchè sia necessario molto sangue freddo a uno statista a capo di una superpotenza in fase di sviluppo sociale che non ha nulla da guadagnare dall’accettare il gioco di una nuova guerra fredda nello scenario internazionale.
QUARTA PARTE
Una superpotenza governata da elites che la trascinano in un continuum di aggressioni militari, anche se è sviluppata in maniera avanzata è destinata a un inesorabile declino del proprio sviluppo a causa di un sempre maggior accaparramento delle risorse nazionali per le esigenze belliche da parte delle elites che la trascinano in queste avventure e, con ciò, come osservava tempo fa anche il filosofo Giorgo Agamben in “Guerra allo stato di diritto” sul Sole 24 ore, a sviluppare tendenze autoritarie, in seno alle proprie società.