Ieri su Twitter ho trovato questo spot pubblicitario sponsorizzato di Ikea in cui in si vede, tra le varie cose, una presumibile adolescente ripresa di spalle davanti allo specchio del bagno di casa nell’atto di mettersi sotto la canottiera sui suoi seni nudi due protesi di seno artigianali , fatte con due palle di peluche o qualcosa del genere, per poi saltare davanti allo specchio in modo da far ondeggiare queste protesi di seno in maniera grottesca. Spot con cui la multinazionale intende adescare un maggior numero di clienti nei suoi negozi evidentemente, in quanto pubblicità ovvio.
Il volto della adolescente – che riteniamo tale nel video a causa dell’infantilità del comportamento– non sorride, non ha nulla di luminoso, non esprime nessuna gioia, nessun segnale di gioco, cosa che forse avrebbe mitigato l’infelicità espressiva di questo spot a mio modo di vedere decisamente squallido. Dal volto di questa attrice, che non so se sia maggiorenne, ma questo è secondario, emerge con chiara evidenza un moto interiore di profonda repulsione o quanto meno di forte perplessità e di una qualche forma di umiliazione, di disagio diciamo di chi forse non vorrebbe trovarsi a prestare il proprio corpo a questo tipo di rappresentazione vagamente oscena e voyeuristica dell’adolescenza di una ragazza , ma come se non avesse avuto il coraggio di respingere l’incarico; giustifico in questo modo a me stesso la tristezza che trasuda dal volto della giovane attrice nell’interpretare questa parte. Per renderla più evidente ho rallentato lo spot di alcuni fotogrammi al secondo.
Poi mi sono chiesto guardando questo spot cosa farei se mi trovassi alle spalle di una adolescente colta attraverso la porta socchiusa di un bagno nell’atto di fare questo gesto, mi sono domandato se resterei a guardare come fa la regia di questo spot, aspettando di vederla sobbalzare per scuotere i suoi feticci di seno in un modo tale che assomiglia solo al modo in cui talvolta si vedono in un coito pornografico e mi sono detto che non sarebbe una cosa , usiamo un eufemismo, molto nitida se un adulto restasse di nascosto, come nascosto resta il punto di vista della regia dello spot, a cogliere quel momento di intimità di una adolescente.
Mi sono risposto che mi aspetterei da me stesso il comportamento di scivolare assolutamente oltre quella porta, senza violare quella intimità oltre la casualità che per un attimo me la mostrasse, magari socchiudendola nel passare oltre, e certamente se si trattasse di mia figlia, cogliendo l’occasione, di educarla a chiudere le porte del bagno prima di lasciarsi andare a delle intimità con il proprio corpo, insegnandole che ci sono delle sfere nella vita; sfere intime e sfere sociali, sfere private e sfere pubbliche.
Mi sono poi chiesto cosa ne penserebbe la società di un padre reale, ad esempio, che filmasse a sua insaputa la propria figlia in una scena del genere e poi pubblicasse questo filmato così come fa la multinazionale Ikea con l’ideale figlia di una qualsiasi famiglia. E mi sono risposto che probabilmente e giustamente questo ipotetico padre che commettesse un cosi vile atto tradendo innanzi tutto la privacy della persona e la fiducia di sua figlia, sarebbe certamente oggetto di una gogna mediatica e sospettato di una qualche forma di perversione.
E dico padre e non giovane, avrei potuto infatti aver pensato a un altro adolescente come autore del filmato, come spesso accade ormai tra l’altro nelle cosiddette porno vendette adolescenziali, perché il rapporto della potenza della proprietà dei mezzi di produzione culturale con il l’oggetto e significato di questo video, nell’aver pensato , prodotto e pubblicato questo contenuto possono essere esatta metafora dello stesso differenziale di potenza e potere che c’è tra un adulto e un minore rispetto alla figura rappresentata della adolescente in questo spot.
Ovviamente, per fare chiarezza con i lettori frettolosi , non credo ci sia nulla di male e nulla di scandaloso in questo gesto in sè, un gesto che sarà stato fatto da milioni di donne, sebbene mi immagino senza la necessità di saltare in quel modo, ma questo nemmeno ci interessa, il problema è quando un gesto del genere, intimo e privato, di una persona giovanissima, diviene materiale della rappresentazione pubblica e un po’ lugubre, a mio modo di vedere, nonostante le musichette che vorrebbero dirci tutto il contrario , di uno spot commerciale, che non ha nulla a che vedere nemmeno con l’arte e che ammicca invece vistosamente al pornografico, rasentando o sfiorando o evocando con ciò, seguendo la coerenza dei passaggi semantici del video che partono da una bambina poi passano alla ragazza in questo gesto e poi arrivano agli adulti, la citazione anche di una sfera come quella pedopornografica.
Io credo che ci sia una specie di cedimento strutturale della soglia dell’oscenità che si è abbassata in un modo molto importante per cui ciò che è rappresentabile nella sfera pubblica risente sempre di più dell’influsso mimetico della pornografia ormai trionfante a cui sempre più spesso si relaziona l’immaginario spettacolare come un particolare si sussume al suo universale
Il tragico paradosso però è che siamo si diventati più osceni ma molto molto meno liberi. E che l’idea dell’oscenità è diventata il sostituto feticistico della libertà nella percezione di massa. Questa mi sembra la cosa veramente grave, questa sostituzione di valore della libertà con l’oscenità avvenuta nella notte della contemporaneità.
Ho affrontato recentemente, rispondendo a una problema sollevato dal Presidente della camera Laura Boldrini, proprio alcune riflessioni sul rapporto tra pornografia e contemporaneità, sul ribaltamento della pornografia da atto di trasgressione a modello di comportamento, ribaltamento secondo me di vasta portata antropologica e di natura biopolitica. Chi ne abbia voglia può leggerle in questo intervento : Laura boldrini su You porn: nulla da dire, ci sta bene?