Storia di una dissidenza all’interno del Movimento. Genova 2001 : Nuovo Cinema Palazzo , Festival di Storia – Genova 2001.
Sabato 21 maggio 2016 , il secondo giorno del Festival di Storia “Genova 2001”, presso il Nuovo Cinema Palazzo- alle ore 10,30 tra i vari documentari, che hanno raccontato Genova 2001, sarà proiettato il documentario diretto da Franco Fracassi e Massimo Lauria “The Summit – i 3 giorni della vergogna” , fateci caso , verso il minuto 13, quando Fracassi fa quel montaggio frenetico tra reparti di carabinieri e manifestanti che si preparano a scendere in corteo si vede una faccia in primissimo piano di un manifestante bardato con quelle armature di plastica e bottiglie che fa l’occhietto, ecco quel personaggio decisamente angosciato e esorcizzante sono io stesso. Uno delle migliaia di persone che hanno manifestato nel corteo dei disobbedienti quel tragico 20 luglio 2001, e casualmente finito nell’occhio della telecamera e quindi nel documentario.
GLI INSULTI E LE MINACCE- LA MEMORIA OFFESA
Su quella esperienza atroce che insieme a migliaia di persone ho vissuto nel luglio del 2001, essendo restato a Genova allora dal 18 al 21 luglio, nello stadio Carlini, ho poi dipinto tre grandi quadri che potete vedere nelle fotografie di questo articolo, Opera che è la mia elaborazione di quel lutto psichico, politico e civile. Quadri che sono stati esposti nel corso degli anni in diverse occasioni.
Fin qui nulla di particolare. Le anomalie iniziano con i messaggi aggressivi violenti e triviali che mi intimano di tenermi alla larga dal Cinema Palazzo e dal festival non che di non pronunciare nemmeno nei miei post i loro nomi, che ho ricevuto, a mezzo facebook, solo pochi giorni da fa da uno dei Leader del Cinema Palazzo, Guido Farinelli, un gran bravo ragazzo, che a mia tutela ma soprattutto dei miei familiari, dovrò purtroppo segnalare con un esposto alle autorità, cosi se degli anonimi dovessero aggredirmi nel mio quartiere saremo sicuri che non siano suoi intimi compagni, visto che poi dovrebbe risponderne.
IL PALAZZO CHE ODIA GLI ARTISTI NON ALLINEATI E DISOBBEDIENTI
Ma perché Farinelli, esponente di spicco del Nuovo Cinema Palazzo ha sentito il bisogno di Mandarmi un messaggio del genere pieno di odio ? Cosa intende con “rompere il cazzo”? Apparentemente a causa della tal Federica in cui si parla nel messaggio di Farinelli-, che in principio i quadri invece me li aveva chiesti di propria iniziativa – azzardo ipotesi, perchè non era al corrente dei fatti che saranno a breve raccontati , e che debbono essergli stati urgentemente spiegati facendole capire l’inopportunità del suo avermi invitato a portare i miei quadri , e alla quale avevo osato chiedere ragione, del perché le mie opere su Genova 2001, –opere esposte anche nell’Istituto Superiore Antincendio dei pompieri nel 2010, non fossero state alla fine incluse nel festival di Storia.
Mi era sembrato alquanto strano, una specie di autogol, che un movimento in atto di storicizzarsi non volesse esporre,fra le varie cose, le opere di un artista che di quei fatti era stato testimone diretto e la cui opera aveva una rilevanza quanto meno storica proprio in quanto insieme opera di testimone oculare e attore storico dell’evento.
Avevo Inoltre fornito a questa stessa persona del Cinema Palazzo, in principio gentile e interessata ai miei materiali, che, ci tengo a ribadirlo, mi aveva essa stessa contattato per prima e chiesto di partecipare al festival con le mie opere, anche un altro documento a mio avviso importante ai fini di una raccolta di materiali storici su Genova 2001.
Ai tempi di Genova avevo infatti mandato al presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in data 7 luglio 2001, una lettera- testamento politico raccomanda con A/R firmata dalla segreteria della presidenza che iniziava dicendo che ” visti i fatti di Goteborg, se a Genova dovessi restare ucciso si sappiano i motivi per cui ci sono andato e che non sono un hooligan ne un violento” etc.
Questa lettera la avevo poi presentata a Bologna, sempre nel 2001, un mese prima di Genova, durante l’assemblea costituente di Attac Italia, dove mi ero recato –in quel 2001 c’era un enorme fermento politico in tutta Europa, non era ancora scattato lo stato di emergenza mondiale post tween towers che avrebbe trasformato gli Stati, come scrive Agamben, in Stati di sicurezza, e il movimento non era ancora finito nelle mani delle cricche – e li uno degli storici giornalisti del Manifesto, Guglielmo Ragozzino, che la aveva letta interamente, la aveva citata raccontando l’assemblea costituente di Attac Italia, dove era intervenuto anche Moni Ovadia, dicendo che se il presidente della Repubblica la avesse letta “avrebbe sfilato a Genova dalla nostra parte“, come si può leggere in questo link . Ora queste cose mi sembravano abbastanza interessanti e pertinenti per essere inserite in un festival di storia sulle storie del movimento.
Mi ricordo che spedii quella lettera con grandissima apprensione e con grande conflitto interiore, avevo insomma paura. In quei giorni la tensione era altissima, e si susseguivano notizie di perquisizioni della Digos, in sintesi la polizia politica italiana, nelle case di moltissimi attivisti e la mia lettera al Presidente della Repubblica dove scrivevo, provocatoriamente, che i terroristi che cercavano erano proprio i primi ministri che violavano la costituzione nel blindare una zona rossa senza nessun mandato democratico a farlo, mi esponeva certamente a una schedatura senza che ciò mi desse in realtà nessuna garanzia di essere letto dal Presidente della Repubblica.
Ma mi sembrava un dovere civile scrivere quella lettera e sopratutto mandarla, proprio in visione di una storicizzazione, affinché gli uomini che avevano rappresentato lo Stato in quel frangente, un domani fossero messi dalla storia di fronte a un logos, contemporaneo ai fatti, enunciante, per iscritto e come documento ufficialmente acquisito negli archivi storici della Repubblica Italiana, a dispetto della fugace oralità, quanto andava enunciato. Cioè che essi stavano ponendo le basi antipolitiche scatenanti la violenza con la sottrazione alle leggi della costituzione della famigerata zona rossa in cui fu distrutto il diritto politico della sovranità popolare senza che ciò fosse giustificato dai casi specifici previsti dalla costituzione stessa, nell’articolo 16 , per la sospensione temporanea di quei diritti.
Se questa lettera- testamento , rivelatasi tragicamente profetica, in quanto enunciava l’uccisione di un manifestante proprio in quel corteo, fosse stata scritta da Carlo Giuliani caduto a Genova oggi sarebbe un testo tradotto in tutte le lingue del mondo, eppure è stata scritta da un manifestante che stava in quel corteo affianco al lui, e che ha assistito a quella tragica uccisione.
Questa lettera in un movimento realmente politico e cosciente sarebbe dovuta subito diventare una lettera di proprietà generale, e visto che non risultano altri testi del genere, ufficialmente acquisti ricevuti dallo Stato come fu per questa lettera, essa sarebbe dovuta diventare, per estensione, anche il testamento di Carlo Giuliani, insomma una lettera che sarebbe dovuta diventare un manifesto del movimento.
Perciò proposi al Manifesto, dove mi recai, e spedendola a molti giornalisti della redazione, forte e anche convinto della citazione importante che ne aveva fatto Ragozzino, di pubblicarla non firmata, ma semplicemente come lettera di un manifestante di Genova.
Lo proposi -ho tutto il carteggio di questo dialogo con la redazione del manifesto- prima di andare a Genova, e finii durante una riunione della redazione del manifesto, appena prima di partire per genova, in cui esposi ciò che temevo –il golpe contro la sovranità popolare– come scrisse Ragozzino, per convincere i redattori, sulla scorta delle mie motivazioni a titolare un numero del giornale pubblicando interamente in copertina l‘articolo 16 della Costituzione che era l’articolo che avevo individuato nella mia lettera come quello principalmente violato dalla istituzione della zona rossa.
Cosa che fu poi suffragata, dal ricorso al TAR contro la zona rossa presentato dal coordinamento dei giuristi democratici come feci notare in questa lettera alla redazione del manifesto che non recepì l’importanza politica di questa lettera, la quale se fosse stata pubblicata dal Manifesto prima di Genova avrebbe dato al significato della morte di Giuliani un corredo politico e morale di altissimo profilo dichiarato prima di quella stessa morte, cosa che, chi avrà la tempra civica di leggere interamente il testo della lettera, comprenderà perfettamente, sarebbe stata di importanza cruciale anche nello straziante percorso processuale di questi anni.
Probabilmente però è cosi profonda la mimesis con i linguaggi del capitale, e cosi esteso l’inconscio conformismo alla mercificazione e alla spettacolarizzazione di tutto, anche da parte chi pensa di combatterlo quel consumismo e capitalismo, che quella lettera, che i giornali si sarebbero contesi se io fossi stato ucciso al posto di chi manifestava a poche decine di metri da me, cioè di carlo Giuliani, essendo restata invece solo un puro pensiero politico senza che al suo pensatore fosse accaduto infine nulla di tragico ovvero di spettacolare e quindi commestibile per la società dello spettacolo, fu ignorata da tutto l’apparato intellettuale del movimento a cui fu diverse volte fatta pervenire, primi fra tutti quotidiani come il Manifesto ad esempio. Del resto sappiamo benissimo che l’uomo a una sola dimensione si è fatto ormai addirittura un anziano, dunque poca meraviglia.
IL MOTIVO DELL’ODIO
Ma tutto ciò non è ancora sufficiente a spigare il carico d’odio feroce e squallido visibile nel linguaggio di Guido Farinelli che gli fa arrivare a insultare persino la memoria di Carlo Giuliani rappresentato nei miei quadri scrivendo ” Ps: i tuoi quadri ci fanno cagare” a pochi giorni dalla celebrazione proprio da parte loro e nel luogo occupato, della memoria di Genova.
Infatti si tratta di un odio antico e stagionato come si legge tra le righe, dove Farinelli sempre usando quel plurale molto amato da dittatori e sistemi totalitari con cui si parla a nome di una massa anonima, mi ricorda che già mi avevano spiegato anni fa “CHE IL CINEMA PALAZZO NON VUOLE AVERE A CHE FARE CON TE”. Eppure del Cinema Palazzo io fui in assoluto uno dei primissimi occupanti. Certo che mi ricordo caro Farinelli, mi ricordo quando avete strappato questi stessi quadri per buttarli in una stanza impolverata per metterci al loro posto i cartelli con i prezzi delle birre panini e coca con cui si riproduceva la solita liturgia di trasformazione degli spazi politici aperti con una occupazione partecipata dalla cittadinanza del quartiere, tra cui io stesso che ho dormito per oltre un mese su un sacco a pelo li dentro e che ho pulito e lavorato alla prima bonifica dalle polveri e quant’altro, come inconfutabilmente puoi ammirare dal minuto 1, 42 al minuto 1,50 in questo video girato da manifestopea allora, e che caro Farinelli ahimè è un fatto nudo e puro, nel solito locale più o meno politicizzato più o meno culturale, in questa promiscuità di generi che il sistema spettacolare ha inventato e chiamato entertainment, dove si fa un po’ di cultura, un po di spettacolo, un po di scienza, e tanto consumo, soprattutto di alcool, certo, per finanziare la politica, certo siamo d’accordo.
L’ OSSERVATORIO SCIENTIFICO POPOLARE
Dunque cosa era mai successo allora di cosi grave da far nascere, nell’ectoplasmatico soggetto plurale del NOI evocato dal messaggio di Farinelli, di Cinema Palazzo, un così grave odio nei confronti di un innocuo artista minore quale io sono? Era successo che, nell’aprile del 2011, io da occupante di uno spazio cosi importante, che avevamo occupato con un preciso scopo cioè quello di bloccare l’impianto di una immensa sala giochi che era in progetto di esservi costruita per impedire un ulteriore slittamento verso il degrado del quartiere, avevo voluto, tra le tante cose che altri occupanti andavano progettando, costituire un Osservatorio Scientifico Cittadino con indirizzo sociologico.
Visto che avevamo agito quella occupazione contro il degrado del quartiere che stava velocemente trasformando San Lorenzo in una scampia romana, quale, a distanza di 6 anni dall’occupazione, è ormai in modo totale e conclamato, segno del fallimento di quello scopo per cui fu anche occupato il Cinema, cioè una vasta piazza di spaccio, con un turn over di migliaia di visitatori-clienti per sera, quartiere in cui nel giro di pochissimi anni erano scomparse tutte le attività commerciali più disparate sostituite soprattutto dalla mono economia dell’alcool, per cui da quartiere popolare si era trasformando in un luogo degradato dalla movida, pericoloso e violento.
Quartiere in cui è cresciuto parallelamente alla movida alcoolica una economia degli stupefacenti sempre più florida, con la presenza di spacciatori molto aggressivi e violenti sempre più massiccia. Mi sembrava dunque che fosse una priorità politica quella della lotta al degrado del quartiere, visto che era lo scopo dichiarato della occupazione sottoscritta inoltre da innumerevoli firme che avevamo chiesto alla cittadinanza proprio per questo specifico motivo con i banchetti per strada.
Avevo dunque lanciato sulle pagine Facebook dell’occupazione, pagina di cui ero uno dei 6 amministratori -questo per dire quanto fossi coinvolto in Cinema Palazzo- l’iniziativa per vedere quante persone potessero essere interessate a fondarlo.
Volevo monitorare scientificamente, ad esempio, il fatturato reale dello spaccio a San Lorenzo, o meglio conoscere razionalmente l’ economia degli stupefacenti sul territorio, ( e anche dell’Alcool) questo perché solo sapendo il reale volume d’affari dello spaccio saremmo stati in grado di dimostrare scientificamente che sul quartiere era già in azione, ad esempio, la mafia, o la camorra piuttosto, o soggetti simili, perché ovviamente il volume d’affari avrebbe determinato il tipo di soggetto criminale con cui avremmo dovuto pensare di avere a che fare rispetto al problema spaccio nel quartiere.
l’Osservatorio Scientifico Cittadino trovandosi vicino all’ateneo più grande d’Europa avrebbe poi potuto beneficiare su basi volontarie delle più disparate competenze, pensavo, e avrebbe potuto rappresentare una istituzione popolare veramente straordinaria, che avrebbe fornito di una grande autorità e reputazione politica la stessa occupazione.
Dunque avevo creato un evento sulla nostra pagina facebook per chiamare eventuali interessati al progetto. si trattava solo di una fase preliminare. L’evento chiamava a una prossima riunione da tenersi il lunedì in una stanza del Cinema Palazzo gli interessati al progetto dell’Osservatorio Scientifico Cittadino, dove avremmo discusso e formalizzato il progetto stesso che poi avremmo presentato e cominciato a sviluppare.
Il progetto aveva destato immediati entusiasmi e mi stavano arrivando numerose adesioni da giovani studiosi ricercatori e ricercatrici e proprio nel mezzo della nostra conversazione in chat sulla pagina dell’evento stesso, in cui ci stavamo scambiando le prime impressioni con coloro che mostravano interesse a parteciparvi, siamo stati improvvisamente bannati senza nessun avviso nel pieno di una discussione on line anche perdendo fra di noi i contatti.
Nella foto a sinistra la finestra dell’avvenuta cancellazione in diretta del mio progetto. Il dolore di una coltellata nel cuore. Come si può vedere chi ha cancellato l’evento è una donna, Paola, un’altra eliminata dal Palazzo a poca distanza da me, ma in realtà attraverso il suo account sono stato contattato da Stefano, membro dello spazio occupato ESC, e della libreria, oggi chiusa,, Zarfati, che rispondeva alla mia agitatissima richiesta di spiegazioni che dovevo passare per l’assemblea di programmazione, assemblea mai discussa in una costituente, e mai sentita prima, e io che non potevo fare quello che avevo fatto, e che sarebbe stata indetta una assemblea specifica il pomeriggio stesso.
IL PROCESSO A PORTE CHIUSE
Si trattò di un aggressivo “processo” a matrice autoritaria e violenta che venne celebrato addirittura a porte chiuse, infatti normalmente le assemblee si tenevano nel grande sala centrale del Cinema, mentre questa volta fu organizzata in una cucina a porte chiuse.
In questi casi le assemblee, non regolamentate da nessun patto costitutivo, ( costituente che avevo invano chiesto ripetutamente da quando era iniziata l’occupazione, già iniziando ad alimentare le fiamme dei primi odi, e di cui posso produrre i documenti ) sono un vero far west politico, nel senso che se si è membri di organizzazioni già costituite, facciamo l’esempio di quelli di ESC, di cui facevano parte Farinelli e Stefano, alla bisogna le si può inondare di proprie persone per ottenere una schiacciante maggioranza e un devastante impatto psicologico, infatti l’assemblea non è formalizzata, ci può entrare chiunque.
Non si è eletti a rappresentare e dunque i rapporti di forza-maggioranza dipendono solo dal numero di persone che si presentano. Se dunque il singolo si trova a dibattere contro l’organizzazione ha ben poca speranza di far anche solo ascoltare la sua voce. E cosi fu. E se uno prova a protestare o a lottare per il proprio spazio politico rischia di trovarsi poi a gestire ostilità di tutt’altra natura che il mero dibattito. Trovai decine di persone scese a Palazzo apposta quella sera, persone anche di altri centri sociali, massa di manovra politica, chiamati per creare una maggioranza assoluta e minacciosa e per dettare sempre loro l’agenda politica delle discussioni. Vi erano anche due esponenti di SEL, in quella occasione, un uomo e una donna, a cui chiesi un intervento politico sulla violenza che stavo subendo, dato che rappresentavano un partito importante, che però non ebbero a dire nulla, salvo poi esprimermi la loro solidarietà e il loro sconcerto per strada, bel lontano da orecchi indiscreti.
Vista la violenza assoluta che era scesa in campo nella cancellazione dell’evento senza nemmeno un preavviso, note tecniche di terrorismo psicologico che nei luoghi protetti dalla legge si chiamano come minimo mobbing, ma che nei regni di “un altro mondo è possibile” possono essere solo subiti come mera violenza contro la quale non si può appellarsi a nulla se non si dispone di una maggiore capacità di violenza, e visto come si stavano mettendo le cose, andai alla assemblea-processo con un registratore digitale aperto in tasca, cosi oltre all’assemblea-processo registrai anche il grosso personaggio del centro sociale 32 che avvicinandomi mi ringhio di fare attenzione o mi avrebbero altrimenti spezzato le gambe.
Scrissi un lettera alla mailing list del Cinema Palazzo e a membri storici del 32, in cui avvertii delle minacce ricevute a mia tutela nel caso fossero passati dalle minacce ai fatti, dicendo che sarebbero eventualmente stati tutti politicamente e soprattutto penalmente responsabili, possiedo anche questo documento. Ovviamente anche la registrazione è tutt’ora in mio possesso. Mi fu comunicato in sostanza che io non sapevo cosa ne pensassero loro rispetto alla questione droga e che non dovevo azzardarmi a procedere con questo tipo di iniziativa.
Travolto e minacciato nel mio stesso quartiere da questa violenza e di fronte alla trivialità ammantata da alti ideali politici, abbandonai ad un certo punto quella assemblea dove mi stavano massacrando.
Resistetti poi ancora qualche tempo nel Cinema Palazzo in un clima di minacce, tensioni, pressioni, che si andavano esternando sui vari profili social, sulla pagina fb della allora Sala Vittorio Arrigoni, e di cui possiedo ampia documentazione in forma di screenshoot; resistetti producendo dissenso contro quelle pratiche e documenti, cercando un qualche sostegno in diversi artisti che frequentavano il Palazzo ma senza che nessuno se la sentisse di entrare in gioco, beh comprensibile, dovevano scegliere tra il conflitto duro pesante, e invece il senso di appartenenza gioiosa al collettivo, e agli spettacoli che avrebbero potuto realizzare: resistetti fino a che ne fui psicologicamente in grado.
Capitò poi che alcune persone, sotto celate spoglie, avevano paura di esporsi , ma io so chi sono queste persone perché si sono scusate a distanza di anni con me di non avare avuto il coraggio di metterci la faccia, cominciarono a dissentire sulla pagina fb della occupazione, sotto il nome di pasquino, ne fui accusato io , cosa che non aveva nessun senso visto che mi ero ben esposto con lettere firmatissime; resistetti documentando tutto quello che stava accadendo, resistetti fino a quando non strapparono dalle pareti i quadri su Genova gettandoli danneggiati in una stanza, perché fosse chiaro che me ne dovevo andare, e gettando il mio materasso, e tutto ciò senza che nessuno degli artisti che avevano cominciato a frequentarci in visione di un palcoscenico gratuito avessero il coraggio di spendere una sola parola contro la barbarie di quel gesto infame.
Anzi uno dei registi allora entusiasticamente militanti, tale Christian Carmosino si prese la briga zelante di avvertirmi con tatto e spudorate menzogne varie che era meglio che non mi presentassi alla assemblea cittadina, dove avevo intenzione di denunciare pubblicamente tutto, sebbene poi non ce la feci moralmente ad affrontare tutto ciò completamente da solo.
Per me fu un periodo atroce. Di lotta totalmente solitaria. Ad un certo punto poi apparve addirittura la Guzzanti divenendo immediatamente la venerata la star , in movimento di finale fusione fra agenti dello spettacolo e capi cricche del movimento, nume tutelare e collegamento con i salotti spettacolari della occupazione, dove finirono a presenziare alcuni di essi.
Resistetti difendendo sempre le ragioni della Isonomia e del diritto alla partecipazione, dell’eguaglianza di fronte alla legge, sempre chiedendo una costituente che scrivesse le leggi con le quali volevamo stare dentro al Cinema Palazzo – tutto documentato dalle lettere che scrissi abbondantemente- e dalle schermate degli insulti e delle minacce e delle menzogne, costituente che fu sempre negata, in perfetto stile da totalitarismo, per motivi di intramontabile emergenza, per cui il potere sempre nelle mani di pochi doveva stare.
Infine sono andato via, sconfitto, nella vita si perde. I Fratelli Rosselli, mi raccontava Aldo Rosselli, il mio maestro e amico di una vita, parlavano di una dolcezza della sconfitta. Per anni non sono più entrato li dentro. Nel mio quartiere dove vivo da 30 anni.
IL RITORNO
Poi sono tornato dopo una assenza totale di cinque anni, perché ho pensato che forse si poteva avviare un processo di conciliazione, anzi di riconciliazione, proprio avendo saputo che si stava affrontando il tema della memoria del movimento mi era sembrato il momento giusto per andare a misurare i cambiamenti che potevano essere avvenuti , le maturazioni, e superando il trauma ancora latente delle ferite ricevute mi sono fatto coraggio e mi sono seduto a un circolo della memoria: i grandi capi, seduti frea i volti nuovi, hanno fatto finta per un paio di volte, sopportandomi, di essere dotati di civiltà e umanesimo, alle quali ho con felicità creduto e poi è arrivato il messaggio di Guido Farinelli.
E’ arrivata la verità. Il disvelamento del perché l’invito avuto a partecipare al festival da una persona che non avevo conosciuto nel 2011 si è trasformato nel messaggio barbarico a nome di tutto il Nuovo Cinema Palazzo , che mi ha spedito il Leader Guido farinelli.
Ecco appena accennate alcune delle ragioni di questo odio osceno e barbarico scaturito nelle sue parole dunque.
Forse come dici tu Farinelli, io ho un Ego smisurato, del resto sono un artista e si sa che noi artisti ce lo abbiamo grosso, l’ego, nulla di nuovo, ma il mio accesso alla memoria, come la mia lucidità politica quanto culturale, te le garantisco intatte, cosi come il mio coraggio di affrontare politicamente e culturalmente te e qualsiasi branco a tuo supporto.
Lo stesso coraggio con cui ho vinto la mia paura nei giorni tremendi di Genova. E invece credo che il tuo smisurato Ego nero, per parafrasare il tuo torbido messaggio, non ti permetterà mai più di uscire dalla menzogna, e dall’auto inganno e soprattutto di liberarti dal carico tanatologico della violenza che covi come un amore guastato dentro il tuo essere e che hai espresso in questo messaggio.
Ma ti posso , anzi Vi posso –dimenticavo quasi che tu parli al plurale- garantire una cosa, proprio perché avete aperto questo ciclo sulla memoria storica del movimento, garantisco che non vi farò mancare quanto prima la mia parte di narrazione, che è la voce della dissidenza che nel movimento si è battuta per una reale democrazia partecipativa e per contenuti culturalmente rigorosi – lo so che per te il rigore é unicamente quello che si batte in una partita della Roma, tranquillo, e proprio una partita della roma fu la prima cosa che si proiettò nel Cinema Palazzo appena occupato, ricordi? – dissensi e altre visioni che quelli come te hanno allontanato, e che potrete leggere in forma di articoli, e pubblicazione di documenti, in futuro in forma di libro – ma voi leggete?- sulla mia lunga esperienza in seno al movimento e dentro al quartiere di San Lorenzo, a partire dalle fasi preparatorie di Genova 2001 a finire a oggi al tuo messaggio, alla tua fatwa a non farmi più vedere, e di cui questo articolo è appena un preludio.
Saluto lo Storico Alessandro Portelli, a cui ho chiesto anche una mediazione in questa situazione odierna, e cosa ne pensasse ma che mi ha risposto congedandomi che ne sa troppo poco per poter giudicare. Giustamente è uno storico ma ha anche bisogno del suo pubblico e di questi bellissimi spazi. Capisco anche lui.
Concludendo, caro leader Farinelli, un pensiero : leggevo Raimo -ospite del festival di storia su Genova 2001 da cui mi avete epurato- nella sua invettiva, come l’ha egli stesso definita, giorni or sono su internazionale “Roma sta morendo e nessuno fa nulla” i suoi discorsi sui posti dove si fanno concerti internazionali, dove si può ascoltare buona musica e bere a un prezzo ragionevole, e mi veniva un amaro sorriso a leggere queste versioni da red minculpop e pensavo che su questi luoghi da egli esaltati che sono quelli da cui tu hai cacciato me e la pluralità e la cultura anche, basterebbe meditare che la legge che vieta il fumo nei luoghi pubblici, che avrebbe dovuto essere stata in vigore nei centri sociali vent’anni prima di diventare legge nazionale, come esempio di modelli avanzati di una società diversa, ecologica e giusta, non è mai entrata in vigore.
Che oggi i luoghi come il Nuovo Cinema Palazzo, governati da te, sono luoghi retrogradi rispetto a ciò, luoghi dove ancora si fuma anche se ci sono bambini in sala, in omaggio alle multinazionali del tabacco responsabili dirette di un olocausto di centinaia di milioni di vite umane solo negli ultimi 30 anni, al colonialismo e imperialismo e in sfregio a qualsiasi imperativo categorico ecologico che dovrebbe essere prioritario per il movimento, vista la catastrofe ambientale che incombe sulle nostre vite, e soprattutto sulle future generazioni e che nelle vostre collettive fumate goliardiche appunto va in fumo, fumo che è invasione biopolitica dei corpi da parte del capitale che pensi in qualche modo di combattere.
Oppure mi basta pensare che nel 2016 gli unici bilanci a cui non ho la possibilità di accedere in trasparenza nel mio paese , come è ormai ovunque per legge, sono proprio quelli dei luoghi celebrarti da Raimo come il Nuovo Cinema Palazzo.
Sembra che il vecchio mondo sia diventato leggermente migliore a insaputa dei luoghi del mantra del “mondo diverso è possibile” dove avete istituito i vostri regni a quanto pare. Almeno i bilanci qui si devono pubblicare in trasparenza e non si può più avvelenare ovunque e chiunque con il fumo delle multinazionali del tabacco come invece si fa dalle vostre parti. Potremmo continuare l’elenco. Ecco perché ridevo di sghembo amaro a leggere il romanticismo politico di Raimo.
Se luoghi come Nuovo Cinema Palazzo saranno sempre più spesso chiusi in futuro dalla forza repressiva dello Stato sarà dipeso fin troppo dalle cose repressive che vi sono state commesse dentro, come quelle che ho subito io e moltissimi come me che non hanno avuto la forza o la fortuna di avere mezzi per rispondervi. Non pretendo che tu lo capisca, so che ti mancano gli strumenti per farlo.
A vostra differenza poi, se avete qualcosa da dire, se avete dei motivi da chiarire che non siano minacce e insulti, come quelli che hai sentito il bisogno di inviarmi senza che io ti abbia fatto nulla, sono pronto a pubblicare le vostre risposte, la spiegazione del Cinema Palazzo, semmai questa entità, nel cui nome mi hai insultato e minacciato, ne avesse una.
Buon festival , anzi buona sagra.