Giulio Regeni chiede il Reato di tortura nel codice penale italiano.
E’ questo il titolo che mi aspettavo di leggere su tutti i giornali d’Italia. Giulio Regeni chiede il reato di tortura nel codice penale italiano, è quanto mi aspettavo di sentire affermare in tutto l’arco parlamentare da tutti i parlamentari italiani, e fuori dalle persone, dagli intellettuali, dagli artisti, dai presentatori televisivi, dalle soubrette, dagli studenti, dalle madri e dai padri, dai gay e dalle lesbiche, dagli scienziati, dai medici, dai lavoratori, e dagli uomini delle forze dell’ordine, dai preti che tanto difendono la vita contro l’aborto. Giulio Regeni chiede il reato di tortura nel codice penale italiano è quanto spero sentire affermare al più presto dal Santo Padre che viene da un continente dove la tortura ha mietuto più vittime delle malattie. Santo Padre, Cristo non è forse stato ucciso a mezzo di sevizia e tortura ?
La morte per Tortura di Giulio Regeni non chiede altro che sia reso impossibile in Italia, qui nel suo paese, prima di ogni altro discorso, che un altro ragazzo o ragazza, uomo o donna, vengano uccisi con la tortura e la sevizia mentre sono nelle mani di uomini dello Stato. La morte per tortura di Giulio Regeni chiede che sia fatta giustizia in Italia dove i morti per sevizie nelle caserme hanno scandito un macabro ritmo nel corso della cronaca di questo paese.
La morte per Tortura di Giulio Regeni chiede che L’italia non sia più un paese uguale al paese dove è stato assassinato, perché qui e lì, in Italia ed in Egitto, esattamente nello stesso modo non è contemplato il reato di tortura nel codice penale e questo vuoto giuridico, che è una zona oscura, permette a certi elementi corrotti e malvagi, che si insinuano anche tra le forze dell’ordine, come tra chiunque, di emergere prendendo possesso di certe situazioni e corrompendo e coinvolgendo loro malgrado colleghi più fragili deboli, quanto meno impreparati ad affrontarli.
Colleghi impreparati ad affrontare queste mele marce criminali che improvvisamente prendono possesso con la loro scioccante violenza delle vite di persone che sono loro affidate, quali che siano i reati di cui si sono macchiate, proprio perché la tortura non è un reato sancito dal codice. Cosa questa, la mancanza del reato di tortura, che rende possibile e altamente probabile, l’incapacità da parte di poliziotti o carabinieri, guardie carcerarie o quant’altro, a reagire immediatamente -salvando con ciò vite umane- in una situazione di improvvisa sevizia in cui si ritrovassero coinvolti dal sadismo criminale di un collega, di cui ovviamente fino quel momento non sospettavano questa natura, e a cui molto probabilmente, sono anche legati da rapporti di amicizia e non solo di lavoro: incapacità psicologica degli uomini in divisa a reagire trovandosi di fronte a quella violenza scatenata da parte di un collega, proprio perché non si troverebbero con ciò anche di fronte alla chiarezza assoluta di un reato, reato per cui potrebbero procedere a un arresto in flagranza che li deresponsabilizzerebbe da ogni scrupolo di fedeltà emotiva rispetto a quello stesso collega sadico. Sono decisioni e azioni che si consumano in pochi istanti, istanti in cui si decide della vita e della morte di un inerme, queste di reagire alla proposta di una complicità in una tortura, e consumate in stato di alterazione psichica ovviamente che richiedono analisi morali profonde e fulminee, che necessiterebbero di livelli culturali abbastanza avanzati e di un dominio delle emozioni assoluto.
Ecco a cosa serve il reato di Tortura. Ecco a cosa serve la chiarezza inequivocabile –che sarebbe dettata dalla iscrizione nel codice penale italiano del reato di tortura– che alzare la mano contro un prigioniero inerme costa a chi osa farlo la propria libertà, il lavoro, l’onore . Il reato di Tortura difende colui che è arrestato o prigioniero, ma difende anche egualmente la vita del poliziotto o del soldato dall’essere coinvolta e travolta e anche distrutta dalla emersione criminale del sadismo di un collega verso il quale fino a quel momento si provavano sentimenti che rendono confuso il da farsi. E’ di questo che deve essere cosciente il legislatore. Di come è fatto l’essere umano, di come vanno le cose.
Chissà forse tra gli assassini di Giulio Regeni qualcuno avrebbe voluto in fondo impedire quello a cui è stato costretto a partecipare schiacciato e travolto psicologicamente dalla propria impotenza nei confronti della bestia omicida emersa nei suoi colleghi. E’ una possibilità. Volendo credere filosoficamente a questa possibilità diciamo che se questa persona avesse avuto dalla sua parte l’iscrivibilità di quella azione criminale in un reato, avrebbe potuto salvare se stesso e Regeni.
«È una vicenda estremamente grave. Grave il fatto che alcuni Carabinieri abbiano potuto perdere il controllo e picchiare una persona arrestata secondo legge per aver commesso un reato, che non l’abbiano poi riferito, che altri abbiano saputo e non abbiano sentito il dovere di segnalarlo subito, che questo non sia stato appurato da chi ha fatto a suo tempo le dovute verifiche, se tutto questo sarà accertato. Grave il fatto che queste cose possano emergere soltanto a partire da oltre sei anni dopo, nonostante un processo penale celebrato in tutti i suoi gradi». Sono le Parole del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio De Sette, che prendo da un editoriale di Roberto Saviano sull’Espresso, a proposito dell’omicidio di Cucchi. Parole Sulle quali dobbiamo riflettere,: è una urgente richiesta di intervento al Legislatore, per quanto mi concerne comprendere, in cui gli si chiede di assumersi immediatamente la responsabilità di giudicare della violenza sadica che alcuni elementi anche nelle forze dell’ordine possono scatenare, senza che sia possibile prevederla prima, iscrivendo il reato di tortura nel codice penale italiano,e con ciò fornendo gli strumenti per isolare ed espellere i sadici dai corpi armati e di polizia.
Oggi, con l’assenza del reato di tortura dal nostro codice, di fatto si chiede al carabiniere o al poliziotto o all’agente penitenziario di decidere in frangenti concitati e psicologicamente stressanti ciò che dovrebbe decidere una volta per tutte il Legislatore. Torturare è Reato. Basta. niente altro. Torturare è reato. Si getta invece permanentemente sulle spalle di un singolo uomo, il potenziale poliziotto o carabiniere o agente penitenziario coinvolti in un simile frangente dal sadismo di un collega, la responsabilità morale di ciò che dovrebbe essere sollevato sulle spalle dello Stato per essere universalmente visibile : Torturare è reato.
L’italia, oggi sorvegliata speciale di Amnesty international, prenda questa distanza di civiltà dall’Egitto piuttosto che prendere le “impronte digitali” al nulla in cerca degli assassini di Giulio Regeni.
La morte di Giulio Regeni sotto le sevizie, grida al legislatore che il mandante della sevizia e della tortura è sempre,in primis, il legislatore che non illumina con una legge chiara e inequivocabile il comportamento che tutti gli uomini dello stato sono tenuti ad osservare scrupolosamente quando hanno nelle loro mani in custodia la vita e il corpo di un prigioniero. Signor Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella:
Giulio Regeni chiede il reato di tortura nel codice penale italiano. Non c’è altro da dire o da fare per rendergli giustizia: impedire che in Italia sia possibile morire nel modo in cui lo hanno ammazzato in Egitto.
E se volete onorarlo, semmai, non a chiacchiere retoriche, varate immediatamente e dedicategli questa legge tanto attesa, che instauri il reato di tortura nel nostro codice penale, chiamandola Legge Regeni. Egli, cercando di aiutare l’Egitto avrebbe cosi speso la sua vita anche per la patria. L’italia aiutando se stessa a uscire da questa barbarie aiuterebbe con il proprio esempio anche l’Egitto. Il cerchio sarebbe chiuso .