NELLO TROMBADORI –ALBUM DI FAMIGLIA– ESCE IL LIBRO DI FOTOGRAFIE A CURA DI DUCCIO TROMBADORI
“Tutto cominciò a Berlino nel 1948, dove mio Padre si era recato subito dopo le riprese di “Germania Anno Zero” che Roberto Rossellini girò nella capitale tedesca ancora fumante nelle sue rovine ed entrò in possesso di una prestigiosa fotocamera Contax Zeiss-Ikon che lo accompagnò per più di cinque anni”
E’ il suggestivo incipit della introduzione di Duccio Trombadori , un vero saggio e anche un vero e proprio racconto letterario in realtà, che apre il libro “album di Famiglia” – Maretti editore-, che sarà presentato questo 12 febbraio , alle ore 18, 00 presso la Casa del Cinema di Roma, libro di foto è in cui è pubblicata una raccolta scelta delle fotografie scattate negli anni 50 da Antonello Trombadori.
Libro le cui immagini di cinematografica bellezza, –non inopportuna è quindi l’apertura del testo di Duccio nel richiamarci in mente il lunghissimo piano sequenza sulle macerie berlinesi di Rossellini-sono per il nostro sguardo postmoderno anche link ipertestuali sulla febbrile e intensa vita intellettuale dei grandissimi protagonisti della cultura, dell’arte e della politica mondiale ed italiana del 900 di cui Antonello Trombadori fu testimone e protagonista.
Nelle nostre coscienze tarate sulla sovrabbondanza di immagini digitali, nell’essere divenuta oggi la fotografia quasi un processo extra organico dei nostri corpi, la macchina fotografica o il cellulare una specie di appendice organica extracorporea drenante il flusso visivo del nostro esistere che ci da la possibilità di scattare e di conservare tante immagini in un giorno quanti sono i secondi che un giorno lo compongo, conservazione che tuttavia non può più contare su materiali duraturi capaci di attraversare grandi distanze temporali senza nessuna cura, e quindi sotto la perenne spada di Damocle della accidentale perdita dei dati che esse in realtà sono, queste immagini invece di Antonello Trombadori scattate in epoca in cui ogni fotografia andava decisa come un gesto, invece che essere momento di un processo, recano all’occhio che le guarda una grande impressione e un vero e proprio sommovimento interiore. Commuovono, commuovono nel senso più profondo emotivo ma anche filosofico.
Avrei definito fino a ieri, per assurdo, non potendolo conoscere prima di averne saputa l’esistenza, questo, un libro mancante, mancante qualora non fosse stato pubblicato. E’ un libro che riempie di risposte le domande visive che parafrasando Pascal potremmo dire di aver possedute senza coscienza e che questo libro ci ha fatto scoprire, ulteriore motivo di amore nei suoi confronti. Lo sguardo non smette di tornare quasi come fosse una droga oculare a scandagliare queste immagini , come in una ricognizione incantata di un mondo extratemporale, quale realmente noi vediamo, finalmente strappato al mistero della sua ubicazione.
Le immagini che vediamo sono state deposte sui nitrati d’argento direttamente da quella luce, da quella vera luce caduta sulle cose e le persone che noi vediamo. Non è luce immolata e divorata sugli pseudo-otturatori elettronici e trasformata da un processore in informazioni ritrasformate a loro volta poi in punti luminosi di uno schermo per le nostre primitive e ancestrali retine. Quella che vediamo è impronta diretta di luce, nella sua interezza ontologica, non elaborazioni matematiche.
E’ attraverso la luce che noi vediamo, mentre attraverso l’informazione (il digitale, il bit al posto del Fos -luce) sostituiamo il vedere con il sapere, ma un sapere orbo della sorgente e della ricezione fenomenologica che è propria dello sguardo in rapporto agli enti -il greco verbo orao, radice etimologica appunto della storia stessa , le cose con la loro composizione teorica, il virtuale appunto. Ecco fatico a non lasciarmi trascinare dalla forza che queste visioni esercitano sulla mia anima istigandomi alla metafisica. Questo per dire quanto sono potenti e vitali le fotografie di questa collezione che Duccio ha finalmente dato alle Stampe affinché diventino patrimonio collettivo
L’unione concettuale di questa concretezza, nelle immagini di Nello Trombadori – queste sculture fotografiche, che sono impronta reale della luce, irriducibile potenza e inesauribile radioattività ontologica, anche se vista, in ogni copia stampata dei libri, nella sua riproduzione tipografica– essere anche i ritratti di illustri, talvolta epici personaggi del 900 e quindi anche testimonianza degli ultimi rappresentanti di una lunga era o evo che dir si voglia conclusasi con loro, e che va dal medioevo al 900, ovvero il limes ultimo del mondo storico in cui erano ancora agenti le forze arcaiche ad esempio della millenaria e planetaria cultura contadina, per non parlare della classe sociale del proletariato, da cui i rappresentanti del partito comunista che vediamo anche in queste foto, traevano la loro ragione di esistere, parlo proprio di quella fine del mondo segnalata da Pasolini, che queste fotografie documentano, è fonte di una emozione intellettuale fortissima, perché questi personaggi sono già proiettati verso un processo di mitopoiesi, sono come personaggi delle fiabe patrimonio e retaggio di chiunque nella nostra cultura, ed hanno quindi la stessa forza delle icone.
Scorrono nel libro insieme alle immagini i nomi, dopo quello universalmente noto di Picasso , di Togliatti, Guttuso, Giulio Einaudi, Nilde Jotti, Pietro Ingrao, gli allievi politici del corso di Andrej Zadnov, (membro del comitato centrale, incubo di Anna Acmatova e terrore dei poeti simbolisti, o poeti del secolo d’argento, -mi spiega Natashen’ka, mia moglie- come li chiamano i russi, ) e ancora Cesare Colombo, Ruggero Zangrandi, Marcella Ferrara, Dina Rinaldi, e poi Mario Socrate, Plinio de Martiis, Pajetta, Amendola, Moravia, Neruda, Luchino Visconti, Carlo Levi, Elsa Morante, Davide Lajolo e poi le fotografie straordinarie di Guttuso intento nel suo Studio a ritrarre niente di meno che lo stesso Neruda, e molti altri grandi protagonisti politici e culturali e insieme paesaggi e arie ancora apparentati ai paesaggi e alle arie della grande pittura, e poi le foto della scoperta della Cina, di una Cina intensamente ancestrale ancora quanto proiettata nella assoluta modernità rivoluzionaria.
Mi fermo qui. Oltre al bellissimo testo di Duccio Trombadori che vi dirà quel che realmente bisogna dire, il libro è completato da schede biografiche di tutti i personaggi che vi incontrerete. Non c’è bisogno dunque di altro in questa mia recensione che di avervi informato che il libro è innanzi tutto poetico, bello ed emozionante, e importante per completare visivamente e metafisicamente qualsiasi storia della cultura si voglia pensare.
Aggiungo che non ho ritenuto scrivere chi è stato Nello Trombadori, perché è egli uno dei fondatori della nostra democrazia e dunque conoscerlo è un dovere, se vi fosse sfuggito di adempiervi, correte ai ripari.
insieme a D. Trombadori , venerdì 12 febbraio ore 18, Casa del Cinema di Roma, Largo Marcello Mastroianni 1, parleranno del libro anche Annalena Benini, Giuliano Ferrara, Barbara Palombelli e Carlo Ripa di Meana.
ingresso libero
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Duccio Trombadori -Roma 28 febbraio 1945. Figlio di Nello Trombadori (1917-1993). Poeta , giornalista, critico d’arte e pittore. Uomo politico e nipote del pittore Francesco Trombadori (1886-1961). Laurea in Filosofia con una tesi su Gramsci, è docente di Estetica presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, facoltà di Architettura “Valle Giulia”. Tra le varie opere ricordiamo il libro “Colloqui con Foucault. Pensieri, opere, omissioni dell’ultimo maître-à-penser”, ultima ed. Castelvecchi Editore 2005