L’economia ha accresciuto la sua presenza nelle nostre vite. Termini, immagini e concetti legati all’economia sono sempre più diffusi nei dibattiti degli esperti, nelle pratiche commerciali, sui media. Sono tutti frammenti che provengono daun puzzle complesso di idee, teorie e visioni del mondo che abbiamo bisogno di ricostruire. E solo cercando e mettendo insieme i vari frammenti è possibile ricomporre il quadro generale e comprendere in maniera profonda il mondo nel quale viviamo oggi. “Ogni frammento può dar luogo all’unione”, il nostro vuole essereun esperimento di sinergia editoriale: troverai le nostre rubriche disseminate fra varie testate giornalistiche che accoglieranno laricerca dell’immagine finale. Se non vorrai smarrire nessun frammento potrai al seguente link registrarti e visualizzare il nostro archivio che aggiorneremo periodicamente e potrai visualizzare i siti nei quali troverai le nostre rubriche.
Il PIL è lo strumento più importante con il quale viene misurata la produzione economica di un paese in un determinato periodo di tempo. La produzione economica è infatti un dato estremamente importante perché ci dice come interagiscono fra loro la produzione di beni e servizi e il flusso di reddito utilizzato per acquistare quei beni e servizi (definito come domanda aggregata). Facciamo un esempio: se un agricoltore produce pomodori ma questi restano invenduti, la sua impresa agricola non ottiene alcun reddito a fronte della propria produzione. Se invece qualcuno decide di acquistare i pomodori, spendendo parte del proprio reddito o magari prendendo un prestito, in quel caso la produzione viene venduta e l’impresa ottiene del reddito. Quale dei due casi viene misurato all’interno del PIL?
Per rispondere alla domanda partiamo dalla definizione di PIL: il Prodotto Interno Lordo è il valore dei beni e dei servizi finali prodotti nell’economia in un dato periodo di tempo calcolato al prezzo di mercato.
Vediamo adesso di analizzare, anche attraverso alcuni esempi, la definizione appena vista. Un primo punto importante da tenere presente quando si parla di PIL è che nella sua misurazione vengono presi in considerazione solo i beni e i servizi venduti al consumatore finale (“valore dei beni e dei servizi finali”). Questo, quindi, esclude tutti i beni e servizi cosiddetti intermedi, che comprendono tutto ciò che viene acquistato nel corso della produzione per la realizzazione del bene o servizio finale. Facciamo un breve esempio. Supponiamo che l’economia sia composta da due sole imprese: una che produce automobili e una che produce acciaio. Immaginiamo che l’impresa che produce acciaio paghi i suoi lavoratori 80 euro per estrarre l’acciaio e lo venda all’altra impresa per un totale di 100 euro, ottenendo un profitto di 20 euro. L’impresa che vende automobili acquista l’acciaio per 100 euro, paga i propri dipendenti 70 euro e vende le sue automobili incassando 200 euro. Quindi, l’impresa che vende acciaio incassa 100 euro e quella che vende automobili ne incassa 200 euro. A quanto ammonta il PIL?
La risposta corretta secondo la nostra definizione è 200 euro e, se non ne foste convinti, potremmo fare un ulteriore ipotesi. Immaginiamo che le due imprese si fondano in un unico soggetto. In questo caso la vendita dell’acciaio avviene all’interno della stessa impresa e quindi non verrà registrata. È evidente perciò che la vendita finale delle automobili è pari a 200 euro.Un’altra parte importante della definizione è quella relativa alla dimensione temporale. Infatti, nella misurazione del PIL vengono presi in considerazione solo i beni e i servizi prodotti “in un dato periodo di tempo”. Pertanto, ciò implica che nell’effettuare la misurazione si debba scegliere un arco temporale preciso, circoscritto ed esplicito (in genere le pubblicazioni dei dati avvengono ogni tre mesi e il riferimento nelle serie storiche è su base annuale).
Dunque, il PIL misura il flusso della produzione in un certo periodo di tempo predefinito. Ciò esclude dalla misurazione i beni e i servizi che sono stati prodotti precedentemente al periodo preso in esame e quindi anche la vendita di tutti i beni “usati”.L’ultima parte della definizione è quella inerente al valore attribuito ai beni e servizi prodotti, che viene “calcolato al prezzo di mercato”. In altre parole, ciò significa che il PIL è calcolato in base al valore nominale dei beni e servizi. Al prezzo corrente, quindi, al quale vengono venduti nel momento della vendita. Questo dettaglio ci tornerà utile in seguito quando distingueremo fra PIL nominale (valore a prezzi correnti) e PIL reale (valore a prezzi costanti).
Il PIL può essere anche misurato come la somma di tutto il valore aggiunto prodotto nell’economia in un dato periodo di tempo. Il valore aggiunto da un’impresa al processo produttivo è pari al valore della sua produzione al netto del valore dei beni intermedi usati nella produzione stessa. Tornando al nostro esempio precedente, l’impresa che produce acciaio non utilizza beni intermedi, quindi il suo valore aggiunto (“valore della sua produzione al netto del valore dei beni intermedi usati”) equivale a 100 euro. L’impresa che produce automobili, invece, sostiene costi intermedi pari a 100 euro (acquisto dell’acciaio) e vende le proprie automobili a 200 euro. Il suo valore aggiunto equivale quindi a 100 euro. Pertanto, la “somma di tutto il valore aggiunto prodotto nell’economia”è pari a 100 euro (valore aggiunto dell’impresa che produce acciaio) più 100 euro (valore aggiunto dell’impresa che produce automobili). Il totale, uguale a 200 euro, rappresenta il livello del PIL ed è identico numericamente a quello calcolato con il metodo visto in precedenza.
Il PIL, inoltre, può essere anche misurato come la somma dei redditi prodotti di tutta l’economia in un dato periodo di tempo. Possiamo vedere il PIL non solo come la somma della produzione finale di beni e servizi o come la somma del valore aggiunto prodotto dalle imprese ma anche come la somma di tutto il reddito prodotto all’interno dell’economia in un dato periodo di tempo. Per analizzare questa terza modalità di analisi partiamo osservando che la differenza fra il valore aggiunto prodotto da ogni impresa e il valore dei beni intermedi può assumere solamente tre forme: retribuzione dei lavoratori, profitti alle imprese o imposte indirette al governo (per esempio l’Imposta sul Valore Aggiunto, IVA). Nel nostro caso ipotizziamo non ci siano imposte indirette. Quindi, riprendendo i dati delll’esempio precedente: l’impresa che produce acciaio produce un valore aggiunto di 100 euro (“valore della sua produzione al netto del valore dei beni intermedi usati”). Questi 100 euro vengono distribuiti sotto forma di retribuzioni dei lavoratori per 80 euro e di profitto all’impresa per 20 euro. L’impresa che invece produce automobili produce un valore aggiunto di 100 euro: in questo caso derivante dalla differenza fra 200 euro, il valore dei beni e dei servizi finali prodotti, e i 100 euro spesi per l’acquisto dell’acciaio. Questi 100 euro vengono distribuiti sotto forma di retribuzioni dei lavoratori per 70 euro e di profitto all’impresa per 30 euro. Quindi la “somma dei redditi di tutta l’economia “ equivale a 150 euro di redditi da lavoro e 50 euro di profitti. Il totale, come potete vedere, è sempre di 200 euro e rappresenta anche in questo caso il PIL, misurato però come la somma di tutti i redditi prodotti.Quello che è importante notare è che in tutte le modalità utilizzate per la misurazione del PIL il dato finale resta invariato e questo alla luce del fatto che il valore della produzione finale venduta è equivalente al valore aggiunto prodotto e all’ammontare del reddito complessivo.
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