Fino a qualche giorno fa una grande invalida dai poteri sovrannaturali occupava con allegrezza tutti gli spazi pubblicitari disponibili per reclamizzare le Gallette Fiorentini.
Trattavasi, lo diciamo, di una ragazza senza gambe che concludeva la sua dotazione corporale con un nastro e poi piroettava nell’aria cantando “Ci vuole Fiorentini, le gallette e gli snacckini”. Era qualcosa di orribile, ci sentiamo di dirlo. Qualcosa in grado di togliere il fiato. Ma nell’ultimo corso di formazione per creatori di spot deve essersi parlato dell’incongruenza tra una mobilità da normodotati e la divulgazione di prodotti da forno. Non ci spiegheremmo, altimenti la parte del leone che da anni in tutto questo svolge Pane Alba mostrando marionette umane che, producendosi in movimenti stroboscopici e sincopati, arricchiti da abbigliamenti da lungodegenti di riparti di psichiatria, si annuncia al mondo tramite lo slogan “Scappa, scappa, scappa con Pane Alba il grissino tenta-tenta-tentatore”, denunciando quindi una difficoltà anche nell’uso della parola da non sottovalutare.
I meno giovani alla lettura ricorderanno, anni fa, un anziano Giacomo Furia, già spalla di Totò in molti film, destreggiarsi tra le molli ricchezze del Mulino Bianco aiutando la famiglia in imprese da miliardari come il recupero di una moto degli anni ’50 o, che ne so?, il restauro di un Caravaggio disseppellito in giardino. Ma tutto questo nell’assoluta irrealtà che per anni l’industria dolciaria di cui sopra aveva ammantato il suo immaginario reclamistico.
Irrealtà che si avverte anche nel minaccioso “Fate i buoni” che l’attore Cosimo Cinieri, nei panni del Signor Balocco, indirizza ai suoi camion ricolmi di prodotti Balocco al momento di vederli lasciare i depositi per consegnare la merce. Irrealtà che quindi scandisce e centra ogni sponsorizzazione da forno.
Ma perché? Perché non ricorrere a tradizionali scene familiari con protagonisti plausibili, presi dalla vita di tutti i giorni per raccontare dei biscotti?
Perché forse – risposta – quando questa è la scelta operata dai pubblicitari, poi lo scenario deve essere comunque da assunzione di allucinogeni e ecco che per dei frollini con le gocce di cioccolato troviamo dei fotomodelli vestiti come i Flinstones aggirarsi in una giungla di plastica simulando una realtà primitiva in cui anche il linguaggio si adegua verso il basso (“le grucciole, le brugole, le muffole”).
Boh, alziamo le mani.
Non so voi, ma sotto casa di chi scrive c’è un forno. L’insegna riporta la dicitura “forno” e chi entra per chiedere mezzo chilo di pane, se lo vede messo in una busta di carta di quelle marroni, di sempre. Quello che viene concesso alla fantasia, al massimo, è la mancata emissione dello scontrino. Ma quella non è irrealtà, anzi… Ma di politica economica parliamo un’altra volta.