Il 13 Settembre l’inviato dell’Onu Léon in Libia espresse solo un auspicio, perché Tripoli chiedeva 9 modifiche che Tobruk non poteva accettare. A un passo dal fallimento del negoziato, quali sono gli interessi italiani in Libia?
Libia, un successone per la stampa (mainstream) e la politica italiana. Il 13 Settembre scorso, in pompa magna il ministro degli Esteri italiano (Paolo Gentiloni), l’Alta Rappresentante per la PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) dell’UE (Federica Mogherini) e la quasi totalità della stampa italiana hanno strombazzato il raggiungimento dell’accordo tra le due parti ‘politiche’ principali dello scenario libico: il governo legittimo riparato a Tobruk con i membri della House of Representatives (di seguito HoR) e il General National Congress (di seguito GNC) di matrice islamista.
L’HoR esprime il governo legittimo della Libia, perché eletto alle elezioni del 25 Giugno 2014: si è trasferito di corsa nella città della Tripolitania per evitare che i deputati e i ministri fossero assassinati dalle milizie islamiste (affiliate al “governo di Tripoli”) e da quelle jihadiste (di Ansar al-Sharia & company, affiliate all’Isis), insorte nel frattempo nella capitale per assumere il potere (ne abbiamo già parlato qui).
Secondo i media italiani (con il suggerimento di Gentiloni & Mogherini? Possibile…), Bernardino Léon Gross – inviato speciale del Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon per risolvere la ‘crisi’ (guerra civile) libica – tre giorni fa a Skhirat, in Marocco, ha delineato con toni ottimistici il raggiungimento di un accordo diplomatico spagnolo).
A leggere bene la trascrizione della conferenza stampa del 13 Settembre , Léon Gross non ha annunciato alcun accordo, ma solo l’opinione che si fosse raggiunto “un consenso su sugli elementi principali”, che sarebbero stati valutati dalle parti e su cui le parti avrebbero votato (la versione originale è disponibile qui; la traduzione italiana qui).
Un auspicio e nulla più.
Durante la conferenza stampa però emergeva che il ‘governo di Tripoli’ (insurrezionale e islamista) avesse chiesto alcuni emendamenti: prima quantificati in sei/sette, che però diventavano nove a seguito delle domande dei giornalisti presenti (di poche domande l’Unismil dà conto: strano). Nove emendamenti che Tobruk avrebbe dovuto accettare per dar corso a un governo di unità nazionale, premessa per risolvere la crisi libica. Nove emendamenti da apporre al testo dell’accordo che ‘Tobruk’ già firmò il 12 Luglio, insieme alla maggioranza delle tribù (paradossalmente anche grazie al lavoro di mediazione condotto dal governo egiziano e da quello italiano, attraverso le rispettive ‘risorse umane’ presenti sul teatro libico). ‘Tripoli’ aveva rifiutato la firma di quell’accordo, affermando però che non si sarebbe ritirata dal negoziato.
Così, Léon Gross fu reticente, più che bugiardo.
Il sistema dei media italiano – filo governativo – che fa? Riporta la notizia di un accordo che non c’è. Qualcuno forse approfondisce cosa ruoti attorno ai nove emendamenti richiesti? Non risulta. Tal altro forse va alla fonte documentale e cerca di capirne di più? Non si rileva tale amore per le fonti, argomento principe dei giornalisti con la G maiuscola più grande di tutti.
Allora ci tocca andare a fare un giro nell’etere, in ambiente OSINT (Open Source INTelligence: analisi delle fonti aperte, così si scopre che i nove emendamenti richiesti dal cosiddetto ‘governo di Tripoli’ sono piuttosto seri, non dettagli secondari. Li elenchiamo di seguito (originale in inglese disponibile qui):
- Tutte le istituzioni previste nell’accordo riceveranno la loro legittimità da esso [l’Accordo] sulla base di un emendamento costituzionale, a condizione che successive modifiche costituzionali non siano effettuate se non con il consenso del Consiglio di Stato e della Camera dei Rappresentanti.
- Prevedere che il Comandante Supremo dell’Esercito (Consiglio di Presidenza del Consiglio dei Ministri, secondo il progetto di Accordo) nomini nuovi comandanti militari e della sicurezza in concomitanza con la formazione del governo.
- Prevedere chiaramente in questo Accordo un meccanismo per la selezione del primo ministro dei suoi due vice.
- Prevedere esplicitamente che i membri del Consiglio di Stato siano solo i membri del GNC appartenenti già nel giorno della firma del presente Accordo, attraverso un elenco approvato dalla presidenza del Congresso Nazionale Generale (GNC, ndt).
- Prevedere che la revisione, la nomina e la revoca degli occupanti dei posti sovrani non debbano essere effettuate se non con il consenso del Consiglio Supremo di Stato e Camera dei Rappresentanti con voto a maggioranza da concordare e previsti chiaramente nel presente Accordo.
- Statuire esplicitamente che le procedure per il voto di fiducia e il voto di sfiducia non sia valida se non con il consenso del Consiglio Supremo di Stato e della Camera dei Rappresentanti attraverso il voto a maggioranza da concordare e stabilito chiaramente nel presente Accordo. Quando un ministro sia revocato dal Primo Ministro dai suoi vice, sarà sostituito con lo stesso metodo con cui è stato respinto.
- Escludere tutti i militari coinvolti in colpi di Stato, che hanno dichiarato la loro ribellione contro il processo politico che si manifesta nella dichiarazione costituzionale (clausola contro Khalifa Haftar, ndt)
- Tutti i contenuti dell’Accordo Politico sulla adesione ai principi di legalità internazionale, il diritto internazionale dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, nonché le decisioni della Corte Penale Internazionale e le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non devono contraddire con le attuali normative libiche (porta aperta alla sharia, ndt).
- Firma definitiva sull’Accordo Politico avverrà dopo il voto e l’approvazione del GNC.
Chi ha un minimo di conoscenza della storia recente (e non) della Libia sa perfettamente che alcuni di questi punti sono dei bug per immettere una legislazione islamista nell’ordinamento del Paese, oltre che per escludere ex abrupto un protagonista della storia contemporanea come il generale Khalifa Haftar (punto 7), che fu coinvolto in un tentativo di colpo di stato contro Gheddafi e per questo condannato a morte in contumacia.
Ieri l’HoR ha rifiutato gli emendamenti chiesti dal GNC e, in particolare, proprio quelli riguardanti i vertici militari (punto 2) e il generale Haftar, non citato, ma oggettivamente chiamato in causa nel punto 7.
In una conferenza stampa del portavoce dell’HoR, Faraj Buhasahim, alla presenza del presidente dell’assise legalista Ageela Salah Gwaider, è stato precisato che Tobruk non rifiuta l’accordo, ma solo gli emendamenti proposti dal GNC.
Chiusura totale – coma ampiamente prevedibile – la Richiesta di defenestrazione del capo delle Forze Armate, Khalifa Hafter, e del capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Abdul Razzak Al-Nazhuri.
Nella stampa nazionale italiana qualcuno ha analizzato questi aspetti?
Ora, si dà il caso però che Haftar abbia raccolto grandi consensi tra i militari appartenenti alle forze armate legittime della Libia (molti ufficiali, se non quasi tutti, formati in Italia: a ricordarlo non si fa mai peccato e si delineano gli scenari possibili).
Il programma dell’operazione ‘Dignità della Libia’ – promosso da Haftar da maggio 2014, ruota attorno a uno Stato laico, democratico nel modo quanto più vicino al modello occidentale possibile (tenuto conto delle peculiarità tribali del Paese), senza per questo cavalcare tigri di carta anti-musulmane, ma sulla linea del presidente egiziano al-Sisi, fautore di una riforma religiosa che tolga alla comunità musulmana il peso di doversi confrontare con i quotidiani crimini contro l’Umanità commessi in nome di Dio.
Sarà difficile per i giornali e i giornalisti italiani conformisti spiegare i motivi di un fallimento che ancora non è dichiarato, ma che è nei fatti.
L’interesse italiano (ed europeo, malgrado Cameron e Sarcozy, buonanima politica…) è che in Libia prevalgano i laici, non i sedicenti islamisti moderati supportati dai Fratelli Musulmani (governo di Tripoli), né i jihadisti di Ansar al-Sharia e del sedicente califfato.
Se non prevarranno i laici per gli europei del Sud (e non solo) verranno giornate difficili, che sarà complicato affrontare. Complicato, costoso e doloroso.
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