Sulle unioni civili “ci siamo trovati di fronte a un muro”. La scuola “è una barca che affonda” perché “vogliono creare un esercito di migranti”. E la riforma del Senato “vogliamo portarla in porto” ma non sarà facile. L’emergenza migranti, da risolvere possibilmente collegialmente con tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea, è stata e rimane la vera, drammatica emergenza da risolvere nei mesi a venire. Una emergenza talmente pervasiva da ricorrere ormai, con la sua terminologia, nel gergo della politica italiana a 360 gradi. E così, se dietro al dibattito “accoglienza sì-accoglienza no” Renzi e la sua maggioranza sono finiti paradossalmente per compattarsi grazie agli strali estivi del nemico numero uno, Matteo Salvini, ora che i palazzi della politica riaprono, i nodi al pettine riaffiorano tutti come vere e proprie emergenze: non importa che si tratta di scuola, di riforme, di unioni civili: tutto è chiusura, muro, affondamento, migrazione. Termini pronunciati in modo forse inconscio, ma che lasciano trasparire un clima intorno alla maggioranza che potrebbe rivelarsi davvero infuocato nelle prossime settimane: sui tre provvedimenti avviati c’è già una deadline fissata dal governo, ma che la data di scadenza potrà essere rispettata è tutto da vedere.
ARRIVARE IN PORTO
A inaugurare le metafore migratorie, alla vigilia della ripresa delle ostilità parlamentari, era stato lunedì Pierluigi Bersani, uno dei leader più influenti della minoranza dem: “Tutti vogliono la riforma e intendono portarla in porto” aveva spiegato l’ex segretario del Pd, “ma qui è in gioco la questione se, dopo la legge elettorale, noi possiamo avere un parlamento dove la grandissima parte dei membri viene scelta a tavolino”. Era una risposta al premier, nonché attuale segretario di partito, Matteo Renzi, che aveva escluso ogni possibilità di ritocco dell’articolo 2 della riforma costituzionale, quello che prevede la non eleggibilità dei futuri membri del nuovo Senato. Renzi ha ribadito che “entro il 15 ottobre si decide al Senato” ma qui la minoranza del suo partito è agguerritissima: è sulla riforma costituzionale che il gruppo a Palazzo Madama si è spaccato per la prima volta, gli emendamenti sono pronti e presentati da tempo, la traversata non sarà facile.
INNALZARE MURI
La Commissione Affari costituzionali del Senato ha ripreso i suo lavori partendo dal ddl sulle Unioni civili. Una giornata intera per votare pochi emendamenti, perché “ci siamo trovati di fronte a un muro” ha spiegato la relatrice Monica Cirinnà. A pochi metri di distanza, Carlo Giovanardi diceva: “Ci siamo trovati di fronte a un muro”. Nessun refuso, nessuna ripetizione, proprio le stesse parole: di fatto tra Pd e Ap, ovvero tra le due componenti della maggioranza, è in atto un muro contro muro, a seconda delle prospettive. Manca l’accordo su stepchild adoption, reversibilità delle pensioni e soprattutto utero in affitto. “Faremo battaglia parlamentare, stanno portando avanti un progetto che avrà conseguenze per i prossimi 50 anni della storia italiana e se dovesse passare dal giorno dopo io voto no alla fiducia” tuona Giovanardi.
L’obiettivo dichiarato del governo è arrivare all’ok definitivo entro fine 2015: anche qui deve cercare consenso non tanto fuori, quanto dentro la propria coalizione.
L’ESERCITO DI MIGRANTI
Almeno la riforma della scuola, Renzi era sicuro di averla messa in cascina (o portata in porto) prima dell’estate. Invece ora si profila il rischio del ricorso alla Corte Costituzionale: tre Consigli regionali (Puglia, Veneto e Lombardia) hanno già approvato la mozione del Movimento 5 Stelle per portare la Buona Scuola dinanzi alla Consulta avendo individuato tre possibili profili di incostituzionalità (eccesso di deleghe al governo in una materia che è di competenza regionale, una presunta diversità trattamento tra professori assunti prima e dopo la riforma e l’obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro che lederebbe il diritto allo studio): non appena i Consigli a ricorrere saranno cinque, come da Costituzione, adire alla Consulta sarà inevitabile, ma intanto i pentastellati si scatenano verbalmente, ricorrendo a toni da tragedia umanitaria: così i trasferimenti, nelle parole del consigliere veneto Jacopo Berti, diventano “una vera e propria deportazione degli insegnanti, se sei costretto e emigrare pena la cancellazione da qualsiasi lista: verranno spezzate famiglie, cose che in un Paese normale non dovrebbero accadere. Me lo sono visto raccontare da persone in lacrime, vogliono creare un esercito di migranti della scuola”. E per il deputato Luigi Gallo “la scuola pubblica e grande nave sabotata da Renzi e Giannini, che vogliono farla affondare”. E anche qui, il clima è caldo non solo fuori dal Pd, visto che la mozione è passata anche in Regione ‘rossa’ come la Puglia. Anche in questo caso, c’è una deadline: il ricorso alla Consulta è possibile entro e non oltre il 13 settembre, ma è l’unico caso in cui Renzi spera che non si faccia in tempo se non vuole un autunno caldo.