Oggi, gli amanti dell’informazione verificata, di qualità, utile al lettore e soprattutto non strumentalmente foriera di odio raziale, possono iniziare la propria settimana con una buona ed incoraggiante notizia: il fondatore ed amministratore del sito “Senzacensura”, tristemente noto per le sue innumerevoli bufale contro gli immigrati, è stato difatti denunciato da un giornalista e successivamente identificato dalla polizia postale del nucleo “Sicilia Orientale”. Dovrà rispondere del reato di istigazione alla discriminazione razziale e chiudere il proprio sito. Il giovane, appena 20enne, risiede nella provincia di Caltanissetta e si era spesso vantato, anche pubblicamente e senza celare la propria identità, dell’attività di diffusione di news farlocche al solo scopo di guadagnare con i banner inseriti sul proprio portale.
Il ragazzo, che ha tentato di sfruttare l’evidente ritardo mentale e culturale dei numerosi utenti xenofobi che ogni giorno hanno (purtroppo) accesso ad un pc e ad una connessione internet, rischia dunque un processo in sede penale, oltre ovviamente alla sospensione immediata di ogni attività di divulgazione operata sui siti amministrati. Sarebbe opportuno che sulla questione si intervenisse con grande fermezza e severità, in tutte le sedi giuridiche possibili, valutando il maggior numero di reati possibili nella maniera più estesa possibile. Il messaggio che sarebbe lanciato porterebbe infatti beneficio per tutta la collettività e non di certo solo per i seri operatori dell’informazione, ovvero: chi diffonde in rete news fuorvianti o vere e proprie bufale per guadagnare qualche spicciolo con i banner o per proprie convinzioni ideologiche non tollerate dalla nostra Costituzione, rischia parecchie noie legali.
L’ideale sarebbe quella di mandare il ragazzo a lavorare come volontario, per un periodo di almeno un anno, in un centro di accoglienza per profughi. In questo modo potrebbe ripagare la propria becera speculazione e magari essere socialmente riabilitato. Occorrerebbero però più controlli e denunce anche sul principale vettore di diffusione di simile spazzatura (dis)informativa, ovvero Facebook. Se fossero agevolmente perseguibili e condannabili, con processi veloci, tutti i numerosi utenti che diffondono determinati contenuti sui propri profili, la propagazione di certi messaggi intollerabili potrebbe essere limitata. In effetti, basterebbe anche il solo rischio di essere denunciati, probabilmente, per diminuire la presenza e la proliferazione di determinate “notizie”.
IL REATO DI ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE, SUL WEB
Personalmente, da giornalista professionista, sono sempre stato fortemente contrario ad una sorta di “bavaglio preventivo” generato dalla concreta e rigida applicazione della pena legata al cosiddetto “esercizio abusivo della professione giornalistica”. Tuttavia, come sempre, l’eccesiva libertà d’azione, in certi ambiti ed in determinati contesti, diviene negazione della libertà stessa e produce un regime di caos dove a prevalere sulla qualità e la bontà dei contenuti è il lerciume diffuso da “legioni di imbecilli” (cit).
Proporrei quindi una diversa regolamentazione per l’informazione online, che preveda la libera diffusione di notizie anche su blog e portali che non sono testate registrate, anche se tali aggiornamenti sono organizzati, redatti, pubblicati e diffusi periodicamente da non giornalisti. Tuttavia, sarebbe auspicabile prevedere un’aggravante per esercizio abusivo della professione quando le informazioni diffuse risultano essere volutamente e ripetutamente manipolate a scopi commerciali e/o politico-ideologici (esempio lampante in tal senso è il sito Imola Oggi, diretto da un non giornalista e propagatore quotidiano di notizie false che descrivono presunti reati commessi da immigrati).
Ricapitolando, quindi: possibilità per tutti di creare un giornale e di diffondere notizie, con la consapevolezza di pene dure per chi abusa di tale libertà e la utilizza per violare ripetutamente e consapevolmente leggi costituzionali e norme civili e penali. Se pubblichi notizie da non giornalista, non succede nulla. Se da non giornalista ti comporti come il ragazzino denunciato, devi rispondere automaticamente del reato di esercizio abusivo della professione giornalistica.
E SE A DIFFONDERE BUFALE SONO TESTATE REGISTRATE E GIORNALISTI CON TESSERINO?
Qualche mese fa mi sono anche occupato (subendo minacce deliranti quanto consuete di “querela”) anche dell’attività d’informazione molto discutibile del sito napoletano Retenews24, che sulle proprie pagine social diffonde contenuti come questo, commentandoli in maniera fuorviante, incompleta ed assolutamente contraria ad ogni regola deontologica.
Non fa poi tanto meglio lo storico quotidiano “Il Mattino”, che sulla propria pagina Facebook diffonde contenuti come quello che vedete in screenshot.
Non serve essere giornalisti professionisti per comprendere che, simili “notizie”, vecchie di anni e riciclate dalla rete esclusivamente per tirare su qualche spicciolo, non dovrebbero mai essere ospitate in alcun modo da un giornale che vuole definirsi tale. Certo non si tratta di contenuti “dannosi” o incitanti all’odio raziale, ma parliamo pur sempre di vera e propria spazzatura clickbait diffusa su una testata giornalistica registrata e redatta da colleghi con tanto di tesserino. Sulla pagina facebook “Giornalisti che non riescono a scopare”, si può trovare comunque una deprimente e scandalosa rassegna degli “articoli” indecenti diffusi da altri organi d’informazione stranoti come Il Fatto Quotidiano, Libero, Il Giornale, La Repubblica ecc.
Una rassegna che sottolinea, qualora ce ne fosse ancora bisogno, l’impotenza dell’Ordine dei giornalisti e della sua attività di monitoraggio della qualità della stampa italiana sui canali “ufficiali”, registrati presso i vari tribunali e, almeno in teoria, obbligati ad essere forieri di un tipo d’informazione e comunicazione che non ledano la dignità della professione (e dei lettori). Eppure, tra tette al vento e clickbait sfacciato, tra bufale riciclate e “pelo” evergreen, anche i giornali veri e propri sembrano aver totalmente smarrito il senso della decenza, in nome dell’unico Dio che guida l’informazione sul web: le visite, i click, l’engagment.
Sarebbe opportuno che qualcuno dall’Ordine finalmente provvedesse a segnalare prima di tutto editori e giornalisti “veri”, tentando di ristabilire un briciolo di dignità professionalmente almeno sugli organi di stampa “ufficiali”. Sarebbe altrettanto opportuno, poi, prevedere pene ancor più severe per chi, da “tesserato”, si fa promotore di simile “ciarpame senza pudore” cit. Solo così, come categoria, noi potremo riacquistare la credibilità (anche giustamente) perduta e poter fare la morale a chi, da non giornalista, pubblica qualsiasi tipo di notizia al solo scopo di generare traffico e/o convincere il mondo delle proprie idee balorde. Solo così, cari colleghi, ovvero con estrema coerenza ed inattaccabile etica professionale, potremo rimarcare la differenza tra “noi” e “loro” e magari convincere i lettori, almeno alcuni lettori, che è giusto pagare per poter leggere le notizie diffuse online da noi professionisti.
MA QUANTO GUADAGNANO SIMILI “EDITORI”?
La risposta a questa domanda è “dipende”, perché ovviamente gli introiti sono legati alla quantità di visite e, in maniera fortunatamente sempre più marcata, anche alla qualità di queste ultime, ovvero al modo in cui gli utenti/lettori interagiscono con i portali e gli annunci in essi contenuti. Senza andare nello specifico e per rendere l’informazione fruibile anche ai non esperti di settore, possiamo dire che in media, per un portale che vive di clickbait e non ha alcun grande editore alle spalle né una credibilità giornalistica elevata, i guadagni sono abbastanza miseri. Parliamo infatti di circa 12 centesimi di euro ogni 1000 visite totalizzate per le campagne display standard. Con i pop up e i pop under, i video overlay ed altri formati più invasivi si può arrivare a qualche euro, ma parliamo comunque di briciole. E questo aspetto, come intuirete, rende ancora più triste e non giustificabile determinate pratiche di sciacallaggio su temi complessi, delicati e meritevoli di grande professionalità e lucidità d’analisi come quelli legati all’immigrazione, alla politica ed all’economia.
MEA CULPA OBBLIGATORIO
Il Fatto Quotidiano, Libero, Repubblica, Corriere, Il Mattino, Il Messaggero ecc tirano su cifre più interessanti grazie ai pezzi trash acchiappaclick, ma parliamo comunque di guadagni sempre più ridotti. E a che prezzo? Vi lascio con una domanda, a mio avviso inquietante ed allo stesso tempo utile a risvegliarci da questo delirio generale con annessa guerra al ribasso: ma voi ce li vedete Indro Montanelli, Enzo Biagi, Leo Longanesi, Ennio Flaiano e qualsiasi altro giornalista o direttore di testata degni di questi titoli a stuprare in maniera così becera e volgare la linea editoriale del proprio quotidiano per vendere qualche copia in più?
La risposta a tale quesito retorico ci offre molte altre risposte (forse altrettanto retoriche ma al contempo utilissime) sul perché la nostra categoria è sempre più svilita e ritenuta sempre meno “utile” ed insostituibile, soprattutto online. Il tempo ed il modo per invertire la rotta probabilmente c’è ancora. E chi non ha capacità e soprattutto voglia e coraggio per differenziarsi, allora è sacrosanto e giusto che sparisca, annegando nel mare magnum internettiano.