Per il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini sono “venti nomine di grande levatura scientifica internazionale” e grazie al loro contributo “il sistema museale italiano volta pagina e recupera un ritardo di decenni”. Immancabilmente, però, alcune delle nuove nomine alle direzioni dei più importanti tra i musei pubblici italiani hanno finito per sollevare un bel polverone, in particolare per l’elevato numero di scelte ricadute su direttori stranieri: sette per la precisione, che su venti nomine totali vuol dire oltre un terzo di ‘non-italiani’. Una percentuale indubbiamente non irrilevante, che ha fatto subito a molti esperti, tra cui Angelo Tartuferi, rimpiazzato alla direzione della Galleria dell’Accademia di Firenze dalla tedesca (appunto) Cecile Hollberg, che “nessun altro Paese avrebbe affidato i propri musei a studiosi stranieri in questa misura: è come ammettere di non riuscire a formare valido personale scientifico. E i curricula di questi colleghi stranieri, che pure stimiamo, non lasciano trasparire questa loro sopravvalutazione”. Addirittura, spiega Tartuferi – la tutela dei beni culturali è un mestiere che abbiamo inventato noi, e schiere di tedeschi sono venuti a studiarla da noi…”.
E adesso invece ecco ‘l’invasione’: oltre alla Hollberg, ci sono il tedesco Eike Schmidt alle Gallerie degli Uffizi di Firenze, il francese Sylvain Bellenger al Museo di Capodimonte (Napoli), il britannico (canadese di nascita) James Bradburne alla Pinacoteca di Brera, l’austriaco Peter Aufreiter alla Galleria nazionale delle Marche di Urbino, il tedesco Gabriel Zuchtriegel al Parco Archeologico di Paestum, l’austriaco Peter Assman
al Palazzo Ducale di Mantova. A loro, la commissione del Mibact ha assegnato dunque il compito di impegnativo di gestire, e in alcuni casi rilanciare, fette importanti dell’immenso patrimonio artistico e culturale italiano.
E se il risentimento di Tartuferi potrebbe correre il rischio di essere scambiato solo per personale delusione per l’avvicendamento e quello di Vittorio Sgarbi fa quasi parte del personaggio (“italiani umiliati”, ma il critico attacca l’eccesso di zelo sulle quote rose, per vie dei dieci nomi femminili…), la questione divide anche la politica (centrosinistra soddisfatto dalle nomine, centrodestra autarchicamente critico, nel rispetto del prevedibile schema di maggioranza-opposizione) e soprattutto l’opinione pubblica, scatenata su social network e sondaggi lanciati dai media mainstream: “La svendita del Paese è completa, adesso ci sfrattano pure” ; “che il Pd sia antitaliano è un dato di fatto”; “non ci credo che in Italia non abbiamo competenze di livello adeguato” è il tenore di molti commenti dell’italiano medio. Anche se poi qualcuno obietta che “se il criterio è il merito e il curriculum, benvengano gli stranieri”. Appunto, i curriculum: chi sono, nomi a parte, i ‘barbari’ scesi ad amministrare la cultura nostrana? Presto detto.
Eike Schmidt (Gallerie degli Uffizi) 47 anni, storico dell’arte, ha conseguito nel 2009 a Heidelberg il dottorato di ricerca in storia dell’arte con una tesi su “La collezione medicea di sculture in avorio nel Cinque e Seicento”. Dal 2009 è curatore e capo del dipartimento di scultura, arti applicate e tessili del Minneapolis Institute of Arts, ha lavorato e vissuto a lungo in Italia, in particolare a Firenze, è esperto di fama internazionale di arte fiorentina.
Sylvain Bellenger (Capodimonte), 60 anni, dal 2012 è capo dipartimento di pittura e scultura europee medioevali e moderne all’Art Institute di Chicago, è stato curatore capo all’Institut National d’Histoire de l’Art (INHA) di Parigi, della pittura e scultura europea al Cleveland Museum of Art, è stato direttore e curatore capo del Château and Museums of Blois, ha lavorato anche alla Getty Foundation, alla National Gallery of Art di Washington, a Yale e a Palazzo Farnese.
James Bradburne (Brera)– 59 anni, museologo e manager culturale, dal 2006 al 2015 è stato il direttore della Fondazione Palazzo Strozzi a Firenze: prima aveva diretto la Next generation Foundation nel Regno Unito, il Museum für Angewandte Kunstdi Francoforte ed era stato responsabile per il design, la formazione e la programmazione al new Metropolis science and technology centre di Amsterdam.
Cecilie Hollberg (Galleria dell’Accademia di Firenze) 48 anni, dal 2010 è direttore dello Städtisches Museum di Brunswick, dopo aver lavorato come curatrice e funzionario tecnico-scientifico nel settore museale a Lipsia, Dresda e Berlino, e insegna in università tedesche e svizzere.
Peter Aufreiter (Urbino) 40 anni, dal 2010 è direttore del Dipartimento mostre, prestiti, depositi e dell’Artoteca del Museo Belvedere di Vienna, dove dal 2008 al 2010 ha diretto l’Ufficio mostre, in precedenza ha lavorato presso il Kunsthistorisches Museum e il Sigmund Freud Museum.
Gabriel Zuchtriegel (Paestum) appena 34 anni, archeologo, ha condotto numerosi scavi archeologici in Italia e all’estero e ha collaborato con importanti istituzioni nazionali e straniere nel settore dell’archeologia, maturando anche esperienza nella gestione museale; è professore a contratto di Archeologia e storia dell’arte greca e romana nell’Università degli Studi della Basilicata.
Peter Assmann (Mantova) 61 anni, laureato a Innsbruck, ha studiato e lavorato a Firenze, presso il Deutsches Kunsthistorisches Institut, al 2002 al 2012 è stato Presidente della Associazione dei musei austriaci. Ha diretto l’Oberosterreichischen Landenmuseen di Linz e ha curato numerose mostre di livello internazionale, insegna alla Johannes Kepler Universitat di Linz e alla Università di Vienna, dal 2011 è nel Comitato scientifico del Museo del Castello del Buonconsiglio di Trento.
GLI ITALIANI ALL’ESTERO
Alla prova delle credenziali, dunque, nomi in alcuni casi ottimi (in particolare il terzetto Schmidt, che nonostante l’esperienza ammette di “avere le mani che tremano”, Hollberg e Bradburne), in altri comunque buoni. Ma che probabilmente riflettono anche la visione sovranazionale di chi ha selezionato le terne di nomi tra i quali il ministero ha potuto scegliere: nella commissione presieduta dal presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta c’erano nomi italiani di grande successo all’estero come Claudia Ferrazzi, segretario generale dell’Accademia di Francia-Villa Medici di Roma, già vice amministratore generale del Louvre; Luca Giuliani, rettore del Wissenschaftskolleg di Berlino; Nicholas Penny, ex direttore della National Gallery di Londra. Quel Penny cui appena nel marzo scorso è succeduto alla National Gallery un altro italiano, Gabriele Finaldi, con l’approvazione praticamente unanime della comunità britannica di storici dell’arte: “Il suo era il nome migliore, una fantastica notizia” lo aveva accolto Charles Saumarez Smith, ceo della Royal Academy. Segno che forse, a certi livelli e con un certo grado di interscambio reciproco, quello dei passaporti può non essere un problema.