Divenuto primo ministro dell’Ungheria per la prima volta nel 2010 e confermato nel 2014, Viktor Orbán si è garantito un terzo mandato consecutivo alla guida del governo magiaro in seguito ai risultati delle ultime elezioni politiche (in carriera si tratta invece del quarto mandato, dopo quello ottenuto tra il 1998 ed il 2002). Il leader della destra antieuropeista rappresenta davvero un’alternativa, o la sua è solo un’efficace propaganda?
I RISULTATI: NETTA VITTORIA DELLE DESTRE
Gli esiti della consultazione elettorale dello scorso 8 aprile sono oramai noti a tutti, ed hanno visto una schiacciante vittoria degli schieramenti di destra. Il partito di Viktor Orbán, Fidesz (Magyar Polgári Szövetség – Unione Civica Ungherese) si è presentato in coalizione con il Partito Popolare Cristiano-Democratico (Kereszténydemokrata Néppárt, KDNP), ottenendo il 48.48% delle preferenze, con un incremento di 3.61 punti percentuali rispetto alle votazioni di quattro anni fa. I 134 seggi conquistati sui 199 che compongono l’Assemblea Nazionale (Országgyűlé) garantiscono dunque ad Orbán una stabilità politica per i prossimi quattro anni.
Come se non bastasse, al secondo posto troviamo Jobbik (Jobbik Magyarországért Mozgalom – Movimento per un Ungheria Migliore) partito un tempo considerato di estrema destra, che negli ultimi anni si è avvicinato a posizioni relativamente più moderate. Con il 19.54% dei consensi, la forza guidata da Gábor Vona ha raccolto 25 seggi.
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Continua, invece, il crollo del centro-sinistra: il Partito Socialista Ungherese (Magyar Szocialista Párt, MSZP), oramai lontano e sbiadito erede del Partito Comunista egemone dello scorso secolo, insieme agli alleati di Párbeszéd Magyarországért (Dialogo per l’Ungheria), si è fermato al 12.33%, dimezzando praticamente le preferenze rispetto alla precedente legislatura, ed ottenendo venti seggi sotto la guida di Gergely Karácsony.
Eletti anche nove rappresentanti di Coalizione Democratica (Demokratikus Koalíció, DK), forza centrista e filoeuropeista, otto di La Politica può essere Diversa (Lehet Más a Politika, LMP), partito ecologista, ed uno a testa per Insieme – Partito per una nuova Era (Együtt – A Korszakváltók Pártja) e per LdU/MNOÖ (Landesselbstverwaltung der Ungarndeutschen / Magyarországi Németek Országos Önkormányzata), il partito della minoranza tedesca in Ungheria, oltre ad un deputato indipendente.
UNA PROPAGANDA ANTIEUROPEISTA NON CONFERMATA DAI FATTI
Al potere dal 2010, Viktor Orbán gode di un’indiscussa popolarità tra i suoi concittadini, conquistata a suon di invettive contro l’Unione Europea ed il fenomeno migratorio, con una veemenza tale da far impallidire il Matteo Salvini dei giorni migliori. Ma la realtà è che quella di Orbán è stata fino ad ora vuota propaganda non corroborata dai fatti, in particolare per quanto riguarda il presunto antieuropeismo del leader magiaro.
Partiamo da un primo, innegabile dato di fatto: in otto anni di governo, Orbán non ha fatto nulla di pratico per andare in direzione di un’uscita dell’Ungheria dall’Unione Europea. Come dimostrato dalla Brexit, uscire dall’UE è possibile, ma a Budapest non si sono organizzati referendum né si è sentito parlare concretamente di denuncia dei trattati europei. Di fatto, l’Ungheria avrebbe potuto cogliere l’occasione della Brexit per incominciare a formare un fronte di Paesi uscenti dall’Unione, ma ciò non è avvenuto.
Come se non bastasse, l’antieuropeista Orbán dimentica di menzionare che l’Ungheria è obbligata dalle regole europee a procedere verso l’adozione dell’Euro. I nuovi Paesi aderenti, infatti, sono tenuti ad intraprendere quest’iter (solo la Danimarca ne è esentata, essendo entrata nell’UE prima dell’esistenza di questa clausola), anche se il caso della Svezia dimostra che, di fatto, è possibile ottenere una deroga infinita: Orbán sta dunque giocando a fare l’antieuropeista pur sapendo che prima o poi arriverà un altro premier che porterà il Paese verso la moneta unica. Il leader della destra magiara potrà allora dire di non essere colpevole, ma noi saremo lì a ricordagli che non avrà fatto nulla per evitarlo.
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Tutto qui? Nient’affatto. La cosa più clamorosa sta nel fatto che Orbán, il paladino dell’antieuropeismo a livello continentale, ha ricevuto in questi anni ingenti finanziamenti dalla stessa Unione. L’Ungheria è infatti uno dei Paesi che negli ultimi anni ha ricevuto maggiori aiuti economici dall’UE, per la gestione dell’emergenza migranti ed altre questioni. I miliardi ricevuti dal governo magiaro, oltretutto sono stati utilizzati quasi tutti nell’area di Felcsút, la località nella quale è cresciuto il leader politico, per la costruzione di infrastrutture quali uno stadio da 4.000 posti (in un paesino che conta meno di 2.000 abitanti) ed una stazione ferroviaria, con appalti affidati ad amici d’infanzia e parenti.
I successi di Orbán, possiamo dirlo, sono stati finanziati anche dall’Unione Europea, visto che l’Ungheria ha effettivamente fatto registrare ottime prestazioni dal punto di vista degli indicatori macroeconomici anche grazie agli aiuti ricevuti da Bruxelles. Quanto accade in Ungheria non può che portare ad una conclusione: la vera alternativa all’Unione Europea ed alla NATO (l’Ungheria ne fa parte dal 1999) non può essere trovata a destra, e sicuramente non in un leader che ha uno dei suoi maggiori sostenitori nel primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Alla fine, Viktor Orbán non è altro che un’espressione, seppur non tradizionale, della classe dominante che finge di voler combattere, in grado di scatenare le proprie ire solamente contro i più deboli, come nel caso dei migranti.