La recente storia politica dello Sri Lanka, che ha vissuto un nuovo capitolo con le elezioni parlamentari dello scorso 17 agosto, assomiglia più ad una soap opera che alle vicende di un qualsiasi Paese del mondo. Colpi di scena e tradimenti si sono susseguiti fino allo scrutinio di questi giorni, che ha visto il presidente in carica Maithripala Sirisena perdere molti consensi ed il suo partito, l’UPFA (United People’s Freedom Alliance), che si autodefinisce di centro-sinistra, perdere la maggioranza in parlamento.
Tutto iniziò con le elezioni dell’aprile 2010 quando, grazie alla vittoria sul gruppo di ribelli noto come Tigri Tamil (in realtà denominati Tigri per la liberazione della patria Tamil), l’UPFA si assicurò una solita maggioranza in parlamento e formò un governo guidato da Disanayaka Mudiyanselage Jayaratne. Il partito al potere, però, non si accontentò, e decise di ampliare i poteri del presidente Mahinda Rajapaksa, in carica dal 2005, dandogli la possibilità di chiedere un terzo mandato, precedentemente vietato dalla costituzione. Sicuro di ottenere la vittoria, Rajapaska anticipò le elezioni al novembre 2014, ma a tradirlo fu proprio uno dei suoi fedelissimi: Maithripala Sirisena, ministro della Sanità, si presentò così alle elezioni e conquistò la presidenza grazie al sostegno dei conservatori dell’UNP (United National Party – Eksath Jathika Pakshaya), la forza storicamente avversaria dell’UPFA.
In seguito a queste elezioni, Sirisena formò nel gennaio 2015 un nuovo governo sotto la guida dell’UNP e di Ranil Wickremesinghe, anche se successivamente vi fu l’inserimento di alcuni ministri provenienti dall’UPFA per mantenere il sostegno parlamentare. Il governo fu però formato con la promessa di mettere in atto una serie di riforme necessarie per far tornare il Paese alla normalità, e richiamare i cittadini alle urne già nell’aprile 2015, dopo soli cento giorni. Sirisena e Wickremesinghe procedettero così alla riduzione dei poteri presidenziali, reintroducendo il limite di due mandati (diciannovesimo emendamento), ma la maggioranza delle misure promesse non furono mai prese. Con due mesi di ritardo rispetto a quanto dichiarato, Sirisena sciolse la camera il 26 giugno, proclamando le elezioni per il 17 agosto.
Proprio le elezioni di questi giorni hanno segnato un nuovo cambiamento. In questi mesi, infatti, presidente Sirisena, si è costantemente riavvicinato all’UPFA, autoproclamandosi leader della formazione storicamente più importante del Paese. Allo stesso tempo, molti parlamentari ed esponenti di spicco dell’UPFA si sono dichiarati fedeli all’ex presidente Rajapaska e non a Sirisena, augurandosi un ritorno al potere del primo in breve tempo. Approfittando della spaccatura interna all’UPFA, il primo ministro Ranil Wickremesinghe, precedentemente scelto proprio da Sirisena, ha deciso di creare una nuova forza politica di centro-destra nello scorso luglio, la UNFGG (United National Front for Good Governance – Yahapalanaya Sandaha wu Eksath Jathika Peramuna), una coalizione che vede al suo interno UNP ed altri partiti.
I risultati delle urne (affluenza del 77.66%) hanno sorriso proprio al primo ministro Wickremesinghe ed alla sua UNFGG, che ha raccolto 45.66% delle preferenze su base nazionale e 106 seggi, quarantasei in più rispetto a quelli che aveva a sua disposizione UNP nella precedente legislatura. Perde molto, invece, l’UPFA di Sirisena e Rajapaska, che passa dal 60.33% al 42.38%, ovvero 95 seggi con una emorragia di 49 parlamentari. Buona prestazione anche per i nazionalisti Tamil della TNA (Tamil National Alliance), che convogliano il 4.62% dei consensi ed ottengono sedici seggi, due in più rispetto alle ultime elezioni. Completano il quadro dei parlamentari sei eletti del Janathā Vimukthi Peramuṇa (il Fronte di Liberazione Popolare, partito marxista-leninista), uno dell’EPDP (Eelam People’s Democratic Party), forza alleata dell’UPFA, ed uno dei musulmani dello Sri Lanka Muslim Congress.
Nel complesso, dunque, l’UNFGG dispone della maggioranza relativa con 106 seggi, ma non di quella assoluta, per la quale servirebbero 113 parlamentari sui 225 totali dello Sri Lankavay Parlimentuwa. Il premier Wickremesinghe potrebbe dunque essere confermato alla guida dell’esecutivo con l’appoggio di quei deputati dell’UPFA fedeli al presidente Sirisena, ripresentando così lo stesso schema della precedente legislazione, anche se i risultati elettorali dimostrano come le dinamiche interne all’UPFA ed il conflitto tra Sirisena e Rajapaska stiano portando i cittadini dello Sri Lanka a dare fiducia più al loro primo ministro che agli ultimi due presidenti della repubblica.