Dopo la fine del mandato del settantasettenne Tony Tan, a Singapore erano state indette le nuove elezioni presidenziali, previste per il 22 settembre: una tornata elettorale che però non avrà mai luogo, visto che la sessantatreenne Halimah Yacob era l’unica candidata per la massima carica del piccolo stato dell’Asia sud-orientale.
LA NUOVA COSTITUZIONE
Per spigare la particolare situazione della vita politica di Singapore bisogna risalire al novembre 2016, ed alla modifica costituzionale che ha previsto di riservare la presidenza del Paese ad una particolare etnia, a patto che questa non abbia avuto un proprio rappresentante come capo di stato negli ultimi cinque mandati. Nonostante il voto contrario dei nove parlamentari del Workers’ Party, l’unico vero partito d’opposizione, gli altri 77 deputati hanno deciso di approvare l’emendamento costituzionale.
Dopo l’approvazione della modifica alla legge fondamentale, il primo ministro Lee Hsien Loong ha immediatamente annunciato che le elezioni presidenziali del 2017 sarebbero state riservate ai rappresentanti del gruppo etnico malese: “Se il presidente, che è il simbolo di una nazione multirazziale, provenisse sempre dalla stessa etnia, non solo cesserebbe di essere un simbolo credibile per la nostra nazionale, ma andrebbe a mettere in dubbio il carattere multirazziale della nazione stessa”, ha dichiarato Lee.
In effetti, la comunità malese aveva espresso il primo presidente del Paese dopo l’indipendenza dalla stessa Malaysia, Encik Yusof Ishak, in carica dal 1965 al 1970, ma nei successivi quarantasei anni nessun malese era riuscito a vincere le presidenziali, anche perché nel frattempo la componente cinese della popolazione di Singapore è aumentata fino a rappresentare il 74.2% del totale.
HALIMAH YACOB UNICA CANDIDATA
Nonostante fossero stati cinque i rappresentanti del gruppo etnico malese ad aver presentato una propria candidatura, quattro di questi sono stati dichiarati non eleggibili a causa delle restrittive leggi di Singapore, in quanto per essere eletti alla presidenza è necessario aver già ricoperto ruoli politici di primo rilievo oppure aver diretto una grande impresa con profitto, oltre a non essere affiliati a partiti politici.
Dopo le verifiche del Presidential Election Committee, la sola Halimah Yacob è stata ammessa alla competizione elettorale. Attiva politicamente nel 2001 tra le fila dei liberal-conservatori del People’s Action Party (PAP) – partito lasciato proprio alla vigilia delle candidature, in conformità con la legge elettorale – Yacob è stata così dichiarata vincitrice della corsa alla poltrona presidenziale lo scorso 13 settembre, entrando in carica con effetto immediato il giorno dopo. Primo presidente donna nella storia di Singapore, resterà in carica per i prossimi sei anni, ma, nonostante tutto, non rappresenterà un grande cambiamento di indirizzo politico, visto che il capo di stato di Singapore ha poteri molto limitati, e che il PAP è il partito di governo dal 1959.
Nonostante i sondaggi, che davano Yacob in pole position anche in caso di confronto con gli altri candidati, questa procedura ha causato non pochi malcontenti tra i cittadini di Singapore. Le proteste, espresse soprattutto online attraverso l’hashtag #NotMyPresident, ma anche con alcuni sit-in, non hanno colpito la persona di Halimah Yacob, ma sono state piuttosto rivolte verso il processo elettorale in sé.