La Conferenza sul Sahara Occidentale tenutasi a Ginevra il 5 ed il 6 dicembre ha segnato forse l’inizio del disgelo tra i rappresentanti del popolo Sahrawi, che ha da tempo proclamato l’indipendenza della Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD), ed il governo del Marocco, che continua ad occupare quei territori.
A promuovere l’incontro, al quale hanno partecipato in qualità di osservatori anche l’Algeria e la Mauritania, è stato l’emissario delle Nazioni Unite, il tedesco Horst Köhler: dopo decenni di attesa, dunque, la comunità internazionale sembra finalmente decisa a risolvere definitivamente la questione riguardante il più vasto territorio disputato al mondo (266.000 kmq). La conferenza, però, ha potuto avere luogo anche grazie al passo compiuto dal governo marocchino, che per la prima volta ha accettato di trattare direttamente con il Fronte Polisario, riconoscendolo come legittimo rappresentante del popolo Sahrawi.
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Il Marocco si è da tempo detto disponibile solamente a concedere al territorio un’autonomia, restando però sotto la sovranità di Rabat, mentre il Fronte Polisario si appoggia sulle risoluzioni ONU che prevedono la realizzazione di un referendum popolare sulla sovranità della RASD. Posizioni in teoria inconciliabili, ma che non hanno impedito a Köhler di tracciare un bilancio positivo di questo primo incontro tra le parti, annunciando che un secondo vertice dovrebbe avere luogo nel primo trimestre del 2019. L’emissario tedesco ha infatti affermato che “nessuna delle parti ha vantaggio nel mantenimento dello status quo”, e che “cred[e] fortemente che sia nell’interesse di tutti arrivare ad una risoluzione del conflitto”. Positivi anche i commenti di Nasser Bourita, ministro degli Esteri marocchino, e di Brahim Ghali, presidente della RASD, anche se non si può dire che le parti abbiano raggiunto un vero e proprio accordo.
Questo incontro, il primo dopo sei anni di stallo, rompe dunque il ghiaccio tra le parti, e potrebbe rappresentare il primo passo verso l’autodeterminazione del popolo Sahrawi e l’indipendenza della RASD. Quella del Sahara Occidentale è infatti una disputa decennale, che per certi versi ricorda l’occupazione della Palestina, anche se gode di una minor eco mediatica. Nel paragrafo successivo riassumeremo le tappe storiche della disputa tra il Marocco ed il Fronte Polisario, cercando in questo modo di sottolineare ulteriormente l’importanza della conferenza svoltasi a Ginevra.
STORIA DELL’OCCUPAZIONE DEL SAHARA OCCIDENTALE
Il Sahara Occidentale è oggi classificato dall’ONU come un “Territorio non indipendente“. Questa situazione si è originata quando, nel 1976, la Spagna dovette abbandonare l’allora Sahara Spagnolo o Río de Oro, una colonia fondata nel 1884 e poi divenuta protettorato, in seguito alla Marcia Verde dei marocchini. Il 14 novembre 1975, infatti, Spagna, Marocco e Mauritania firmarono a Madrid un accordo che sanciva il ritiro della Spagna e la consegna dei territori ai due Paesi africani. Il Marocco e la Mauritania iniziarono allora l’occupazione di questa vasta area prevalentemente desertica, ma, allo stesso tempo, il popolo Sahrawi dichiarava la propria indipendenza, proclamando la Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD). Da allora ebbe inizio una lunga guerriglia, condotta dal Fronte Polisario (Fronte di Liberazione Popolare di Saguia el Hamra e Río de Oro), già fondato nel 1973 per ottenere l’indipendenza dai colonizzatori spagnoli, che nel 1979 provocò il ritiro della Mauritania.
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La Corte de L’Aia si pronunciò a riguardo, dichiarando che il Sahara Occidentale non era terra nullis, ma indicando anche che né il Marocco né la Mauritania avevano vincoli storici con quel territorio. La Corte aggiunse anche che si sarebbe dovuto procedere ad un referendum di autodeterminazione.
La guerriglia contro l’occupazione marocchina è terminata solo nel 1991, quando l’ONU lanciò l’idea della missione MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per il Referendum in Sahara Occidentale), per dare la possibilità al popolo Sahrawi di esprimere la propria volontà attraverso un referendum: ad oggi, il referendum non si è ancora svolto, anche per via dell’ostruzionismo del Marocco, che ha inviato oltre 200.000 coloni per alterare i risultati del voto. Dal 2003, l’ONU ha anche lanciato il piano Baker I, con l’intenzione di creare un’Autorità per il Sahara Occidentale, ma anche questo non ha portato a risultati concreti.
Sin dall’inizio del conflitto con il Marocco, anche per via dei bombardamenti al napalm, gran parte della popolazione del Sahara Occidentale è stata costretta a lasciare la propria terra: oggi, numerosi Sahrawi vivono nel campo profughi di Tindouf, in Algeria, Paese che ha sempre dato il proprio appoggio alla causa di questo popolo contro il Marocco.
LE RELAZIONI INTERNAZIONALI DELLA RASD
Il Sahara Occidentale è da tempo il teatro della rivalità tra Marocco ed Algeria. Il Marocco accusa il governo algerino di cercare uno sbocco sull’Oceano Atlantico, mentre l’Algeria dichiara di opporsi all’espansionismo marocchino. La rivalità è stata rinvigorita anche durante la guerra fredda, quando il Marocco si giovava del sostegno occidentale, mentre l’Algeria era appoggiata dall’Unione Sovietica.
Ad oggi, sono ben ottantaquattro i Paesi che hanno riconosciuto la RASD come stato indipendente, anche se trentotto di questi hanno successivamente ritirato o “congelato” il riconoscimento (indicati in grigio scuro sulla cartina). Dei Paesi che riconoscono attualmente la Repubblica, nessuno si trova in Europa (lo fecero solo Albania e Jugoslavia durante l’epoca comunista). Oltre ai membri dell’ONU, altre entità, come l’Autorità Nazionale Palestinese e l’Ossezia del Sud, hanno riconosciuto la RASD.
La RASD è inoltre membro dell’Unione Africana, ed è riconosciuto come uno dei membri fondatori dell’organizzazione. Questa posizione ha portato il Marocco ad abbandonare l’UA nel 1985.
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Il Marocco, infatti, considera il Sahara Occidentale come una propria provincia con il nome di Sahara Marocchino, e considera il proprio potere su quest’area come fondato storicamente e giuridicamente. Già nell’800, del resto, il sultano Allal El Fassi, formulò la tesi del “Grande Marocco“, che comprendeva anche Algeria, Mauritania e Mali (Alemanno & Chiostrini, 2006). L’indipendenza di questi stati ha obbligato il Marocco a rivedere propri piani, limitando il proprio imperialismo al solo Sahara Occidentale.
Negli ultimi anni, il Marocco ha avanzato una proposta per l’autonomia del Sahara Occidentale all’interno del regno marocchino, proposta appoggiata dalle principali potenze occidentali e dalla Lega Araba.
Il dialogo tra le due parti si è tuttavia riaperto solamente in occasione delle elezioni marocchine del 2014. Il governo marocchino ha infatti autorizzato l’attività dell’Associazione Sahrawi delle vittime delle violazioni gravi dei diritti umani commesse dallo Stato del Marocco (ASVDH), dopo dieci anni nei quali questa stessa associazione era stata costretta ad operare nell’illegalità. Tra i primi obiettivi di questa associazione fondata da ex prigionieri politici c’è quello di annullare il divieto di riunioni in pubblico e manifestazioni imposto da Rabat sul territorio del Sahara Occidentale, ma anche quello di permettere ad altre associazioni “sorelle” di potersi registrare legalmente e di non dover dunque temere per l’incolumità degli attivisti.
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“Il Marocco ha rotto un vecchio tabù riconoscendo legalmente un’associazione il cui nome fa riferimento a delle gravi violazioni commesse dallo stato marocchino nei confronti dei Sahrawi“, si legge nel comunicato emesso in quell’occasione da Human Rights Watch. “Ma la vera prova di cambiamento ci sarà se questa organizzazione, così come le decine di altre organizzazioni che sono tutt’ora in un vuoto giuridico, godranno di una maggiore libertà per condurre le loro attività pacifiche legalmente e senza restrizioni“.
BIBLIOGRAFIA
ALEMANNO, Stefano & CHIOSTRINI, Rodolfo (2006), Sahrawi. Viaggio attraverso una nazione
HODGES, Tony (1983), Western Sahara: Roots of a Desert War
HODGES, Tony, & PAZZANITA, Anthony (1994), Historical Dictionary of Western Sahara