Ferma.
Sto ferma al sole ad accumulare calore così da non sentire freddo quando scenderà la notte, così da non sentire la sua assenza.
Ogni giorno è come se fosse il primo sulla faccia di questa stramaledettissima terra ed è come se fosse l’ultimo che mi batte dentro.
Ogni giorno non ho la più pallida idea di come riuscirò a superare il tempo che passa e di chi incontrerò lungo la strada.
Ogni giorno vivo accelerando i battiti del mio cuore, sgranando i miei occhi gialli, provando una strana frenesia che non so motivare.
Vedo, o credo di vedere, immagini distorte. Vorrei toccarle, ma appena provo a farlo svaniscono.
Sento, o credo di sentire, voci in lontananza e poi sempre più vicine che mi sussurrano e mi urlano verità indiscutibili e inascoltabili che potrebbero innalzare o scaraventare giù, negli abissi più profondi, le fragilità esistenziali di chiunque sia sano di mente.
Vivo, o credo di vivere, attimi, sensazioni, esperienze mistiche che mi rivelano chi sono, dove sono, perchè sono e cosa faccio.
Ogni giorno mi sento frantumata in mille pezzettini, distrutta, stracciata, inutilmente stanca, disillusa eppure così vogliosa della vita e del bello che c’è.
Ogni giorno viaggio, ma sto sempre ferma, ferma al sole ad accumulare calore e ricordi che mi salveranno l’anima.
Io corro.
La frenesia è la mia migliore amica, ma dura un attimo.
Il dolore e l’ansia mi accompagnano in ogni momento delle mie fottutissime giornate inutili e sprecate.
I miei occhi verdi tentano di illuminarmi il viso, troppo spesso spento dalla noia e dalla incomprensione.
Faccio il giullare alla corte del re bar, ma, mentre rido, all’improvviso mi assale il panico, sia che mi accadano esperienze belle che brutte.
Non riesco a godere di nulla a lungo termine.
Distruggo tutto quello che mi stringe troppo forte.
Quando sono felice l’angoscia mi colpisce il cuore e la mia mente ha bisogno di staccare ogni ragionamento.
Mi convinco di non amare niente e nessuno oltre me stesso, nemmeno lei che mi sorride ininterrottamente da quando l’ho incontrata.
So di valere poco e meno valgo più promuovo il mio valore, più provo ad addormentarmi, a sedarmi per provare benessere e non guardarmi allo specchio quando le urlo che non voglio il suo cuore.
Nel silenzio mi sento soffocare dai pensieri e mi meraviglio quando mi fermo.
Dovrei avere il coraggio di rischiare, invece, dalle vecchie esperienze, ho solo imparato che bisogna essere attenti e scappare dalla profondità.
Allora gli eccessi risolvono ogni problema e non ci penso più.
Lei è Mescalina, lui invece è Oppio.
Io li guardo dalla persiana della mia camera da letto da tempo, oramai.
Loro non sanno che mi fanno compagnia da mesi e che li immagino oggetti di una trasmutazione simile e contraria a quella di Poligraf Poligrafovic Pallinov in Cuore di Cane di Bulgakov, da esseri umani in gatti!
Loro sono i soggetti di una mia fantasia e mi aiutano ad affrontare la trasformazione del mio paese delle emozioni nel paese del gelo emotivo, un cambiamento condotto da cavalieri neri senza testa che hanno come unica reazione la fuga.
Ho bisogno della loro presenza per provare nuove emozioni.
Voglio osservarli durante i loro viaggi psichedelici tra contaminazioni sensoriali, allucinazioni e sinestesie ai limiti de “Le Porte della percezione” di Aldous Huxley.
Ci incamminiamo, tutti e tre: due randagi e un essere umano accettato dalla società, moralmente impeccabile.
Mescalina e Oppio vorrebbero che il mondo camminasse alla loro velocità e con la stessa intensità che hanno i loro pensieri.
Mescalina desidera un’aria più leggera e che la gioia inondi ogni angolo della realtà. È sempre convinta che l’amore possa muovere tutto e risolvere tutti i problemi. È certa che i fantasmi che le si parano davanti in fondo siano bravi, Vogliono semplicemente essere ascoltati.
Oppio vorrebbe silenzio, vorrebbe abbandonarsi e dormire per intere giornate. Non ha fiducia nei sentimenti e sfugge alla loro forza, disconoscendoli appena può.
Lui gioca a carte con i mostri. A volte vince, altre perde, ma non se ne allontana mai abbastanza.
Le macchie rosse sui tronchi d’albero indicano che siamo sul sentiero.
Se abbiamo fortuna non incontreremo nessuno.
I rami sembrano dita di streghe che cercano di afferrarci.
È un incubo al buio della notte, tra rumori indefiniti.
Lei mi sembra così felice che incute timore; lui così sfuggente che scatena rabbia e delusione.
Continuiamo il nostro percorso, tra silenzi innaturali e sensazioni indefinite.
Andiamo oltre il confine, ma di colpo si fermano.
È sangue quello che ho tra le mani?
Chi è il rapace e chi la vittima?
Chi l’avrebbe detto mai che nel mio bel viso si sarebbe specchiato un mostro?
Ho compiuto un atto d’amore: sono finalmente diventati dei gatti!