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È domenica. La mattina è iniziata alle 11 e il telefono non accenna a squillare. Posso mettermi davanti al pc e scrivere amenamente di musica. Bella storia. E fra le tante cose che potrei scrivere di questo pazzo, un po’ malato, mondo musicale vorrei scriverne una che non scrive mai nessuno.
Ci pensavo giusto l’altra sera mentre ne fumavamo, dopo una pizza, con il mio amico Enrico Antonio.
Si parlava di musica e TV e Enrico mi accennava al nuovo programma di Laura Pausini e Paola Cortellesi.
– L’ho visto l’altra sera. Non è male. La Pausini è forte a cantare. La Cortellesi poi è un’ottima attrice.-
– Se è per questo, la Cortellesi è anche un’ottima cantante. Molto meglio anche della Pausini.- gli rispondo io stupito dal tono di voce stranito di chi ha scoperto il talento spropositato di Paola Cortellesi.
– Ma figurati!- mi risponde scettico Enrico Antonio. -Se fosse più brava allora perché canta tutto Laura? Ovvio perché la Cortellesi non regge il confronto.-
Tiro un sospiro triste all’udir di queste sì male parole. Dentro di me un brivido mi coglie. E penso.
Chissà cosa vuole dire vivere negli occhi di chi vanta una delle migliori vocalità del paese eppure viene poi accusata di non reggere il confronto con Laura Pausini, che, può piacere o no, ma se le viene un nodulo ogni plenilunio un motivo – per la miseria- ci sarà. Nulla contro la Pausini, che quando sono triste perché litigo con la mia morosa ascolto, mangiando Nutella. Il problema di gente che non sa una pippa tecnica canora e riempie gli stadi in Italia è un problema diffusissimo. E risultati si vedono, aihmé. Elisa? Noduli! Giusy Ferreri? Noduli (e desaparecida). Giuliano Sangiorgi? Noduli! Intendiamoci fin da subito, oh stronzetti del “critichi-la-gente-famosa-perché-non-sei-famoso-l’uva-è-acerba-quando-non-c’arrivi-blablabla”. No, vaffanculo. Non è di me che si parla. Non è di Laura. È di cosa vuol dire essere oro in un mondo di merda. Se per professionismo si intende “saper svolgere un’attività in maniera buona ed efficiente, affinché questa possa essere ripetuta nel tempo dando risultati di qualità crescente” – sì, il professionismo è questo -, allora va da sé che nell’Italia delle radio e dei dischi, c’è un evidente problema di qualità professionistica in ambito discografico. E a dirlo siamo il cattivissimo me, Mina e i foniatri.
Finiamo le birre, ci salutiamo ed Enrico se ne va. Rimango solo e continuo a pensare a Paola Cortellesi.
Ci penso e ci ripenso, googlo (neologismo, voce del verbo, googlare – dall’inglese to google) il suo nome e mi metto a cercare un qualcuno, un chiunque che si degni di dire che, oltre a essere un’eccellente attrice che spazia con grazia e eleganza dalla commedia al tragico, Paola è una delle migliori cantanti italiane del nostro tempo.
Non lo dice nemmeno la sua pagina wikipedia. Appunto, lo fa dire a Mina.
Anche su Youtube c’è pochissimo e, guarda caso, duetti con altre cantanti se ne vedono pochissimi. Ci credo. Tu discografico faresti cantare la tua Malika Ayane accanto a una che ti canta in faccia così che nemmeno Witney de no-artri?
Ma ti pare? chi se la fila anche solo a starci vicino mentre Paola canta.
Divento triste a pensare a quanto sarebbe stupendo se chi fa parte dei vertici discografici sapesse fare solo la metà delle cose in cui eccelle la Cortellesi. Conduzione, teatro, cinema, televisione, doppiaggio, canto.
Avete idea di quanto sarebbe piaciuta a Hollywood una come Paola Cortellesi?
E noi, che ce l’abbiamo qui e potremmo costruire su di lei programmi televisivi, festival di Sanremo e quant’altro, ecco, noi che facciamo? Le diamo uno stupidissimo David di Donatello e le facciamo fare la professionista. Badate, non la star. Non la diva. La professionista. Quella che, nell’ombra laboriosa dell’impegno e della ricerca professionale, rende tutto maledettamente bellissimo e – come solo i più grandi sanno fare – senza che nessuno se ne accorga. Tutto facile per Paola. Cantare, recitare. Tutto bellissimo come lo fa lei.
Se sei fortunata poi hai un pubblico educato nel tempo dai gorgheggi di Houston, dalla presenza scenica di Jackson o dall’ironia di Letterman. Ecco che diventi una star statunitense. E non perché sei in braccio a Maria ma perché hai dimostrato di avere competenze artistiche e performative di livello altissimo.
Se invece nasci e vivi in Italia e sei troppo brava per il mondo dello spettacolo, finisce che il provinciale e italico show-biz ha un po’ paura di te. Un po’ gli stai sul cazzo. Me lo immagino già il mondo dello spettacolo italiano che stizzito pronuncia Paola.
– Che è? Devi essere brava a fare tutto?! Smettila un po’ Paola, che qui dobbiamo lavorare tutti. E qui da noi si lavora meglio se lasciamo credere che anche una cassiera può diventare una cantante famosa. Chissene se poi la carriera della cantante cassiera dura due anni. Però qui si lavora e ci si aiuta tutti. Mediocri, sì. Ma insieme. Pure bellissima dovevi essere, Paola, mannaggia a te…-
Questo direbbe a Paola Cortellesi il nostro mondo dello spettacolo, se univoco potesse parlare.
E cos’altro potrebbe dire, il mondo dello spettacolo che altro non è che – come la politica, capiamoci…- lo specchio della nostra cultura. Veniamo educati alla musica durante le scuole dell’obbligo a suon di “My heart will go on” suonata con i flauti comprati a venti euro in cartolibreria. Lo sottolinea anche un vecchietto che recentemente ha vinto un Oscar come miglior colonna sonora e in America viene considerato uno dei più grandi compositori viventi: il maestro Ennio Morricone.
Ma che ci vuoi fare… siamo diventati amici di Maria e di Morgan e sentire cose alla radio che non ci impegnano e non ci ricordano quanto siamo pochevoli, alla fine della storia, ai più piace. La gente troppo brava è spesso narcisa e alla lunga o la aduli e finisci per creare un Olimpo sociale come la nuova Hollywood, oppure finisci per odiarla, accusarla di pedofilia e sperare che muoia.
Sono rari i casi delle persone eccezionali nelle arti performative e altresì bagnati da capo a piedi nel lago dell’umiltà e della discrezione. Paola Cortellesi è uno di quei casi. In un’altra vita è stata (sarà?) una star come lo è stata Whitney, come lo è Beyoncé. In questa, nel nostro paese, è solo un’incredibile professionista.
Triste pensare che cantanti italiane come Paola Cortellesi, se fossero nate in un sistema musicale anglofono avrebbero avuto tutt’altro corso e ben altro eco internazionale.
E sì, lo avrebbero avuto. Non venitemi a dire “E ma noi c’abbiamo Emma.” Dai.
Non esportiamo buona musica dai tempi di Volare. Mandiamo le burine agli Eurovision Contest. Due domande facciamocele.
Ripensando alla conversazione con il mio amico Enrico Antonio, sarebbe bastato fargli vedere questo video per mettere fine alla conversazione.
Sono le due cantanti migliori che abbiamo nel nostro squallidissimo e pochevole start system italiano. E manco lo sappiamo.
Potevo fargli vedere quel video e mettere fine alla questione.
Ma non l’ho fatto. E abbiamo cambiato discorso. Sono stato complice. Ora non voglio esserlo più.
Guardiamo in faccia la realtà e, con riverenza, chiniamo il capo di fronte all’importanza di chiamarsi Paola Cortellesi.
E aggiungerei: tante care cose.