Roma, Dicembre 2015. Manca poco all’inizio del Giubileo straordinario che ha voluto Papa Bergoglio. Per le strade del centro non c’è molta polizia, ma oramai tutti sono convinti che ci sia, e se un vigile tenta di contenere l’orda dei selfisti che si azzuffano davanti alla Fontana di Trevi, tutti gridano al colpo di stato militare. A Piazza di Spagna le guardie dell’ambasciata spagnola sono sufficienti per scatenare brividi di persecuzione tra i clienti in fila davanti alla vetrina di Moncler.
Nessuno sembra accorgersi invece della Legione, che si aggira numerosa, più numerosa di qualunque altro esercito.
di Loredana de Michelis
Sono ragazzi giovanissimi, vestiti completamente di nero: hanno i capelli corti, occhi sognanti e sono tutti stranieri. Si muovono a gruppetti trasportando pesanti croci di legno e ti chiedono gentilmente se hai voglia di scrivere una preghiera sul loro blocco di post-it, e di appiccicarla alla croce. Puoi farti un selfie, è gratis: mica sono quei braccini corti dei finti centurioni.
Alcuni di loro arrivano dal Sud America ma molti altri arrivano dagli Stati Uniti, anche se non certo da New York. Ti sorridono angelici in attesa di domande, e la più frequente – dato l’accento straniero, gli occhi chiari e l’assenza di simboli religiosi sul vestiario – è: “Siete di quelle chiese là, i protestanti?” Effettivamente, il modus operandi sembrerebbe quello.
Nossignore, sono i Legionari di Cristo. Hanno studiato italiano all’estero e ora hanno risposto alla chiamata entrando in forze a Roma, “una città così incredibile e spiritualmente potente”, che fanno ancora fatica a guardarla senza che gli giri la testa. Raccontano che saranno presto inviati all’estero, dove non si sa, e mentre lo dicono si girano verso l’orizzonte e sorridono, poi tornano a sprofondare lo sguardo nella tua vecchia anima rattrappita e sorridono di nuovo. Sono tutti belli, pallidi, magri e nutriti a sandwich e aranciata da un furgone parcheggiato sui gradini di una chiesa delle retrovie.
A Piazza Santa Barbara ci sono 10 metri quadri di moquette sul selciato e una rete tirata nel mezzo: “Sfida il prete a pallone, vinci una preghiera”. Altri giovani preti dimostrano che la classe calcistica di certe nazioni non è acqua e indossare una tonaca lunga non è un problema, se sai giocare di testa e scatti come un monello delle favelas.
Dopo un po’ che si guarda questo insolito spettacolo, ci si accorge che la musica non è quella tipica delle piazzette piene di bar e campanelle, e non è neppure Tu scendi dalle stelle: si direbbe piuttosto James Taylor che canta una canzone mai sentita. Il suono è ottimo e proviene da un Marshall alto un metro, piazzato sugli scalini della chiesa la cui porta è aperta, ma l’interno è buio.
Sotto il Marshall, a ogni gradino, scatole di gadget in omaggio, crocifissini, medagliette di madonne, e soprattutto bigliettini che dicono: “Why not priest? Perché non prete?” La frase in inglese è scritta per prima.
Una volta entrati nella chiesetta di Santa Barbara si sprofonda nella penombra e non si vede neppure un affresco. L’unica luce è quella che proviene dai lumini posati a terra a formare una grande croce, ed è appena sufficiente per lasciare intravedere un banco informazioni con un giovane prete solerte, la band dal vivo composta da un tastierista e un chitarrista americani – di talento divino e tonaca regolamentare – e decine di fedeli con gli occhi chiusi, alcuni dei quali completamente sdraiati sulle panche, in totale relax. Il clima hippy da fuoco sulla spiaggia è così forte, che non so più se l’odore che c’è nell’aria è davvero quello dell’incenso.
Se questo è il nuovo marketing di Papa Bergoglio, credo che abbia fatto centro: nonostante sia l’ora dell’aperitivo, la piccola chiesa è piena di gente giovane, di ogni razza, e fuori c’è la fila di bambini che aspettano di giocare a pallone. Dispiegare il talento di questi giovani preti sembra un’idea finalmente spirituale nel vero senso della parola e fare un proselitismo più vicino alla mentalità della gente è giusto: c’è da chiedersi piuttosto perché sia stato fatto solo adesso.
C’è da chiederselo sul serio. Perché, al di là dei commenti compiaciuti dei locali (“Se je ‘a fano a moralizà sta Roma ‘ndemoniata, mejo!”) ci sono alcune cose che mancano e altre che sono di una presenza persistente, e il tutto fa pensare a una strategia stratiforme, dettagliata e per nulla semplice. È quasi Natale: dove sono le foto dei bambini dell’Africa, dei malati, dei migranti e delle Missioni? Perché questa scelta musicale e questa atmosfera country in un Paese che di country non ha nulla? Perché non usare gli impressionanti cori gregoriani o almeno approfittare delle numerose locations che lasciano a bocca aperta tutto il mondo? L’unico messaggio visibile invece, a parte la gigantografia del Papa davanti alla quale puoi farti il selfie, è un foglietto con sopra una domanda: “Perché non prete?”
Così penso che sarà anche Natale, welcome ai turisti e bella l’Italia, ma siamo in guerra, una guerra di potere, e come in tutte le guerre si passa dal simbolismo della beata conservazione agli slogan immediati dell’entusiasmo e della conquista, e soprattutto alla chiamata alle armi con parate e proclami.
I nuovi Legionari di Cristo sono ragazzi che non arrivano dall’Europa, ma da posti dove le forze sono fresche e prive di contraddizioni, dove c’è ancora una cultura di fedeltà robusta e sogni spessi. Cosa vogliono i giovani di ogni dove, persino quelli occidentali che corrono verso trincee mortali di cui non sanno nulla? Forse essere eroi, forse essere accettati. Forse, come sempre è stato, camminare in cima al mondo, in qualche modo.
E allora, ecco il filmato che si apre sulla prima pagina del sito italiano di WHY NOT PRIEST : colonna sonora dei Coldplay, regia sapiente, titolo tradotto soltanto in spagnolo. Poche tonache, molti zaini. Niente scene di luoghi poveri del mondo: c’è un gatto, che oramai non può mai mancare, e poi tanto viaggiare, nuotate & barbecue.
I nuovi Legionari di Cristo arrivano al galoppo dai film americani e sono dei randagi Cowboys.
Buffo? Dipende: i Cowboys si distinguono per la loro spavalederia, l’ambiente esclusivamente maschile e l’atteggiamento dichiaratamente omofobico. Hanno una storica passione per i cavalli, sbandierano le loro armi (che in questo caso saranno chitarre) e vivono all’aperto in lande brucianti, deserte e ventose.
Forse è il caso di allentare lo snobismo intriso di rigidità e guardare le cose senza avere troppa fretta di farsi un’opinione, a favore o contro che sia. Papa Bergoglio, in ogni caso, passerà alla Storia.