Miguel Díaz-Canel Bermúdez è stato eletto nuovo capo di stato e di governo a Cuba, con 603 voti su 604, tramite scrutinio segreto del Parlamento. Una scelta in continuità con la rivoluzione socialista che guida il Paese dal 1959 e che non mette a repentaglio l’eredità lasciata dalla generazione dei guerriglieri.
L’EREDITÀ DELLA RIVOLUZIONE IN MANO A DÍAZ-CANEL
Chi segue solo marginalmente ed attraverso i media mainstream le vicende politiche cubane resterà sorpreso: Raúl Castro Ruz non è più il presidente di Cuba, ed al suo posto non andrà a finire il figlio Alejandro, come preconizzato dalla stampa occidentale per anni. La tesi della repubblica ereditaria per Cuba, sostenuta dagli oppositori del socialismo caraibico, crolla come un castello di carte al primo spiffero di vento, a favore di quella perorata da tempo – tra gli altri – dal sottoscritto: Raúl era stato scelto come successore del líder máximo Fidel in quanto ultimo dei grandi eroi della rivoluzione ancora vivente, non in quanto suo fratello, visto che Ernesto Che Guevara e Camilo Cienfuegos ci hanno lasciato anni or sono, mentre Juan Almeida Bosque si è spento nel 2009 ad ottantadue anni.
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La scelta è così ricaduta sul cinquantasettenne Miguel Díaz-Canel, che ricoprirà il ruolo di capo di stato e di governo almeno per i prossimi cinque anni, visto che i due ruoli sono stati unificati dall’introduzione della costituzione del 1976. Raúl Casto, alla soglia degli ottantasette anni, resterà ancora Primo Segretario del Partito Comunista di Cuba (PCC) fino al 2021, data del prossimo congresso, ed in questi tre anni potrà ancora fungere da guida per Díaz-Canel, primo líder di Cuba ad essere nato a rivoluzione già avvenuta.
Ingegnere elettronico di Placetas, nella provincia di Villa Clara, Miguel Díaz-Canel è stato segretario del Partito Comunista nella stessa provincia di Villa Clara (1994-2003) e poi in quella di Holguín (2003-2009). Dal 1997 fa parte della dirigenza nazionale del Partito, ed ha inoltre ricoperto incarichi di governo come Ministro dell’Istruzione (2009-2012) e primo vicepresidente (dal 2013).
Nella stessa occasione, il ruolo di primo vicepresidente è invece stato assegnato all’ex sindacalista Salvador Valdés Mesa, settantadue anni, già Ministro del Lavoro e della Sicurezza Sociale di Fidel Castro tra il 1995 ed il 1999. I primi messaggi di congratulazioni al nuovo presidente sono arrivati dai suoi colleghi Vladimir Putin (Russia), Xi Jinping (Cina), Nicolás Maduro (Venezuela) ed Evo Morales (Bolivia).
LA RIVOLUZIONE CONTINUERÀ, “NON C’È SPAZIO PER IL CAPITALISMO”
Le prime parole di Miguel Díaz-Canel da nuovo presidente cubano sembravano dirette più al resto del mondo che al popolo cubano: un monito a non vedere in questo passaggio di consegne un vacillamento del sistema socialista dell’isola caraibica. “Non c’è spazio per una transizione che comprometta l’eredità gloriosa della Rivoluzione”, ha dichiarato al cospetto dell’Assemblea Nazionale, subito dopo l’elezione. “Il mandato che abbiamo ricevuto è quello di dare continuità alla Rivoluzione, non c’è nessuno spazio per una restaurazione capitalista nell’isola. Solo il Partito Comunista può garantire la sicurezza e il benessere del popolo cubano”.
Il neoeletto capo di stato ha continuato ricordando che Cuba non è pronta a fare concessioni circa la propria sovranità e la propria indipendenza, né accetterà principi e condizionamenti provenienti dall’esterno: “Non cederemo mai di fronte a pressioni o minacce. I cambiamenti necessari saranno decisi unicamente dal popolo sovrano”. “Là fuori”, ha ancora aggiunto, “c’è un mondo che ci guarda con più interrogativi che certezze. Per troppo tempo, ed in maniera errata, ha ricevuto il messaggio che la fine della rivoluzione sarebbe arrivata con quella dei suoi guerriglieri”.
Gli ha fatto eco il presidente uscente Raúl Castro, che ha invitato alla preservazione della rivoluzione, “l’opera più grande che abbiamo costruito”. “Qualsiasi strategia volta a distruggere Cuba”, ha continuato Castro, “si troverà ad avere a che fare con il rifiuto deciso del popolo e fallirà”, avvisando anche che “il compagno Miguel Díaz-Canel non è né un novizio né un improvvisato“, ma – aggiungiamo noi – un uomo politico che ha fatto tutta la gavetta necessaria nelle fila del Partito Comunista.
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Proprio per dare seguito alle parole di Miguel Díaz-Canel, a luglio avranno inizio i lavori di una commissione incaricata di redigere una nuova costituzione, che sarà poi sottomessa a referendum popolare. I cubani, infatti, sanno che la rivoluzione non è terminata con la sconfitta di Fulgencio Batista, ma che anzi quello era solo l’inizio: la costruzione del socialismo, lungi dall’essere compiuta, deve proseguire il proprio cammino in un mondo che si presenta ostile, ma che l’isola ha sempre saputo affrontare a testa alta, anche nei momenti di maggior difficoltà.
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