Che cosa c’era quando noi non c’eravamo, quando non c’era nulla?
Nessun inizio, nessun fondo, nessuna direzione verso cui andare o in cui precipitare.
Nessun ordine, nessuna comprensione, nessuna creazione.
In questa vertigine di confusione ed esistenza senza nome e identità c’era un’unica notte indistinta, un unico abisso sconfinato che osservava quel nulla smisurato, accumulando strade, lasciando muovere tutti i respiri esistenti.
– Non chiudere gli occhi ora, Gea, guarda, guardami e toccami! Dammi la possibilità di confonderti l’umore.
– Chaos, perchè sei qui? Chi ti ha invitato tra le ciglia dei miei occhi, sotto le unghie delle dita affusolate, avvinghiato ai capelli arruffati, nascosto agli angoli della pelle, tra i battiti del mio cuore? Chi ti ha aperto le porte delle mie certezze e fatto salire silenzioso i gradini della mia anima?
– Quanto tempo ci vuole a sentire il sapore di una persona, assaporare ogni millimetro della bocca, scendere piano piano lungo i posti più celati?
– Come si annusa un bicchiere di buon vino, così annuso il tuo odore e cerco di ricondurlo al noto, fino ad arrivare al tatto e sentire, sentirsi, nel calore di un abbraccio, di un palmo di mano.
– Respira, Gea.
– Cammina, Chaos.
– Lasciati trovare.
– Lasciati abbracciare.
Chiudiamo la porta e cerchiamo la riposta nei nostri occhi.
E’ stata una insolita illusione questo effimero amore in cui avevano messo a tacere paure e fantasmi.
Origliando dalla fessura dei loro cuori, il rumore dell’errore ha scelto lentamente di trasformarsi in consapevolezza e ha spento l’insonnia e la falsa partenza.
La cura delle piccole cose, anche del dolore, ha salvato il ritorno dall’incendio devastante.
Per nessuno dei due la calma avrebbe dovuto fare ritorno in petto.
Il buio della notte li ha visti ballare da soli, senza musica, alla ricerca del mondo originario perduto.
Chaos e Gea si muovono lentamente, in un antico valzer, col timore di farsi trovare impreparati da sguardi indiscreti, ma il valore che danno ai passi è differente.
Chaos pensa che ballerà quella notte, senza creare alcuna coreografia.
Gea desidera danzare senza sosta.
Nessuno ascolta l’altro e ognuno sente il tempo a modo suo.
Il falso ordine senza orientamento si ritrovò improvvisamente inserito in un’aspettativa di futuro a tratti solo abbozzato.
Nel seno di Gea nacque un sopra e un sotto, nacque un prima e un dopo.
Sul viso di Chaos spuntò un sorriso e si annidò impudicamente tra le pieghe del labbro di lei.
Le cose divennero visibili, concrete e iniziarono ad avere sostanza, ma la sostanza va trattenuta e mesciuta all’essenza dell’ebrezza dei corpi, appiccicati tra loro e scossi dall’amore dannato.
Fu tutto il contrario di tutto.
Dopo le risse iniziate per gioco e il desiderio di fare la pace senza fatica, dopo le notti passate a ubriacarsi di errori, le mani addosso a spogliarsi dolcemente, con la certezza di non volersi fermare mai più tutta la vita, di essere giusti in un mondo sbagliato, per viltà e incapacità di stringere la meraviglia tra le braccia, il disordine tornò a farsi legge.
I sogni risiedettero altrove e i minuti provarono a curare quelle ferite celate alla luce del sole.
Gea sprofondò in un abisso infinito senza Chaos, nella profondità del mare come Europa, abbandonata a se stessa da Zeus.
La superficie delle cose mutò destinazione, mutò dimensione, come se mai ci fosse stata una dimensione predefinita!
In una grotta sotterranea, Gea diede alla luce incandescente Lilith, nutrendola di foreste, montagne, flutti del mare, ruscelli e cielo, tutto il cielo che esiste.
Mancava l’amore cosmico.
Come avrebbe potuto esserci senza averne traccia nel cuore?
Lilith crebbe al confine tra il giorno e la notte, tra l’umano e l’animale, tra il divino e il demoniaco.
Assetata di mortali umori, di sangue e seme, lei, creatura immortale come i suoi genitori, aveva un unico desiderio prima di addormentarsi: mettere da parte pezzetti di futuro.
Avrebbe avuto cura del silenzio e del segreto senza disvelarlo a nessuno.
Chi non è pronto si nasconde nella giusta dimensione del noto e non si lascia andare all’ignoto.
Lilith avrebbe voluto proseguire il suo cammino nella creazione, ma non aveva la forza dell’universo con sé.
Avrebbe voluto scegliere, decidere, vivere i suoi pensieri, liberamente, ma in quel mondo non vi era alcuna libertà, in quel cuore non vi era alcun languore capace di ammansire la sua fame.
Avrebbe voluto partorire senza aver bisogno di unirsi a nessuno perchè suo padre, Chaos, aveva generato in lei la delusione più profonda.
La voragine che dimorava nella sua anima divorava ogni speranza, mentre lei si lasciava annientare dal desiderio dell’indistinto, dalla ricerca di cielo e acqua, Urano e Ponto.
Lilith, creata dalla terra, alla ricerca inconsapevole di Cosmo, madre generatrice di demoni, meravigliosamente infernale, è lì, seduta, accanto a ogni letto, in attesa dei desideri oscuri, pronta a generare incubi voluttuosi e sogni inconsistenti, ma, ogni notte, ogni giorno, è sicura che in fondo l’Amore esiste da qualche parte, nella forza enorme delle scelte libere.