Mi avevano parlato di lei.
Fin da bambina avevo conosciuto la leggenda che domina la grotta delle ossa, ma ho sempre creduto fosse pura fantasia.
Pensavo fosse una di quelle storie inventate per spaventare i bambini, per non farli allontanare troppo dai genitori e non far vedere le meraviglie incontaminate della natura.
Eppure era tutto vero.
Lei era lì, di schiena, invisibile allo sguardo distratto e superficiale, ma io l’avevo vista e lei aveva visto i miei occhi.
Lei era lì, vigile, arrabbiata col mondo che l’aveva confinata in un anfratto oscuro nelle viscere della terra, a contatto col mare cristallino della costiera cilentana.
La vedova nera piangeva lacrime strazianti per un amore nato e morto anzitempo, un amore che pochi avevano avuto il coraggio di vivere.
Tanto tempo prima un naufrago era rimasto per molti giorni tra le sue braccia, accanto a lei, privo di coscienza e lei lo aveva curato.
Appena si riprese i due si innamorarono.
Le corse sulla sabbia lasciarono impronte simili a graffi lungo la schiena durante gli amplessi rincorsi con divorante bramosia e famelica voluttà.
Lo straniero permeava inconsapevolmente l’aria incontaminata di desideri e speranze.
Aracne, regina della grotta marina, madre delle onde e della spuma, aveva tessuto tele preziose piene di grazia e delicatezza, vendendole perfino agli dei, ma era sempre stata sola in quella grotta, nascosta sia ai desideri che i dolori.
Finalmente avrebbe potuto raffigurare l’amore e non solo gli inganni e le colpe della vita.
Tutto sembrava prendesse corpo e si muovesse con estrema perfezione e armonia.
Quell’uomo le stava regalando speranza.
Il dio della tempesta, signore maestoso e pesante, annoiato da tutta quella serenità, pensò bene di mettere a dura prova Aracne e Palinuro, il giovane naufrago, nocchiero di Enea e scatenò una violenta tempesta che prese di sorpresa i due amanti, lontani da un riparo.
Le onde altissime trascinarono entrambi in mare.
Inizialmente riuscirono a tenersi stretti l’uno all’altra, ma la furia delle onde e del vento fu così forte che alla fine si persero e precipitarono negli abissi marini.
Aracne fu salvata dalla schiuma del mare, trascinata sulla spiaggia dai pesci, ma per Palinuro non ci fu nulla da fare.
La tessitrice cercò invano di salvare il suo uomo, strappandolo dalle braccia di Poseidone, ma i suoi sforzi furono inutili.
I suoi occhi si riempirono di lacrime salate, che scesero a fiotti e si mescolarono con il sale dell’acqua marina, tingendolo misteriosamente di rosso sangue. Era il sangue della sua anima, distrutta, straziata, logorata.
Da allora la donna ragno si aggira vendicativa e arrabbiata tra le caverne marine e trascina nella grotta delle ossa, diventata la sua dimora, tutti gli uomini vili, incapaci di vivere la passione e l’amore.
Mi vede.
Temo mi prenda per trascinarmi con sé.
Sono ghiacciata dal terrore e non riesco a muovermi.
Mi si avvicina. E’ gelida e sinuosa, silenziosissima nei movimenti.
Mi osserva attentamente, posa la sua testa sul mio petto e ode un suono, oltre al battito del mio cuore.
Riconosce il nome del mio amore, stacca la testa dal mio petto.
Mi attraversa l’anima con il suo sguardo, conosce e riconosce tutte le particelle che costituiscono la mia persona, abbraccia le mie paure, le mie ansie, i miei dolori, le mie passioni, i desideri e i bisogni e mi lascia andare verso la barca.
Riparto, ma non resisto e mi giro per vederla un’ultima volta.
Con le sue lunghe braccia mi saluta.
Torna a sedersi su uno scoglio e a tessere storie intrecciate di uomini e dei.