“Fra la noia e l’ozio c’è un posto in cui collocare l’inutile movimento ripetuto e senza senso. L’incomunicabilità tra gli esseri viventi è dilagante e dilagata.
L’età anagrafica cozza miseramente con quella interiore. Sono tutti maledettamente svuotati di energia creativa e di passione. Sono tutti senza il senso dell’altro”.
Agata affolla la sua testa di questi pensieri, mentre si siede silenziosa accanto a sconosciuti.
Sommessamente osserva il gruppo che festeggia allegramente la fusione di due promesse egoistiche e timorose del tempo.
Si guarda intorno e l’ilarità prorompente le causa fame d’aria, conati di vomito, sudorazione. Prova a distrarsi canticchiando tra sé e sé una canzoncina che ha ascoltato alla radio mentre valutava cosa indossare.
Le sovviene improvvisamente una malsana idea: vorrebbe correre in cucina, rovistare tra gli utensili e prendere l’ascia da macellaio; tornare nel sontuoso salone da festa addobbato in maniera a dir poco indecente e selezionare chi sopprimere tra gli uomini inetti e le donne sciacquette che contribuiscono a sminuire il valore dell’essere umano. Vorrebbe colpirli senza pietà e creare con i resti dei corpi martoriati una mega installazione post-moderna sul senso della distruzione dell’uomo e della morte dell’umanità.
Vorrebbe offrire il loro sangue agli animale assetati e creditori della bellezza arcaica del mondo.
Vorrebbe impreziosire il creato.
Il sommelier la riporta alla realtà chiedendole se preferisce assaggiare un vino rosso in purezza invecchiato in botte di rovere. È una selezione voluta dal fratello della sposa, un tizio baffuto vestito in modo bizzarro che tenta di sorriderle dall’inizio della cerimonia.
Ebbene, la realtà è quella, lei è ostaggio di un gruppo di matti invecchiati precocemente, sebbene si ostinino a sembrare young.
C’è chi mostra doti canterine, chi da ballerino, chi paventa conoscenze gourmet, chi vanta i segreti di ogni località meta di viaggi di nozze alla moda.
La verità è che lei vorrebbe che tutto il pavimento sprofondasse sotto i suoi piedi fasciati da sandali con tacchi altissimi.
Non c’è nulla di razionale in quello che sta accadendo dentro di lei.
Con il calice di vino tra le dita impazienti immagina che il suo lui, immobile di fronte a finestre sottomarine, guardi lo scatenarsi della furia causata dall’egoismo umano.
Avrebbe voluto recuperare il tempo perduto, ma perfino lui l’ha abbandonata, quel lui che non conosce affatto, ma che la tiene sveglia di notte con desideri indicibili.
Agata non ha più voglia di restare seduta a un tavolo noioso e decide di giocare con lo sguardo del fratello della sposa.
Immagina di iniziare un viaggio astrale tra i pensieri della gente, come nuvole cariche di gocce di pioggia. Gli insetti proiettili che vanno a colpire improvvisamente chiunque passi a tiro la riportano alla realtà di quel noioso pomeriggio estivo a bordo di una piscina estetica. Nel frattempo una musica mielosa suonata a malapena accompagna passi da balli di gruppo asciugati dalla calura. In momenti come questi vorrebbe avere il vizio del fumo, magari l’erba che fumava da giovane!
Guardandosi intorno percepisce uno stato di minoranza assoluta.
Quasi l’intera fauna che compone il parterre degli ospiti è accoppiata e con prole. Tutti compongono una massa di consumatori irrispettosi che sventola fumo denso sulla natura, agisce pensando esclusivamente al proprio benessere e cerca di accaparrarsi ruoli di potere a discapito di altri.
L’altro, l’alieno, è lei, l’eroina che dovrà immolarsi per il bene del pianeta “io”.
Il pensiero della solitudine le graffia l’anima e, con la sua voce di dolore, entra prepotentemente nello stomaco, spingendo tutti gli organi fuori dai loro posti soliti e definiti. Il pensiero della vendetta dalla vita le è accanto.
Raggiunge l’uomo bizzarro dai baffi incerati mentre immagina coltelli che orridamente rovinano il suo corpo imperfetto. Lui la osserva come fosse una cavia in laboratorio impaurita dalle trappole.
Agata si osserva in uno specchio da parete in stile barocco e guarda le lacrime invisibili che sgorgano come sangue.
Il suo dolore, il suo sentirsi inadeguata, l’hanno fortificata, l’hanno resa audace, una maitresse. Al mal capitato non sembra vero. Agata è meravigliosamente fasciata da un tubino rosso fuoco e niente e nessuno è paragonabile al suo fascino.
La brutta copia di Dalì la segue gongolandosi su un tappeto di immaginazione, ma il mondo non è un bel posto e la cattiveria della vita è complicata da gestire.
Tutto è breve ed effimero e lui resta lì, ad annaspare, liquido e informe. Vorrebbe scappare per la vergogna, ma è bloccato. Chiede tempo. Agata gli sussurra che il tempo è terminato. Un sorriso amaro le illumina il viso e va via.
Agata risorge dagli umori e dal piacere senza fretta, affilando le sue unghie sulla parete del suo cuore dolorante, rinchiusa nell’oscurità e inizia a correre senza meta lungo i corridoi bui delle anime perdute e perse tra la nebbia e le braccia degli alberi scavati dal tempo.
È dura e forte, sa che può ballare sotto il sole di agosto senza difficoltà e non smetterà nemmeno col sangue ai piedi.
Non ha voglia del nulla, ha voglia di lui, quel lui che gioca a far passare il tempo, quel lui che non esiste più.
Balla e ballerà, è inutile provare a ucciderla.
Sorriderà lungo le strade, passando tra un passo e un altro, in attesa che quell’uomo si decida a scoprire il suo mondo.
Insieme avranno un occhio in più per vedere la realtà delle cose.
L’ossessione per la ricerca dell’amore, per i piccoli dettagli di vita felice, la trasportano lontana da quel che la circonda.
La festa è finita e lei lascia cadere in frantumi la bomboniera, memoria di una giornata da dimenticare.