Jack lo Squartatore, il misterioso assassino seriale più famoso di tutti i tempi. Decine di film e di romanzi sulla sua storia. Un archivio gigantesco e premurosamente conservato da Scotland Yard, che annovera reperti di ogni genere: vestiti delle vittime, cappelli, coltelli, rasoi, lettere di mitomani, lettere premonitrici, lettere dettagliate, ritagli di giornale. Perizie, risultati di autopsie, informazioni personali riguardanti centinaia di persone. Oggetti curiosi e improbabili rinvenuti sul luogo dei delitti, strumenti di tortura, trascrizioni di testimonianze fantasiose al limite dell’esoterico.
di Loredana de Michelis
L’archivio stesso è un museo segreto, conservato in una costruzione d’epoca che si affaccia sul Tamigi, con le vetrate alte e la luce che filtra tagliando l’aria polverosa: quale scrittore non vorrebbe impossessarsene in un pomeriggio uggioso, per scartabellare freneticamente tutto quel repertorio sanguinosamente vintage nel quale ogni oggetto vale un intero romanzo, mentre sorseggia compunto tè al latte in una tazza di porcellana sottile dai profili dorati?
Patricia Cornwell l’ha fatto. E per una volta è davvero entrata nel suo personaggio: l’investigatrice Kay Scarpetta. Mettendo mano al portafogli, come solo uno scrittore americano famoso può permettersi di fare, ha assunto un team investigativo da fare impallidire l’FBI, assieme al laboratorio di analisi di Scotland Yard. Giusto per togliersi lo sfizio.
Anni di ricerca minuziosa sui dettagli conservati, profili psicologici degli indiziati dell’epoca ricostruiti da profiler professionisti, hanno fatto rivivere personaggi bizzarri, condizioni sociali terribili, vite folli e intense dell’Inghilterra di fine ‘800.
Sulle lettere anonime che ai tempi si ritenne fossero scritte proprio da Jack lo Squartatore, e che solitamente preannunciavano un delitto, si sono concentrati gli analisti del laboratorio, che hanno scovato un DNA, ricavandolo dalla saliva sul francobollo. Hanno anche trovato impronte digitali e tracce di altro materiale, come peli e pigmenti.
Tra gli indiziati, che erano circa duecento, figurava anche un pittore dell’alta società, Sir Walter Sickert, poiché bazzicava nell’ambiente delle vittime in cerca di modelle. Il suo cognome (Sick significa malato, in inglese) sembra essere uscito direttamente dalla penna di Stevenson, quello che scrisse “Il dottor Jekill e Mister Hyde” (je kill io uccido e hide nascondere).
Essendo Sickert un personaggio relativamente conosciuto dell’epoca, esistono numerose note biografiche su di lui e lasciano tutte supporre una personalità disturbata. Certi suoi dipinti, che ritraggono donne nude avvolte in un’oscura penombra, presentano curiose somiglianze con alcune delle vittime, le cui fotografie al tempo non circolavano certo pubblicamente e se esistevano erano solo post mortem.
Il team di Patricia Cornwell ha analizzato i pigmenti dei dipinti, le setole dei pennelli e altri oggetti di Sickert, tutt’ora esistenti, rilevando impronte digitali e tracce di DNA: coincidono con quelli trovati sulle lettere, così come la grafia, per quanto camuffata.
Le lettere attribuite al vero Jack lo Squartatore, che erano regolarmente spedite a Scotland Yard prima o dopo i delitti, e che ne descrivono dettagli particolareggiati, furono quindi senza dubbio scritte e spedite da Sir Walter Sickert: oggi possiamo saperlo grazie agli strumenti d’indagine di cui disponiamo. Questo non prova in modo definitivo che Sickert fosse l’assassino di Whitechapel ma diciamo che persino ai tempi, con un’informazione così, sebbene lui fosse uomo ricco e potente, l’allora efficientissima Scotland Yard non avrebbe esitato a tenerlo d’occhio in modo particolare ed eventualmente a tendergli qualche esca.
Oggi invece, sul libro che la Cornwell ha pubblicato raccontando la sua ricerca così come si è svolta, piovono le critiche del pubblico abituato ai suoi romanzi, profusi di prove e di dettagli che nella realtà sono impossibili da trovare. Se per gli appassionati di fiction questa storia non è abbastanza eccitante, c’è però da sottolineare che, con queste prove, oggi Sickert sarebbe al centro di un ronzio mediatico enorme e sicuramente in prigione in attesa di processo.
La realtà è più intensa e incredibile della fantasia e andrebbe narrata così com’è, non bisognerebbe pretendere che venga dipinta come un’invenzione. Purtroppo lo sforzo della Cornwell non ha pagato, e questo libro non ha avuto il successo che meritava.