“Straight to Hell”
Non ho più fiato.
Ho corso a lungo e si sono scollate le suole delle scarpe. I piedi nudi toccano la terra, prima sabbia e pietre.
Mi sono tagliata. I miei talloni sanguinano.
Sono caduta così tante volte che ho i vestiti tutti sporchi. Bagnati come sono ora saranno dei pezzi di fango! I miei pantaloni nuovi si sono strappati e ho sbattuto talmente forte sul terreno che il polso destro mi fa male. Con questo buio non riesco nemmeno a vedere cosa mi sono fatta per davvero. Poco male, controllerò domattina con la luce del sole e tornerò sulla spiaggia.
Forse ho perso qualcosa, ma non riesco a ricordare cosa.
E’ tutto annebbiato. E’ come essere dentro una nebulosa oscura. Una macchia nera che non è in realtà un vuoto, ma una regione di spazio ostruita da gas e polveri, un luogo di formazione e nascita per le future stelle.
Forse sono una stella. La morte è una stella.
Come mi chiamo? Mi fa male la testa. Ho il mare nelle orecchie e negli occhi.
Brucia.
I miei documenti? Sono qui, nella tasca segreta che la mamma mi ha cucito addosso. Ho anche qualche soldo e il mio curriculum. Così piccola e ho già un curriculum di tutto rispetto.
Io sono brava. E’ una colpa.
Me lo ripetevano sempre a scuola. Potrò continuare a studiare. Potrò diventare … ma gli altri dove sono? Con questo buio non si vede nulla, ma se fossero qui, accanto a me, li sentirei. Mi accorgerei della loro presenza. Percepivo i loro sguardi anche nel fondo del mare. Ho provato anche ad afferrarli, ma mi buttavano giù.
Ho dovuto fare una scelta: vivere o morire.
Ho scelto: Io voglio vivere.
Silenzio.
Nero.
Ingoiati dal nulla. Ingoiati nel nulla come non fossero mai esistiti.
Siamo nullità.
Piccoli granelli di sabbia senza valore che scivolano tra le dita dei piedi, scorrono senza fermarsi però danno sostegno e sostanza al resto intorno. E se noi sparissimo tutti gli altri sarebbero sollevati? Se ci chiudessimo nelle nostre gabbie riusciremmo ad avere il paradiso? E voi, voi altri, se noi non esistessimo, se un errore nucleare ci distruggesse, sareste più felici?
Quell’uomo mi ha fatto male.
Io sono bella. E’ un’altra colpa.
Me lo ripetevano sempre a casa. Potrò continuare a sorridere. Potrò diventare … ma il futuro è lontanissimo e sfocato.
Inconsistente.
Odioso.
L’essere umano è sempre poco accorto agli altri. Dovevamo sbrigarci, scendere, buttarci anche con la paura. Anzi, a pensarci bene è stata la paura a tenermi su. “Il coltello è lo strumento della tua creatività”, mi ha detto, “altro che il violino!”, mentre mi spingeva fuori dalla barca dopo aver fatto di me quel che voleva. Tutti lì, stretti gli uni agli altri, tutti stretti nelle proprie solitudini. “Se sai suonare il violino e parlare l’inglese perfetto quello può diventare il tuo paradiso, Deny”, così mio padre mi ha salutata quando mi ha dato alla donna sulla barca.
Ecco cos’ho perso, il mio violino!
Altro che Paradiso.
“Guns of Brixton”
Non ho più fiato.
Sto correndo da tanto che si sono scollate le suole delle scarpe. I piedi nudi toccano la strada piena di vetri rotti. Guerriglia e stato di assedio infuocano il mondo. Ho offerto il mio profilo migliore alla rivolta bianca, ma la repressione è lacerante, servirebbero le bombe.
Mi sono tagliata.
Sono caduta, ma non sono sola. Qualcuno come me mi ha aiutata a rialzarmi. Siamo in tanti, uniti da un unico desiderio: lottare per la libertà. Siamo pronti a scivolare giù da una pendenza, siamo pronti ad afferrarci l’un l’altro con le unghie per difendere i nostri diritti.
Ho i vestiti tutti sporchi. I miei pantaloni nuovi si sono strappati e ho sbattuto talmente forte sull’asfalto che il polso sinistro mi fa male. Riuscirò a suonare? Con questo buio non riesco nemmeno a riconoscere chi sta manifestando, ma sento i colpi della polizia corrotta. Spaccano teste e feriscono sogni. Rompono in mille pezzi le idee contro l’oppressione, ne fanno brandelli di dignità. L’omicidio è un crimine, a meno che non sia commesso da un poliziotto.
Nella caduta forse ho perso qualcosa, ma non riesco a ricordare cosa.
Quell’uomo mi ha fatto male, ancora una volta, ma ora so cosa fare.
Londra sta affondando, non mi trascinerà con sé.
Questo incubo non finisce mai. Sono in un loop che travolge ricordi e presente, che mi blocca il futuro, lo trattiene sul fondo. E’ una colpa essere brava, essere bella, essere donna, essere nera. E’ una colpa Esistere e imparare a Resistere.
Quando ero bambina mi sdraiavo sulla spiaggia. Univo il mio respiro a quello della terra. Qui la strada è fredda, separa l’anima, non fa cambiare prospettiva, la incatena. Il ricordo passa attraverso di me come una folata di vento per poi scomparire. Gli rendo grazie. Le mie memorie sono la mia storia, ciò che mi hanno reso quel che sono, ma non esistono più. Esisto io, intera, nel mio immenso presente fatto di luce e ombre.
Mi fa male la testa. Ho il sangue nelle orecchie e negli occhi.
Brucia.
I miei documenti? Sono qui, nella tasca segreta che la mamma mi ha cucito addosso. Ho anche qualche soldo e il mio curriculum di tutto rispetto.
Ci sarà sempre qualcosa per cui lottare.
Bisognerà combattere, lo so e se la guerra è decisa noi cominciamo la battaglia.
Andremo dritti all’inferno, ragazzi.
Anche lì qualcuno suonerà il violino.
Resto libera, e tu?
[copertina: illustration by MaPe]
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