Il venditore di cocco si riposò al flebile calore settembrino fissando l’intrepido sole che si spegneva lentamente nell’acqua.
In punta di piedi si alzò dall’asciugamano blu per tuffarsi, solitario, nel lago che lo accolse su un litorale quasi abbandonato a se stesso. Nuotando si perse nelle immagini dei ricordi offuscati dagli spritz bevuti in un bar di passaggio, mentre pensava che la sua vita era un passo di baciata e che tutto sarebbe andato bene al ritmo di musica cubana, aggrappato a un grosso e grasso sedere.
Le emozioni poco irriverenti avevano riempito il suo vuoto?
Chissà se era stato capace di dare una risposta a questo interrogativo.
Si leccò le labbra quasi a cercarne il sapore, come se lo avesse perso.
Si asciugò in fretta e furia. Ora andava di corsa. Al ritorno nella sua casa vuota si guardò allo specchio cercando una giustificazione alla sua fame.
Avrebbe voluto cambiare, di nuovo, costantemente, perché non si riconosceva più.
Avrebbe voluto stravolgere la sua esistenza. Se solo avesse provato a respirare col cuore, avrebbe potuto accendere i sogni durante quell’alba nuova da guardare?
La tessitrice di parole cuciva trame invisibili con fili d’oro e d’argento.
Si appuntò sul cuore una frase da dedicarsi appena avrebbe avuto nuovamente il ricordo di se stessa: “Tutto si rivela quando è tempo. Lascia che sia il tempo a rincorrerti per donarti dolore e felicità”.
Quell’istante inatteso, inaspettato, la scoprì a disegnare un nuovo orizzonte che ricollocava il sorriso sul suo viso teso e ridava coraggio alle sue mani mentre stringevano nuovamente altre mani. Una tenera angoscia la pervase, ma decise di farla sedere su una comoda poltrona e offrirle un caffè.
In fondo queste regole chi le aveva stabilite?
Chissà se era stata capace di dare una risposta a questo interrogativo.
Si leccò le labbra quasi a cercarne il sapore, come se lo avesse perso.
Scrisse in fretta e furia i suoi pensieri, ancora avvolta dal suo profumo. Ora andava di corsa. Si guardò allo specchio dell’ingresso cercando una giustificazione alla sua fame.
Avrebbe voluto cambiare, di nuovo, costantemente, perché non si riconosceva più.
Avrebbe voluto stravolgere la sua esistenza. Se solo avesse provato a respirare col cuore avrebbe potuto accendere i sogni durante quell’alba nuova da guardare?
Se tutti gli altri avessero provato ad ascoltare col cuore le urla del venditore di cocco e avessero letto col cuore le parole della tessitrice avrebbero capito che la vita è una domenica al lago, o al mare, tra gli schizzi d’acqua e le risate dei bambini.
E mentre tutto continuò a scorrere sommerso da mille illusioni, i loro occhi brillarono incrociandosi e le loro lingue si sciolsero sussurrando un bacio nascosto, improvviso.
Plutone e Proserpina furono trasportati dalla corrente in fondo al lago di Pergusa, in un nuovo mondo. Sarebbe stato il loro mondo. Quello a cui si stavano aggrappando prima o poi sarebbe scivolato tra le dita e avrebbe lasciato semplicemente l’amaro in bocca, ma, nel frattempo, li faceva risuonare come violini al vento.
Furono cercati per nove giorni e nove notti, inutilmente. Qualcuno osò pensare che non fossero mai esistiti, qualcuno disse che erano rimasti insieme, sotto la pioggia.
Le vecchie del paese, ogni equinozio d’autunno, recitano preghiere per ringraziare Cerere e attendere un nuovo ciclo propizio. Si appellano al coraggio e alla forza che sconfisse la paura della notte uguale al giorno, attraversando l’abisso per raggiungere la luce. Si appellano alla forza dell’amore infinito oltre il mondo conosciuto.
La vita è un giorno da ricordare, è un sorriso da cristallizzare tra le ciglia, è un grido che fa tremare i cuori e accapponare la pelle, è un profumo che entra nelle narici e arriva al cervello e non va più via.