Universo Parallelo
(Storia di Emma Strada e Adriano Olivetti in un universo parallelo).
Emma è seduta sulla seconda panchina lungo il binario 16 della stazione di Torino Porta Nuova.
Assapora l’attesa del treno che la riporterà a casa dalla sua famiglia nello stesso modo in cui si aspettano i dolci di Natale, con desiderio e pancia piena! Non è affatto convinta di quello che sta facendo.
Potrebbe essere un errore,ma la paura la sta divorando dentro e ha bisogno di ritrovare la sicurezza nel calore della sua famiglia.
Emma sa che quel viaggio non sarà sicuro e che potrebbe essere interrotto da un momento all’altro.
Ha scelto di partire leggera, portando con sé un bagaglio piccolo e poco ingombrante. Ha selezionato accuratamente cosa tenere per questo indefinito periodo: i suoi ultimi acquisti, simboli di un momento importante e felice della sua vita.
Si guarda intorno e percepisce che la gente è come avvolta da una nube.
Cammina senza avere consapevolezza delle proprie impronte e i passi sono sordi e muti lungo la città che si svuota. Strade vuote, negozi senza fila, bar silenziosi, poche auto, poche biciclette, poche persone.
Sembra quasi un fermo immagine.
Arrivare alla stazione è stato come fare un percorso irreale, da videogames.
Di tanto in tanto ha incontrato qualche turista distratto o qualche zombie che, camminando lentamente,è stato facilmente lasciato al livello precedente.
Per Emma molte misure restrittive rappresentano la normalità.
Lei in quella città ha avuto poca vita sociale e ha sempre portato mascherina e guanti. Non riesce ad adattarsi all’aria pesante dei tubi di scappamento di un traffico sempre più crescente e si protegge nei momenti di maggiore smog. I guanti, invece, li indossa a causa di una forma allergica da contatto che ha per un utilizzo eccessivo del sapone.
La sua finestra verso il mondo è il suo compagno di facoltà, Adriano.
Entrambi iscritti a Ingegneria del cinema e dei mezzi di comunicazione, si sono seduti accanto fin dal primo giorno del corso di Analisi matematica.
Emma, quella mattina, si sentiva spaesata.
Adriano si accorse subito di lei e decise di andare a occupare il posto vicino.
Quando le fu accanto lei tossì, lui sapeva di fumo.
Con sguardo di disappunto si volse verso Adriano, ma quando lo vide si fermò nei suoi occhi profondi.
Lì si perse e ancora deve risalirne.
Adriano, con le sue attenzioni, l’aveva fatta sentire protetta da subito.
Si sono fidati e affidati l’una all’altro e viceversa.
Da visionari hanno affrontato il mondo universitario e i loro giorni.
Non si sono mai lasciati, se non per brevi periodi di vacanza, fino ad allora, fino a quest’assurda partenza.
Sente che qualcosa cambierà da lì a breve.
Appoggiata al finestrino guarda fuori e ricorda tutte le giornate trascorse al Parco del Valentino, tra una pausa corsi e una passeggiata al sole tiepido che a malapena riscalda quel cielo umido e plumbeo.
Non ha voluto che Adriano l’accompagnasse alla stazione, ha preferito salutarlo al bar.
Un lungo abbraccio e un bacio furtivo col sorriso spento che non riesce a riempire un viso preoccupato.
Chissà cosa accadrà.
Al suo arrivo un silenzio pesante e teso la opprime. Percorre la breve strada accompagnata da un assurdo vuoto intorno.
Le persone marciano a distanza, tenendo la testa bassa. Si salutano alzando semplicemente la mano. Sembra di essere piombata in un’ambientazione post-apocalittica.
Deve comunicare alle autorità competenti il suo rientro e restare in autoisolamento volontario per due settimane, senza avere contatto con nessuno, nemmeno con i membri della sua famiglia.
Può solo relazionarsi con i suoi animali domestici, loro sono immuni da ogni cosa.
Loro sono sani.
Rispetta i dettami del momento, certa che riceverà quanto prima una spiegazione logica che riesca a motivare questa disumanizzazione della realtà.
Un esperimento militare mal riuscito ha messo in pericolo l’intero pianeta. Stanno provando a mettere a tacere tutto.
Il consiglio è rimanere isolati, ma non ce la fa e la notte esce per girare in quelle strade che l’hanno vista crescere, sbucciarsi le ginocchia, piangere per un brutto voto a scuola e arrossire ai primi baci.
Emma con il buio scappa, nascosta tra le ombre, al riparo nel suo cappuccio dell’impermeabile che ha acquistato con Adriano e fa video-chiamate al suo amore, gli fa conoscere quei posti che chissà se riuscirà mai a vedere. Sale sui palazzi aperti, scavalca cancelli dei parchi, si siede sotto gli alberi e annusa l’odore della notte e il profumo dell’erba umida….e piange sospirando tra le gambe il nome di quell’amore forte che vorrebbe avere accanto, ma che ha dovuto lasciare lì, in quella città che l’ha adottata.
Vorrebbe andare al mare, quel mare distante ma non troppo che assomiglia sempre più a un’oasi nel deserto.
Chissà se riusciranno a vedersi più.
Chissà se riusciranno a fare le cose che hanno sempre fatto insieme.
Prima che nasca un nuovo giorno rientra a casa, si infila sotto le coperte e continua a sognare la sua vita precedente. Comprende tutti i suoi errori, le perdite di tempo, proprio ora che ha tutto il tempo e non ha la forza di riempirlo.
Prima o poi verrà scoperta, prima o poi pagherà questa sua insubordinazione, ma il timore è meno forte del desiderio di normalità.
L’esercito gira di giorno, ferma gli assembramenti tra le persone, rimanda tutti a casa. I militari hanno il totale controllo del territorio, ma questo non la ferma.
Anche Adriano fa lo stesso nella sua Torino.
La città prosegue imperterrita nella ricerca del guadagno, di lezioni oramai terminate che non vedranno mai più la luce di un esame “normale”.
Passano i mesi e la situazione è statica nella sua irreale sostanza.
I due condividono gli stessi pensieri liberali ed esaminano tutte le informazioni che vengono dettate ogni sera dai comunicati stampa.
L’informazione altro non è che disinformazione sistematizzata che tenta di inglobare in una cappa di terrore tutti gli esseri umani.
Intanto si fa primavera e la natura pare non accorgersi dell’assenza del “padrone del mondo”.
Entrambi, insieme ma distanti, si ammalano di malinconia e la troppa generosità che li caratterizza è la loro dannazione.
Intanto la primavera passa e all’arrivo dell’estate arrivano le prime bombe.
Si passa da una guerra mediatica a una guerra reale e non si chiede più di salvare il paese dal divano, ma di intervenire.
Adriano parte, decide che deve agire e ne va fiero.
Emma è a casa, quella casa dei suoi genitori nascosti al mondo per non rischiare il collasso sanitario.
Di Adriano si perdono le tracce. Di chiunque si perde ogni contatto.
Per non soccombere alla noia e alla follia, lei, donna coraggiosa, si impegna in attività di sostegno agli altri ed è proprio grazie a quest’azione attiva che resta ulteriormente ancorata a se stessa.
Protegge il suo legame con Adriano, reinventandolo e nascondendolo agli occhi curiosi e dannosi di chi non potrebbe comprenderne la profondità, sebbene siano le persone con cui condivide le giornate.
Intanto Adriano scompare dagli occhi virtuali di Emma.
Le pare di scorgere, in mezzo a tanta oscurità, un barlume di speranza per l’umanità, ridendo nel pianto insieme a chi le dona malinconia e leggerezza. Ben presto si rende conto che è mera e incostante finzione, pura vacuità.
Lei è abituata a una sostanza avvolgente e non sa sprecare il proprio tempo esistenziale con chi non è settato sulla sua lunghezza d’onda. Le magre consolazioni non sono mai state interessanti per lei. Non servono.
“O è una questione di qualità o una formalità” … non lo ricorda più.
L’amore è un’altra cosa.
Amare affatica, svuota il dentro, regala brividi, spossatezza, gioia irrefrenabile, capogiri esistenziali….è quello l’amore che prova per il suo Adriano.
Aspetta un anno, un mese, un’ora e passa le notti bianche in qualcosa che riempie vecchie storie fumanti.
Lei è altrove, è oltre quelle quattro mura, oltre quell’isolamento. E’ nella Lettera 22 e in una miniera a Ollomont.
Ha imparato a muoversi in un mondo di maschi, in cui lei donne sono guardate con diffidenza e con sarcasmo. Ha imparato che i suoi passi sono gli stessi del suo amore. Ha imparato che la distanza non esiste, come il tempo.
Continua ad aspettare Adriano, qualsiasi cosa accada. Ha la certezza che nulla sia finito e nulla sia infinito, nemmeno il dolore dell’assenza.
Quella sicurezza di cui aveva bisogno è dentro di sé, è nel suo amore.
Appendice
RINASCITA
(Dalle pagine del diario di Emma)
Guardo fuori dalla finestra e ascolto i sibili delle bombe cadere in lontananza.
Le mine sfregiano la calma, squarciano la serenità.
Le cicatrici del mio corpo si amalgamano ai tagli inflitti alla mia montagna che mi ha cresciuta e protetta. Invece io non sono riuscita a proteggere né lei né la mia quotidianità.
Ora devo difendere una vita che non c’è più.
Guardo la mia famiglia e con voce tremula dico che questa guerra silenziosa è stata creata dall’essere umano.
Mio padre prova a convincermi che le bombe non esistono, che la realtà che percepisco è solo in me, ma io so che la colpa è nostra, io so che le bombe cadranno.
Abbiamo chiesto a un nemico invisibile di rinnovare gli spiriti e lui è accorso con una velocità tale e una forza che non ci aspettavamo e ora tocca affrontarlo e sconfiggerlo.
La mia anima sta dando voce a tutti i silenzi. Cerco la forza dentro me per affrontare il percorso senza provare un’oppressione disarmante al petto.
Temo di soccombere al peso della solitudine.
Il terrore mi congela il respiro e mi urla di stare lontana da chiunque.
Ognuno pensa a sé.
Posso ricredermi.
Lungo la strada ordinata e deserta incontro finalmente uno sguardo.
Riesco a vedere oltre la barriera di stoffa che copre la bocca, portatrice di nefasti presagi.
Lo sguardo sconosciuto ricambia la cortesia e la sua voce pare dirmi che stiamo prestando attenzione a chi ci è accanto, a chi ha camminato nell’ombra.
Tende una mano, sebbene non si possa, non solo per essere aiutato, ma per darmi un aiuto.
L’energia scorre nelle vene.
Sento il suono di un violino malinconico, o forse è paranoico come me?
Ricordo quasi cosa voglia dire abbracciare qualcuno, amare, essere amata, sospirare, desiderare.
Ricordo la vita.
Ci guardiamo a lungo e ci stringiamo come non abbiamo mai fatto.
L’abbraccio: Accoglienza, Riparo, Casa, Cerchio Perfetto.
“In un abbraccio ci sono le parole non dette, i pensieri più profondi, la nostra confessione”…..ricordando Sepulveda.
Sentiamo il calore dei corpi, sentiamo il respiro, sentiamo i cuori che battono mentre sale un fremito che ci regala emozioni.
La gioia ci commuove.
Non può svanire così.
Facciamo ritorno ai nostri luoghi di armonia e protezione.
Mi siedo e guardo fuori dalla finestra.
Faccio girare la trottola, chissà se si fermerà. Devo capire se è la realtà reale o la mia realtà.
Un altro giorno è passato, un giorno diverso però e questo mi inquieta.
Quanti giorni sono trascorsi?
Non lo ricordo più.
Mi sono nascosta che era inverno, faceva freddo.
Le mattine scorrevano veloci al lavoro e sceglievo accuratamente a chi dedicare il mio tempo, stilando una lista di cose da fare, di sogni da inseguire. Selezionavo strategie esistenziali e modalità comunicative più consone alle situazioni.
Ora è tutto diverso.
Uscirò dal mio rifugio che sarà quasi estate e non vedrò l’ora di stare nel mondo, di toccare la terra promessa dopo un esodo silenzioso e immobile che ci ha trasportati lontani da noi e ci ha riportati al vero io, anche a quello sbagliato e cattivo.
Mentre il mondo si è fermato, bloccato dalla paura, tremante nell’angoscia io e lui ci siamo fidati e affidati alle emozioni e ai sorrisi.
I mostri mascherati correvano nel silenzio solitario e noi ridevamo senza alcun timore, rischiando la felicità, bevendo dalle nostre bocce bagnate di speranza e desiderio.
Abbiamo avuto l’incoscienza e il coraggio di guardare il cielo e di fermarci negli occhi, cercando di comprenderne il senso, oltre le parti dei visi.
I volti mediano la comprensione, ma gli occhi no e si sono conosciuti, piaciuti, riconosciuti appartenenti.
Siamo stati fortunati.
Siamo stati forti.
Siamo stati bravi a non ledere quanto costruito.
Siamo stati coraggiosi a non distruggere.
Abbiamo scelto e deciso di non perdere tutto.
Abbiamo creato un piccolo mondo nostro oltre le definizioni e oltre le catalogazioni, senza dare importanza alle regole.
Il bene ci appartiene e ce lo regaliamo, va oltre rapporti che possono rompersi come vasi di cristallo.
Cosa rimane di noi e di questo momento?
Chi ci ridà indietro il nostro tempo?
Dove andremo una volta aperta la porta?
Come cammineremo nella luce e nel buio?
Quando ripartiremo e quando ci fermeremo per respirare il senso dell’esistenza?
Quanto saremo diversi?
Perché siamo ancora qui?
Che sapore ha tutto questo?
L’ osservo e sento l’odore della stanchezza, della tristezza, dell’angoscia.
Lo indosso anche io come lui e, per quanto provi a toglierlo con l’acqua fresca, mi rimane attaccato addosso come un tatuaggio, lo stesso tatuaggio che un giorno ci permetterà di ritrovarci ancora uniti e sconosciuti.
La guerra non è finita, sebbene mio padre insista nel dirmi che è solo nella mia testa.
Basta.
Sono stanca.
Quanto tempo ho ancora?
Rincorriamo le nostre esistenze e diamo loro altra sostanza, senza distanza, senza paura.
La guerra è finita, forse, o non è mai iniziata.
Sono confusa.
Brucia.
Il corpo brucia.
L’anima brucia.
La vita brucia.
I sogni ardono e le speranze si inseguono.
Un vortice ha ingoiato tutto il creato, fagocitando l’essere umano, debole falso padrone del mondo, rendendolo schiavo del proprio ego e dei propri limiti.
Il resto è lì, forte più di prima.
Abbassiamo la testa e con occhi gonfi di lacrime chiediamo umilmente perdono alla vita per la nostra assoluta mancanza di rispetto.
Rendiamo servigi a chi lo merita con la nostra arte e soprattutto amiamo, ché l’amore non è mai abbastanza.
Fermiamo i nostri desideri agli occhi.
Impariamo ad apprezzare lo scorrere del tempo, le carezze leggere sulle mani, il calore dei corpi.
Tu, chiunque tu sia, respira con me, apri la porta e vai nella luce.
La nostra rinascita è un dono che dobbiamo onorare.
La nostra rinascita è anche di chi non l’ha avuta.