Ormai, a cominciare dalla Google Car, si sta diffondendo la creazione di automobili senza guidatore, in pratica di auto-robot. Ma questo sviluppo tecnologico non è limitato ai veicoli: sta andando oltre, e coinvolge ora anche le imbarcazioni.
Indicativa, da questo punto di vista, l’avventura della SB Met, una barca a vela robot costruita dalla compagnia norvegese Offshore Sensing AS, che alla fine del mese di agosto, è riuscita a raggiungere il traguardo della gara Microtransat Challenge, dopo aver passato due mesi e mezzo di viaggio sulle acque turbolente dell’Atlantico settentrionale, partendo dall’isola canadese di Newfoundland per raggiungere le coste dell’Irlanda.
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Si tratta, in realtà, di una vera pietra miliare, perché dimostra che la tecnologia per imbarcazioni senza equipaggio è abbastanza solida per portare avanti missioni estese che possono tagliare drammaticamente i costi della ricerca oceanica, e non solo, in acque certamente non calme e comunque remote. Tutto ciò fa parte di sforzi ben più vasti nello sviluppare imbarcazioni marine autonome. Come traghetti o navi mercantili robotizzate, che potrebbero entrare in funzione già alla fine di questo decennio, superando addirittura i tentativi di commercializzare le auto senza guidatore.
“Abbiamo dimostrato che è possibile farlo“, ha dichiarato David Peddle, Amministratore Delegato di Offshore Sensing. Ed ha aggiunto: “L’Atlantico Settentrionale è una delle aree più dure da attraversare, e l’aver vinto questa sfida dimostra veramente che SB Met è un veicolo a lunga resistenza capace di affrontare praticamente qualsiasi condizione che il mare può gettarti addosso”.
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Se, da un lato, le auto senza conducente devono cimentarsi con la presenza di pedoni e con le ovvie complicazioni del traffico stradale, le imbarcazioni autonome devono confrontarsi con tempeste che scatenano venti assai forti ed onde alte, e con tutti i pericoli ed i rischi presenti sulla superficie marina.
Più di altri 20 tentativi fatti da altre squadre per completare la gara del Microtransat Challenge, a partire dal 2010 si sono conclusi con un fallimento, con barche robot finite in reti da pesca, recuperate da navi o andate perse. Uno dei più grossi timori per Peddle era che la SB Met, lunga due metri e con un peso di 60 chilogrammi, venisse raccolta da una nave o barca di passaggio mentre si stava avvicinando al traguardo.
La compagnia Offshore Sensing si pone in un settore di nicchia con pochi competitori. La startup americana Saildrone sta costruendo una flotta di imbarcazioni senza equipaggio lunghe sette metri capaci di passare 12 mesi a raccogliere dati negli oceani, mentre Liquid Robotics, di proprietà della BOEING, fabbrica il Wave Gilder, una piattaforma di ricerca che usa l’energia delle onde invece di quella del vento per la sua propulsione.
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E sono in arrivo anche delle navi senza equipaggio che la International Maritime Organization sta analizzando per determinarne la sicurezza e le implicazioni ecologiche.
La Offshore Sensing ha costruito finora 14 imbarcazioni, note come Sailbuoys, come la SB Met, tutte con un ponte a forma di tavola da surf con pannelli solari che alimentano la tecnologia di bordo ed una vela trapezoidale rigida vicino alla prua che le fa muovere. Osservandole sui video della compagnia, la barca sembra un giocattolo scosso dalle onde naturali e da quelle provocate dalle grosse navi di passaggio, e questo fa sembrare il suo successo appare ancora più improbabile.
Prima della vittoria ottenuta dalla SB Met l’unica imbarcazione senza equipaggio ad aver attraversato l’Atlantico era stato, nel 2009, una specie di aliante sottomarino a pile.