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Cultura
2.5K

Salvate il soldato Cecilia Sala. Le vere motivazioni del suo arresto.

Postato il Gennaio 2, 2025 David Colantoni 0

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Ritengo che il caso Cecilia Sala, che da giorni sta sollevando cori di sdegno contro le autorità  iraniane e odi all’eroismo di Sala, abbia ben poco a che fare con un deliberato attacco iraniano al giornalismo, e che non si sia nemmeno trattato di un arresto sommario che sarebbe stato eseguito dal governo Iraniano senza motivazione,  come la stampa ha riportato fin dal primo momento in cui è circolata la notizia e che ancora oggi  è la tesi maggiormente sostenuta nel pubblico dibattito, come per esempio ha fatto in una recente intervista al Riformista l’agente (ex) dei servizi segreti Marco Mancini del 31 Dicembre 2024, il quale  ha detto  che:

«Cecilia Sala non ha fatto nulla, se non il suo lavoro di bravissima giornalista. Ma sa cosa sta succedendo ora a Teheran? Stanno costruendo artatamente, adesso, le prove d’accusa contro di lei. E le prove d’accusa le costruiranno in base a quello che succederà con la decisione della Corte d’Appello di Milano sulla richiesta di estradizione americana. Ma la scelta di estradare o di lasciare libero l’iraniano è una decisione politica che spetta al ministro Nordio».

Eppure non dovrebbe essere difficile per dei diplomati o laureati, e ancora di più per dei preparatissimi agenti ex segreti, riuscire a sapere nell’era digitale che in Iran “l’articolo 48 della legge sull’hijab e la castità riguarda la punizione per gli individui che appaiono in luoghi pubblici in stato di nudità (berahnegi), semi-nudità (nime-berahnegi) o indossando abiti che sono “socialmente considerati” equivalenti alla nudità. La pena per tali reati include fino a 10 anni di prigione o una multa fino a 500 milioni di rial e, in caso di ripetute violazioni, la punizione può aumentare fino alla reclusione e fino a 15 anni e 800 milioni di rial . Ai sensi dell’articolo 36, chiunque promuova una cultura di nudità, immodestia e svelamento in collaborazione con entità straniere può essere condannato a 5-10 anni di prigione”.  (fonte Human Rigths Watch)

La libertà di stampa dunque, sembra abbastanza evidente, non centra nulla con la vicenda dell’arresto di Cecilia Sala.

Senza nessun giudizio di merito sul contenuto, questa è una legge in vigore in Iran. Chi la viola commette reato ed è passibile di arresto. Quando si va in un paese estero, soprattutto paesi di altre civiltà, e ci si va come giornalista, non si dovrebbero ignorare le leggi fondamentali dello Stato in cui si opera. Almeno non ce lo si aspetterebbe da un professionista iscritto all’albo dei giornalisti.

Cecilia Sala infatti ha trasmesso dall’Iran togliendosi il velo che ha lasciato intorno al collo come una sciarpa. È un fatto testimoniato dalla diretta, a tutt’oggi visibile su varie piattaforme, la quale rappresenta una flagranza di reato, ma che nessuno, in ambito diplomatico,  politico e giornalistico, pare vedere.  La trasmissione è stata mandata in onda in Italia,  ma grazie al web non si è certo fermata dietro la nostra frontiera.

La Diretta dall’Iran in cui Cecilia Sala trasmette senza indossare il velo commettendo reato.

Un plateale gesto di effrazione della legge islamica iraniana pocanzi citata, in un paese governato da una Teocrazia, in una repubblica islamica.  Una  legge, ad aggravare il quadro della situazione, su cui in Iran ce uno scontro sociale al calor bianco, e una situazione che #Israele, per esempio, sta usando per tentare di istigare un regime change; ricordiamo gli appelli del premier israeliano a rovesciare il regime teocratico, dunque una questione, quella in cui Cecilia Sala è entrata a gamba tesa, della legge islamica, nulla di meno che enorme.

I nostri giornalisti hanno continuato a dire per giorni e giorni che era stata arrestata senza un motivo. Lo ha fatto persino l’espertissimo Padellaro a In Onda nonostante avesse appena visto il video con la flagranza di reato.

Questo è il giornalismo in Italia? Questo assomiglia di più ad analfabetismo politico e istituzionale, nel migliore dei casi o altrimenti, e sarebbe molto grave, sarebbe pura malafede,  non giornalismo, e certa gente non avrebbe passato  nemmeno l’esame della patente se qualcuno non gliela avesse regalata.

Cecilia Sala è  stata arrestata perché è si è tolta il velo in Iran durate una diretta televisiva dalla strada, accompagnando il gesto con un commento di apologia delle donne iraniane che fanno la stessa cosa, violando con ciò  la legge iraniana; c’è stata flagranza di reato in diretta, e sebbene la stampa italiana brancoli ancora nel buio, non servivano capi di imputazione per capirlo, e lo ha fatto nel corso di una guerra mondiale a pezzi , guerra di cui l’Iran è anche uno dei grandi attori, compiendo attraverso quel reato, accompagnato da un commento di apologia verso l’effrazione di quella legge, anche un pesantissimo gesto di delegittimazione della legge Iraniana che equivale a un atto di ingerenza da agente straniero. Ricordiamo che la legge valuta precisamente il caso di ingerenza straniera specificatamente su questo tema del velo :  “Ai sensi dell’articolo 36, chiunque promuova una cultura di nudità, immodestia e svelamento in collaborazione con entità straniere può essere condannato a 5-10 anni di prigione”. 

In questo comma finale dello svelamento in   collaborazione con entità straniere, in quanto giornalista che lavora per testate italiane, la Sala ci entra al millimetro come in un vestito sartoriale cucitole addosso, senza bisogno di ricorrere ad ipotesi di sua collaborazione con eventuali servizi segreti italiani o di altri paesi che pur circola in rete e a cui non crediamo per mancanza di un profilo psico fisico idoneo della stessa, un agente segreto non si fa arrestare cosi facilmente.

Tutte le grandi giornaliste occidentali che sono state in Iran da quando l’Iran è una teocrazia, e non ci interessa un giudizio di merito su quel governo o regime che dir si voglia, ma si tratta di seguire professionalmente un principio di realtà e basta quando si fa quella professione, si sono sempre adeguate alla legge dello Stato in cui operavano, dove nessuno le ha obbligate ad andare.

Mi pare una cosa evidente.  Le  leggi degli Stati in cui si va a lavorare con un visto giornalistico rilasciato dalle autorità di quello Stato non possono essere violate. È strana questa cosa?

L’Iran, qualsiasi cosa se ne pensi, dato fattuale, è uno Stato, ha un suo seggio all’ONU dal 24 ottobre 1945, è membro legittimo della comunità mondiale e partecipa all’organo di governo mondiale delle Nazioni Unite. Come Stato riconosciuto da tutti gli Stati della terra, ha le sue leggi che possono essere cambiate soltanto dall’interno, ovvero o dalle lotte del popolo o da processi politici istituzionali, e non dall’esterno con le ingerenze di qualsiasi tipo.

Il rappresentante dell’Iran all’ONU

E questo è un principio che tutti gli Stati della terra perseguono. A casa loro e anche nei vari giardini di casa loro, gli americani per primi.

Le donne iraniane hanno tutto il diritto di lottare per ciò che credono giusto, ma una giornalista straniera, in visita ufficiale con visto giornalistico, che mediante dirette in cui viola apertamente una legge, che è peraltro causa di gravissimi e talora mortali scontri sociali nel paese, si mette a fare da agente straniero in una lotta politica interna a quello Stato, attua oggettivamente e incontrovertibilmente, per quanto possa sembrare o essere, a seconda degli orientamenti, un gesto nobile, una enorme provocazione di ingerenza straniera ai poteri dello Stato a mezzo di un reato -non indossare il velo- con l’aggravante di averlo consumato pubblicamente come cittadina di uno stato straniero e tramite la stampa internazionale, una cosa abbastanza pesante, ovvero minando l’autorità dello Stato sul piano della pubblica rappresentazione internazionale.

Ora quando una persona commette un reato come provocazione deliberata in un paese che gli ha anche dato il visto per venire a fare delle interviste concordate, quindi con l’implicito agreement di rispettare le regole e le leggi del paese ospitante non può non sapere, a meno di essere una irresponsabile totale, che verrà quasi sicuramente arrestata, soprattutto in un periodo di enormi tensioni internazionali che vedono l’Iran attore primario di questo scenario, ovviamente pensiamo che la persona che si accinga ad arrischiarsi a un gesto del genere pensi   anche che,  qualora un simile evento accadesse,  si tratterebbe in definitiva di un arresto più spettacolare che concreto, altrimenti crediamo non si avventurerebbe in un simile rischio, a meno di essere una persona incapace di intendere in quel modo in cui lo sono certi caratteri infantili,  ovvero che si risolverà fondamentalmente senza conseguenze gravi, a parte il sacrificio di una quota di libertà personale per un periodo circoscritto più o meno breve, e questo per ovvi e acclarati motivi di prassi diplomatica internazionale fra Stati in certi frangenti,  che hanno persino dei precedenti.

Quindi si tratta fondamentalmente di un rischio perfettamente calcolato o calcolabile, pur restando tuttavia sempre un rischio, ovvero una azione le cui conseguenze non sono completamente prevedibili.

Fra pochi giorni Cecilia, siamo tutti contentissimi, sarà rilasciata, ne siamo sicuri, tornerà in Italia trionfalmente e il circuito della società dello spettacolo la farà turbinare nelle televisioni italiane per giorni e giorni, articoli, libri, interviste, e magari speriamo anche un bel film; la sua vicenda, che le porterà un enorme valore aggiunto di carisma sociale e professionale,  un lauto guadagno reputazionale  ottenuto dall’investimento del  rischio corso deliberatamente ,  sarà ampiamente capitalizzata, mercificata, spettacolarizzata, usata persino politicamente nello scontro di civiltà, non solo quello di Huntington, ma anche quello che l’occidente militarizzato ha dichiarato alla Russia, che ha legami strategici molto forti con l’Iran.

Se però invece che i giornalisti si vuole fare gli attivisti allora è un’altra cosa. Nel tal caso non si chiedono visti da giornalisti alle autorità che si intendono sfidare politicamente, né si concordano interviste come ha fatto Sala.

Perché quando si va come giornalisti accreditati, si va anche come rappresentanti di un ordine dei giornalisti e soprattutto di una nazione. In simili contesti pericolosi, complessi e intricati come i rapporti internazionali fra paesi di opposti schieramenti, ormai a tutti gli effetti  coinvolti in una guerra mondiale a pezzi, ci si aspetterebbe un comportamento professionale al massimo da un giornalista, ovvero un comportamento che non  offre allo Stato di cui si è ospiti l’occasione di essere arrestati  violando apertamente una legge, coinvolgendo poi il tuo Stato e il tuo governo in un incidente diplomatico internazionale, è chiaro o non è chiaro? E ne chiediamo conto a Mario Calabresi a Corrado Formigli e in generale alla stampa tutta nonché anche al Primo ministro Meloni e al Ministro degli Esteri Tajani.

l’Iran poi coglierà questa occasione per imporre uno scambio di persone in stato di arresto nei rispettivi paesi come si ventila da giorni a reti unificate? Possibilissimo, ma se lo farà lo farà grazie a un dono inaspettato cadutogli fra le mani , ovvero la consumazione spettacolare di un reato, spettacolare nel senso attraverso il mezzo della stampa, ma questo è un altro paio di maniche, si tratterà in quel caso dell’uso strategicamente legittimo, siamo in guerra, di  una finestra strategica apertasi per l’Iran solo e unicamente grazie al comportamento di Sala che ne è completamente responsabile, o forse meglio sarebbe dire completamente irresponsabile.

Se Cecilia Sala, fortunatamente figlia di un importante signore ai vertici nel settore economico bancario internazionale che si chiama Renato Sala, non avesse irresponsabilmente e infantilmente violato la legge sul velo, nella sua importante posizione di giornalista di una grande potenza occidentale, e si fosse comportata da professionista, non avrebbe mai offerto questa ricca occasione a nessuno, nessuno avrebbe potuto usarla come oggetto di scambio in un potenziale  baratto di prigionieri dei poteri giudiziari dei due Stati coinvolti, che ci è ventilato dalla stessa stampa ipovedente che non ha visto la consumazione del reato di Sala.

Nessuno avrebbe potuto arbitrariamente arrestarla, soprattutto, ne si sarebbe permesso  come tutti in Italia affermano sia stato fatto, dimostrando questo atteggiamento  che non è solo Cecilia Sala ad essere infantile, nell’aver fatto quello che ha fatto, ma un intero sistema della stampa mainstream e spesso anche di quella cosiddetta alternativa.

Cecilia Sala è stata arrestata unicamente perché ai sensi della legge iraniana ha commesso un reato che si presta, purtroppo,  anche a interpretazioni molto gravi, ripetiamo il passaggio: “Ai sensi dell’articolo 36, chiunque promuova una cultura di nudità, immodestia e svelamento in collaborazione con entità straniere può essere condannato a 5-10 anni di prigione”. Si parla di 10 anni di prigione comminabili. Non so se qualcuno riesce a rendersi conto.

Il    Presidente Mattarella ha citato la Sala nel suo discorso ma, volendo ottenere un risultato pedagogico,  che gli compete istituzionalmente,  avrebbe dovuto a mio avviso  essere altrettanto rigoroso, parlandone,  nel chiedere il rispetto della legge da parte dei cittadini italiani negli altri Stati,   come quando lo chiede in Italia.

Nessuno ha avuto fino ad oggi il coraggio di assumersi la responsabilità del gravissimo errore della giornalista italiana di aver violato la legge iraniana in diretta giornalistica?

Pare di no,  si leggono solo retoriche su retoriche, infantilismo a palate, sulla libertà di giornalismo violato, che non ha nulla a che vedere con l’arresto di Sala, la quale, repetita iuvant , ha violato la legge dello Stato iraniano in pubblico, in una diretta concordata, usando l’opportunità datale dal visto da giornalista, concessole dalla autorità iraniana, che quindi, contrariamente a quanto si sta dicendo in questi giorni , le ha pienamente riconosciuto con ciò il diritto di giornalismo, ovviamente nel rispetto della legge iraniana,  e la ha violata la legge, invece che concentrarsi sul fare  molto seriamente la giornalista, per fare l’attivista politica sulla questione delle donne e del velo, e ovviamente non essendo iraniana, lo ha fatto inconfutabilmente nei panni di un agente straniero. Agente, nel senso di chi essere colei che agisce.

È un dato oggettivo.

Cosa avrebbe potuto fare la nostra giornalista di alternativo per onorare la libertà di stampa e anche sostenere le donne iraniane coinvolte in quella lotta di liberazione dei costumi, magari cominciando ad interessarsi anche delle donne che in Arabia Saudita vengono lapidate vive e non solo delle iraniane che non posso togliere il velo?

Cecilia Sala avrebbe tranquillamente potuto stare in Iran, dove era autorizzata a farlo da un visto giornalistico, come ci ha tenuto a sottolineare Mario Calabresi poche sere fa, a In Onda, e dunque, e in questo consiste il giornalismo, poteva usare il tempo per osservare attentamente, studiare, indagare, riflettere, domandare,  e tornata in Italia, al sicuro, scrivere pezzi importantissimi in totale libertà di stampa, anche sulla questione del velo.

Allora avremmo avuto davanti una professionista. Ma, personaggio carino fra i tanti del circo mediatico, dalla società dello spettacolo e cresciuta anche in ambiente privilegiato; oltre a figlia di cotanto padre, come abbiamo pocanzi ricordato, anche amica di scuola della figlia di Massimo Giannini, come ci ha tenuto a farci sapere egli stesso, sempre a In Onda nella stessa puntata con Calabresi, Cecilia Sala ha preferito o non ha saputo fare altro, o , terza ipotesi , ha ritenuto fosse una grande occasione da non perdere per nulla al mondo , che spettacolarizzare il suo viaggio con una sfida in diretta alla autorità iraniana in violazione della legge di quello Stato, e con il suo comportamento provocatorio si è fatta arrestare, mettendo se stessa in pericolo e soprattutto mettendo in grave imbarazzo diplomatico il proprio paese, che ora deve piatire la sua liberazione strisciando  ai piedi della teocrazia iraniana, e probabilmente rilasciare qualcuno in cambio della sua liberazione, sempre che gli USA, magari chiedendo in segreto una salata contropartita all’Italia, lasceranno un po’ di corda al governo.

La libertà di stampa in questo frangente non è stata calpestata dall’Iran, piuttoso è stata gettata alle ortiche da Cecilia Sala con una provocazione che non ha nulla a che vedere con la stampa.

Non ci sono altre questioni da valutare su questo arresto se non quella di una persona che si è dimostrata nel migliore dei casi, qualora non avesse invece deliberatamente voluto cogliere l’opportunità di una straordinaria moltiplicazione di fama che ciò le avrebbe portato, ma si fosse solo dimostrata in una disarmante e infantile ingenuità,  assolutamente non all’altezza del ruolo, e che, evidentemente, è stata anche  irresponsabilmente mandata dai suoi datori di lavoro senza la sufficiente preparazione politico-legale in un paese a regime teocratico, in un momento storico di massima tensione internazionale, in cui siamo tutti sempre più vicini, anche grazie a una stampa infantile e incapace di assolvere al suo mandato storico di lavorare per gli elettori invece che per gli eletti, per i governati invece che per i governanti, in questo caso il potere del Pentagono, a precipitare dal bordo nell’abisso su cui ci troviamo, giornalista Sala la quale si è ficcata in un speriamo non troppo grosso  guaio con le sue sole mani.

Gli iraniani, come abbiamo già detto, forse ora coglieranno la ghiotta opportunità di avere una persona per eventuali scambi di detenuti, ma fondamentalmente non hanno fatto altro che arrestare in flagranza di reato una persona che stava violando la legge.

Come fanno spesso con qualsiasi altra persona, anche se sulla questione del velo spesso le forze di polizia si vocifera che lascino correre, ma anche questo è un altro paio di maniche.

Quindi ribadisco la libertà di stampa non centra nulla in questa vicenda.

Tentare di spacciare questa vicenda per un attentato alla libertà di stampa e la Sala per una eroe della libertà di stampa è mistificazione altamente diseducativa e infantilismo sistemico, ed è anche controproducente ai fini di un happy end.

Abbiamo visto in apertura il video dove Cecilia Sala, ingerendo in una grave vicenda interna dell’Iran, al di la dei giudizi di merito sull’Iran, sul regime, sulle sue leggi, viola apertamente e pubblicamente una legge dello stato, quindi attentando politicamente alla autorità iraniana, da straniera, quindi agendo come straniera, quindi da agente straniera, rendendosi passibile di essere condannata fino a dieci anni di Galera.

La nostra stampa che continua ad accusare gli iraniani di averla arresta arbitrariamente, solo perché sarebbero dei perfidi ricattatori di natura, sicuramente non sta giovando alla formazione delle idee e delle convinzioni di chi nella magistratura iraniana e nel governo dovrà interpretare la legge riguardo al reato da ella consumato.

Una ammissione di fatti nudi cosi come sono avvenuti, cioè che la Sala ha violato la legge di quello Stato e che la legge iraniana ha dignità di legge tanto quanto le nostre leggi, accompagnati con  delle scuse del governo per un comportamento trasgressivo della legge iraniana da parte di Sala, che essendo stato filmato e trasmesso urbi et orbi è impossibile da negare, anche se gli iraniani per ipotesi lo volessero, tranne che per la nostra stampa capace di tutto, potrebbe forse risolvere la crisi velocemente con un perdono giudiziario anche se in presenza di uno scambio. Viceversa, ironia della sorte, Sala, che ne aveva parlato in modo tranciante,  potrebbe diventare un sorta di caso Marò, con i tempi infiniti di quella vicenda.

Se, risparmiandole un grave trauma, in tempi brevi si vuole riportare a casa la ragazzina che non ha saputo gestire quella situazione gettandosi a capofitto in un reato che tocca l’identità fondamentale di una repubblica islamica, sarebbe meglio non esacerbare i rapporti tesi con continue esternazioni a mezzo stampa e dichiarazione politiche pubbliche di disprezzo per l’Iran per aver applicato le sue leggi in presenza di un reato consumato a mezzo stampa internazionale sotto gli occhi della comunità mondiale, soprattutto in questo momento storico in cui, dato lo scenario di guerra mondiale o globale, Stati come l’Iran ormai hanno poco da perdere dalla esacerbazione dei rapporti diplomatici con Stati membri della NATO, e potrebbero non andare più tanto per il sottile, con conseguenze molto pesanti per Cecilia Sala.

APPROFONDIMENTO CARICATO IL 5 GENNAIO 2025 INTERVISTA SULL’ARTICOLO


FINE


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    David Colantoni è poeta, scrittore, saggista pittore e artista visivo. E' autore della rivista Nuovi Argomenti, fondata da Alberto Moravia, della rivista Fermenti, e altre testate. Ha fondato e diretto il mensile di pensiero e letteratura Lettere dalla Frontiera. Insieme ad Aldo Rosselli, figlio dello storico del risorgimento Nello Rosselli e Nipote di Carlo Rosselli, di cui è stato amico e allievo per quasi 30 anni, ha fondato nel 1999 il quadrimestrale di cultura Inchiostri.  Per il cinema ha sceneggiato "Io, l'altro" 2007 , di Moshen Melliti. distribuito da 20th Century Fox. La sua Ultima esposizione come artista è avvenuta al Moscow Museum of Modern Art a giugno del 2015

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David Colantoni è poeta, scrittore, saggista pittore e artista visivo. E' autore della rivista Nuovi Argomenti, fondata da Alberto Moravia, della rivista Fermenti, e altre testate. Ha fondato e diretto il mensile di pensiero e letteratura Lettere dalla Frontiera. Insieme ad Aldo Rosselli, figlio dello storico del risorgimento Nello Rosselli e Nipote di Carlo Rosselli, di cui è stato amico e allievo per quasi 30 anni, ha fondato nel 1999 il quadrimestrale di cultura Inchiostri.  Per il cinema ha sceneggiato "Io, l'altro" 2007 , di Moshen Melliti. distribuito da 20th Century Fox. La sua Ultima esposizione come artista è avvenuta al Moscow Museum of Modern Art a giugno del 2015

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