Si fa chiamare “L’Opinionista Scalza”, ma nell’ultimo mese questa blogger torinese (il cuo nome reale è Simona Corsaro) che si autodefinisce “debunker” si è guadagnata con gran (de)merito il nuovo nomignolo di “Scarsa”, o “La Scarsa”. Negli anni ha provato a ritagliarsi un ruolo da anti-bufale attaccando no-vax, complottisti ed altre figure del sottobosco internettiano. I risultati sono modesti, in termini di numeri, ma preoccupanti se consideriamo le pratiche messe in atto per colpire gli avversari trovati di volta in volta.
Ed è proprio per questo che ho deciso di dedicarle un approfondimento, per descriverne i metodi persecutori e diffamatori messi in campo (insieme ad una piccola ma molto molesta claque composta per lo più da account fake), le maldestre operazioni di delegittimazione seguite poi da ancor più maldestri dietrofront; con goffe ammissioni di colpa in seguito ai numerosi e grossolani errori commessi durante i dilettantistici tentativi di character assassination.
Tentativi che utilizzano anche ritorsioni trasversali che colpiscono clienti, datori di lavoro, collaboratori, soci ed ex soci della vittima designata, con pubblicazione ossessivo/compulsiva di articoli e post denigratori, per lo più negando il diritto di replica ai diffamati e censurando/bannando (oltre che esponendo al pubblico ludibrio) chiunque osi prendere le loro difese sui vari account social gestiti dalla wannabe debunker.
Analizzeremo dunque nel dettaglio il “metodo Scalza”, dimostrando quanto pericolosa e come detto molesta possa essere l’azione messa in atto da una persona che si sente per altro “schermata” dall’anonimato. Lo faremo qui, con questo approfondimento scritto ed anche sul canale Youtube di Fufflix, con un video ad hoc poi embeddato all’interno dell’articolo che state leggendo.
L’INIZIO DELLA PERSECUZIONE: IL METODO SCALZA
Per ricevere le attenzioni ossessive della Scarsa, basta in realtà poco: un’idea divergente dalle sue o anche un semplice invito ad utilizzare la parte razionale del cervello nell’analizzare dei dati statistici connessi ad un fenomeno specifico. Nel caso dello scrivente, questi due mesi durante i quali sono stati prodotti addirittura 8-9 articoli diversi e decine di post tra Facebook ed X, è bastata una live sui reali numeri del femminicidio.
Circa 10 articoli e decine di post, dicevamo, dove la Scarsa (a scopo meramente ritorsivo) ha portato avanti una sistematica e violentissima azione persecutoria, volta a demonizzare la vittima designata, solo per la semplice correzione di un dato e l’invito a non farsi guidare dalla parte emotiva del proprio cervello.
“Ometto misogino”; “incel“; “giornalista con tesserino preso con i punti della Dixan” e “narcisista patologico” sono solo il primo disgustoso antipasto di fango presentato in maniera diretta da questa pessima cuoca di minestre riscaldate (di fatto rimesta per lo più fatti già pubblici irrilevanti, rivelati dalla vittima stessa o da altri molto prima di lei).
Il grosso della grave azione diffamatoria, con tanto di repliche negate tramite ban del profilo dalla fanpage di Facebook, è però avvenuto tramite illazioni, insinuazioni, riferimenti costanti atti a presentare il sottoscritto come un seriale propagatore di “frottole”, un imprenditore incapace e “poco etico”, un giornalista dalle scarse o nulle competenze professionali ed un odiatore di donne.
LE ILLAZIONI DELIRANTI DELLA SCALZA/SCARSA
Il metodo Scarsa può essere ben sintetizzato con questo screen, dove ho sottolineato tutti i subdoli riferimenti che la blogger fa per indurre il dubbio che ci sia qualcosa di losco, di marcio, di poco lecito e comunque poco trasparente/etico nella persona che ha preso di mira. Qui risponde ad un mio commento, dove la paragono al pluripregiudicato Matteo Saba, per l’approccio ossessivo ed le modalità diffamatorie utilizzate.
Da notare i riferimenti specifici accuratamente elencati per insinuare il dubbio nel lettore, in particolare in chi non conosce o conosce molto poco la vittima: “mille mila società” (in realtà le società da me co-fondate negli ultimi 12 anni sono appena 5, di cui solo 3 nei primi 10). I “cookie banner inesistenti” riguardano il sito di una società connessa ad un mio ex socio (sic!) e con la quale non ho mai neppure collaborato, gli “autonoleggi a protestati” (so che è difficile trattenere le amare risate, a questo punto), li avrebbe ricollegati al fratello di un mio ex socio/cliente. In realtà, però, oltre a non essere chiaro cosa ci sarebbe di illegale/immorale nel fornire noleggi anche a protestati, l’informazione è al solito imprecisa e capziosa, perché si tratta di un brand in franchising, dunque non di proprietà della persona fisica ma concesso in licenza e con politiche promozionali gestite direttamente dal franchisor (di fatto, è come accusare il gestore di un McDonald’s per il materiale pubblicitario passatogli dal marketing della multinazionale americana).
In merito al riferimento “peloso” alla Guardia di Finanza, la scarsa riprende un banale controllo a campione effettuato dalla GDF su una società che ho aperto a gennaio 2023 (Phoenix edit srl) per verificarne l’effettiva attività. Controllo per altro finito in brevissimo tempo e con esito positivo, come io stesso ho specificato raccontando l’accaduto, che mai sarebbe divenuto di pubblico dominio se non fossi stato io a parlarne.
GLI ATTACCHI ALLE AZIENDE CLIENTI
Ma non è finita qui, ovviamente. Anzi, abbiamo appena iniziato il tour nel freak show imbastito dalla signora Corsaro: come dicevamo, la tizia torinese che camminando scalza ha pestato un bel po’ di vetri rotti (da lei stessa), oltre a storpiare il mio cognome per suggerire una mia forma di generale limitatezza mentale, si è anche prodigata di attaccare/sminuire le attività con le quali collaboro o che ho lanciato. Sotto i due esempi
Nella prima immagine, come visto, inizia con un puerile gioco sul cognome. Subito dopo, passa a sminuire ed attaccare la cooperativa Sant’Anna 1984 con la quale ho l’onore ed il piacere di collaborare da fine 2022, definendola come “una squadra di badanti dell’est” (falso, per altro, perché i lavoratori e le lavoratrici dell’est superano di poco il 20% del totale, in Sant’Anna). Stoccata anche a Solo Affitti Spa, franchising con il quale ho aperto un punto vendita su Aversa, sostenendo di avere “qualcosina da ridire” sulla “correttezza negli annunci in generale a livello italia“. Sempre rimanendo sul vago, senza mai spiegare per altro in che modo eventuali annunci censurabili a livello nazionale e quindi prodotti da terzi, sarebbero responsabilità del sottoscritto. In generale, poi, la debunker ci dovrebbe spiegare cosa starebbe debunkando con questi polpettoni ripieni di vacue considerazioni al sapore di aria fritta. “Ma vabbè non divaghiamo” (cit).
MISTIFICAZIONI ED ERRORI DA DEBUNKER SCARSA
Come dicevamo, però, il dilettantismo unito all’odio cieco genera autentici mostri e distrugge la già claudicante reputazione di chi prova ad ottenere visibilità infangando il prossimo, rigorosamente in anonimo. Di seguito vi presentiamo una deprimente quanto clamorosa collezione di marchiani errori e scomposti attacchi realizzati dalla wannabe debunker torinese.
1. Il conteggio errato di un prestito ottenuto da una delle società da me co-fondate (e da me non più amministrata da aprile 2023): la tizia ha invertito le cifre tra ammontare già restituito ed ammontare ancora da restituire, come ha dovuto poi ammettere. Preciso: il prestito è stato correttamente e regolarmente gestito fin quando il sottoscritto ha amministrato la società e, ogni eventuale ritardo o mancata restituzione di tutto o parte del restante non è (ovviamente) a me imputabile. Per altro, la messa in liquidazione serve proprio per vendere eventuali asset ancora valorizzabili, raccogliere tutto il denaro possibile ed appunto liquidare i creditori. Se si pensa che il liquidatore non stia agendo in maniera corretta, occorrono (naturalmente) le prove. Altrimenti, torniamo all’aria fritta con polpettone indigesto.
In ogni caso, una vera debunker, si sarebbe presa la briga, magari, di contattare Evenfi (ex Criptalia) per appurare un fondamentale dettaglio, chiedendo come mi sono sempre comportato nella gestione del finanziamento fin quando ho avuto io in gestione l’azienda. Sarebbe stato il minimo, no? Anche per confermare la tesi che mi vorrebbe come bieco gaglioffo pronto a “fare impresa con i soldi degli altri“, arricchendosi impropriamente ai danni di poveri investitori gabbati.
2. Sostiene che, sempre la società Nextus srl, abbia raccolto oltre 140.000 euro in “crowdfunding” sulla piattaforma Crowdfundme, ma anche questa è una grossolana fregnaccia, che dimostra tutta l’approsimazione e l’assenza di competenza anche solo di base della signora Corsaro nell’affrontare determinati temi. Come facilmente intuibile anche leggendo superficialmente e rapidamente i numeri riportati in chiaro sulla stessa pagina di raccolta, a fronte di un obiettivo minimo pari a 200.000 €, siamo riusciti ad ottenerne solo poco più di 140.000 dagli investitori. Ora, come sa chi sa di cosa parliamo (o almeno studia prima di parlarne lanciando accuse), quando si realizza una raccolta in ecf, ergo un aumento di capitale con minimo inscindibile (in questo caso i 200.000 euro citati), se non si raggiunge quel minimo l’aumento non viene realizzato e tutti gli investitori vengono rimborsati, solitamente entro una settimana dallo scadere del termine fissato per la raccolta. In soldoni: Corsaro mi accusa senza alcuna motivazione di aver raccolto 140.000 euro, come se la cosa rappresentante una sorta di reato, illecito o comunque azione da condannare, quando l’unico elemento semmai interessante è che non abbiamo raggiunto l’obiettivo e nell’operazione ci abbiamo dunque perso solo tempo e denaro. Motivi? Campagna lanciata praticamente il giorno prima che scoppiasse la guerra in Ucraina (con crollo dell’80% delle raccolte in ECF a livello europeo per i successivi mesi) e obiettivo minimo troppo alto rispetto al precommitment disponibile (ovvero la quota già pronta da investitori prima ancora dell’apertura ufficiale della campagna).
3. Accusa di aver prima cancellato e poi ripubblicato il video sui femminicidi che ho linkato sopra e che è ragione primaria di questa peresecuzione. Salvo poi dover ammettere l’errore marchiano, a quanto pare (vedi screen di seguito) anche commesso in malafede, per i motivi ben spiegati da un utente che è stato immediatamente censurato e bannato. Più in basso approfondiremo anche il vile, reiterato e violento attacco alla collega Charlotte Matteini che potete intuire già da questo primo screen di seguito.
Naturalmente, a correndo dell’acidula ammissione di un errore tanto grossolano, la scarsa allega i consueti riferimenti al dossieraggio nei miei confronti e le altrettanto consuete considerazioni diffamatorie, dipingendomi di fatto come un contaballe seriale ed inaffidabile, che merita dunque un pregiudizio negativo costante e che sarà presto destinatario di altri articoli “rivelatori” di chissà quali oscuri e scomodi segreti non ancora svelati.
Ma non è finita qui, perché la nostra “onesta e trasparente” signora che prova a nascondersi nell’anonimato, ne combina una ancora più grossa: scoperta da un utente che rivela il suo probabile maldestro tentativo di modificare il link in modo da far risultare il video su Youtube non disponibile, si precipita a censurare e bannare quest’ultimo (che però intanto aveva fatto uno screenshot). Curioso che, poco sotto, in totale regime di proiezione, accusi la stessa Matteini di aver cancellato alcuni commenti su Tik Tok.
L’ATTACCO A CHARLOTTE MATTEINI
Ma se pensate che il circo degli orrori sia finito qui, in realtà debbo dirvi che il meglio del peggio deve ancora venire. Come abbiamo premesso, infatti, lo “schema scalza” prevede l’ostinato tentativo di far terra bruciata intorno alla vittima, molestando nel caso dello scrivente anche i giornalisti con cui esiste un rapporto professionale (e di stima). Nel caso specifico, la signora scarsa e la sua mini-claque si sono scagliati persino contro la collega Charlotte Matteini, che da metà gennaio è entrata a far parte della nostra redazione ed ha già realizzato la prima inchiesta, sia qui che sul nostro canale Tik Tok.
I commenti, gli insulti e le illazioni rivolte alla collega sono l’ennesimo, eclatante esempio di attacco squadrista organizzato dalla blogger di torino e dai suoi pochi ma molesti lettori.
“Francia o Spagna basta che se magna”; “assoldata”; “hai parecchio bisogno di lavorare”, oltre alle solite falsità (come l’accusa di aver cancellato i commenti) che poi richiedono una mesta ed imbarazzante rettifica.
La scarsa pare per altro non imparare dai suoi errori appena commessi, magari (auto)convinta di essere comunque nel giusto anche quando le sue grossolane imprecisioni possono gravemente diffamare/far soffrire il soggetto preso di mira, qui addirittura reo di lavorare per un giornalista che sui femminicidi ha semplicemente fatto ciò che ogni cronista dovrebbe fare: riportare la verità, al di là della propaganda. Non certo per negare il fenomeno, ma per inquadrarlo nella maniera corretta, non inserendo ad esempio nel conteggio anche gli omicidi di donne verso altre donne o quelli commessi durante un tentativo di rapina. In ogni caso, non servirebbe sottolineare la follia di un simile atto ritorsivo e persecutorio anche se il sottoscritto avesse detto e/o scritto cose censurabili sul tema.
Da notare, nel terzo screen in alto, l’ennesimo riferimento denigratorio rivolto alla mia persona, con l’augurio che per Matteini non ci saranno brutte sorprese e “l’ennesimo buco nell’acqua“, oltre che compensi non erogati e abbandoni in caso di “guai giudiziari” della collega. A far intendere, naturalmente, che queste dinamiche siano la prassi per chi lavora con me (e, ancora, la debunker non è stata capace di trovare un solo ex collaboratore in grado di confermare queste odiose accuse).
ULTIME CHICCHE DI CACCA: IL REATO DI REGIME FORFETTARIO!
Come visto, la produzione della scarsa è simile ad una incontenibile diarrea in forma scritta: una marea di parole melmose prodotte senza alcun freno e controllo, che emanano un insopportabile tanfo di cialtroneria, improvvisazione, ignoranza, mistificazione, moralismo della peggior specie e dilettatismo.
Tanta (troppa) quantità, ma qualità mancante. Tra le ultime perle che spiccano su questa montagna di letame che però non è utile neppure come fertilizzante, è opportuno riprendere una delle più recenti, con riferimento alla società editrice di questo giornale online ed al codice ATECO utilizzato. Citazione letterale da una delle sue ultime fatiche pubblicate sul blog:”Però il 58.19 è l’unico, dei codici ATECO dell’editoria, il quale permette di godere del regime forfettario: ovvero tasse più basse. Con una flat tax ridotta ad addirittura il 5% nei primi 5 anni di attività“.
Qui, l’accusa, sarebbe quella del ricorso (veramente da ergastolo, va ammesso) al regime forfettario ed in particolare a quello con tassazione del 5%, valido per altro solo per le nuove partite iva che non siano società a responsabilità limitata. Fuor di delirio, non si capisce neppure quale sarebbe il reato, l’illecito o anche solo la scelta immorale operata da chi decide di godere di tale regime fiscale agevolato.
In ogni caso, anche questa affermazione, è cartina tornasole dell’avvilente e deprimente incompetenza di questa signora e della sua inesistente attitudine al lavoro di “debunker”, visto che né young srl (società cessionaria del ramo d’azienda) né mastino srl (società acquirente) potrebbero mai adottare alcun regime forfettario, essendo appunto srl. Pensate: per scoprire questa informazione nota per altro a qualsiasi persona minimamene informata in materia, sarebbe bastata una ricerca su Google e non oltre 30 secondi di approfondimento.
In sintesi e concludendo, dunque, nonostante la mole impressionante e molesta di articoli prodotti su chi vi sta scrivendo e le innumerevoli accuse accompagnate ad illazioni, dico/non dico ed altre subodole strategie denigratorie tipiche di chi usa macchine del fango per colpire sul personale chi non sa/può contestare nel merito delle argomentazion indesiderate, questa aspirante debunker si è in realtà “debunkata” addosso, sporcandosi tutta ed esponendosi (da sola) al pubblico ludibrio. La classica cyberbulla, insomma, che volendo fare lo sgambetto fa “piede e piede” e cade da sola, finendo con la faccia nel fango che però nel frattempo aveva comunque propagato ovunque. Poi, invece di prendersela con se stessa, si arrabbia a morte con chi si è limitato a schivare i suoi colpi scorretti e a sottolinearli.
L’altro aspetto grave a parere dello scrivente, è che questa signora si è costruita una bolla dove chiunque osi criticarla viene nella migliore delle ipotesi bannato all’istante e, nella peggiore, bannato ed esposto al branco con post e fotomontaggi ridicolizzanti, anche per mesi, senza alcun freno e con un pericoloso senso di impunità.
Da oggi, comunque, chiunque sarà oggetto delle odiose angherie e delle ossessive attenzioni moleste di questa tizia covinta di essere anonima ma in realtà già individuata, potrà linkare questo unico approfondimento che da solo sgonfia il castello di carte (igieniche) costruito, dimostrando quanto poco sia affidabile e professionale il suo lavoro.
Non è giornalista, non è debunker: sa soltando quello che non è (cit).