Quello che è scaduto lo scorso 30 aprile in teoria ha rappresentato l’ultimo spesometro, anche se a ben vedere bisogna tenere in considerazione anche la scadenza del prossimo 30 settembre relativa alle fatture che sono state emesse e sono arrivate lo scorso anno ma sono state detratte nel tempo supplementare messo a disposizione dalla tredicesima liquidazione, sempre che siano state annotate entro il 30 aprile. La fatturazione elettronica, a causa di una formulazione a dir poco infelice come quella della legge n. 205 del 2017 al comma 916, si applica per le fatture che sono state emesse dal 1° gennaio in poi, ma non per le operazioni che sono state eseguite da questa data. Al contempo, l’abrogazione dello spesometro è prevista sempre a partire dal 1° gennaio.
Lo spesometro è destinato a sparire?
Questo non vuol dire, in ogni caso, che tale strumento sia in procinto di scomparire in modo definitivo; semplicemente esso permane su base trimestrale, anche se in proposito le scadenze non sono ancora chiare, e il suo scopo sarà quello di tenere controllati gli acquisti di piante officinali spontanee e di prodotti selvatici non legnosi come i tartufi e i funghi.
Le criticità del nuovo adempimento
Come si può intuire, il nuovo adempimento si caratterizza per alcune criticità che devono ancora essere risolte: tra queste c’è la scadenza ravvicinata della periodicità mensile, visto che si tratta del termine del mese seguente. L’emendamento 2.6 della relatrice Ruocco al progetto di legge 1074 rappresenta comunque un segnale positivo da questo punto di vista, in quanto mantiene la scadenza entro la conclusione del mese seguente ma propone il riposizionamento dell’adempimento su base trimestrale. Il passo in avanti è evidente, perché le scadenze non sarebbero più 12 ma 4; tuttavia il pericolo che si profila all’orizzonte è quello di non vedere assorbite in modo ottimale le difficoltà che la gestione del ciclo passivo comporterà.
I problemi nella gestione del ciclo passivo
La presenza di acquisti da non residenti, come quelli che vengono eseguiti tramite Internet, in molti casi viene intercettata tramite l’analisi delle carte di credito e degli estratti conti di banca: tali strumenti, però, non sempre possono essere recuperati in tempi rapidi o comunque sono disponibili nell’immediato. Tali criticità si riscontrano sia negli studi professionali, con la tenuta della contabilità in outsourcing, sia nelle amministrazioni delle imprese meno strutturate. C’è da sperare, insomma, nel subemendamento 0.2.6.1 che parla di una sola scadenza, su base annuale, come per altro è stato richiesto da Confapi, da Confindustria e da Confimi.
La gestione del ciclo attivo
Dall’altro lato, va segnalato per dovere di onestà che la gestione del lato attivo si dimostra meno critica, in quanto sono pochi i soggetti che non hanno ancora adottato la fatturazione a intero ciclo attivo. Essa costituisce una realtà ormai consolidata, almeno per coloro che emettono le fatture in proprio. Insomma, la fatturazione elettronica viene scelta sia quando i documenti devono essere trasmessi a residenti sia quando essi sono destinati a non residenti, dato che l’Agenzia delle Entrate con un provvedimento ad hoc ha permesso di evitare l’esterometro attivo.
A chi serve l’esterometro?
Quali sono, dunque, i soggetti obbligati all’esterometro? Per individuarli è sufficiente fare riferimento al d. lgs. n. 127 del 2015, e in particolare al comma 3 bis dello stesso. L’obbligo coinvolge i soggetti passivi Iva che sono stabiliti o residenti nel territorio dello Stato, esclusi i forfetari e i minimi. Sono esclusi anche i soggetti identificati in Italia ma non stabiliti e coloro che, con proventi fino a 65mila euro, applicano il regime della legge n. 398 del 1991. Ci sono alcuni dubbi, a dir la verità, sugli operatori sanitari, a cui è vietato emettere fattura elettronica. Ulteriori perplessità coinvolgono gli agricoltori in regime di esonero, poiché per loro la fattura elettronica è emessa dal cessionario in self billing.
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