Ha fatto molto discutere la campagna anti-Kinder lanciata dal movimento tedesco xenofobo che risponde al nome di Pegida. Molto attivo (e seguito) sui social, per fortuna, il “movimento” razzista non ha per ora lo stesso successo in termini elettorali, pesando molto poco alle urne e dimostrandosi per lo più uno sfogatoio digitale per individui che soffrono di un ritardo mentale medio-grave.
Tuttavia, le reazioni indignate alla nuova campagna lanciata per celebrare i giocatori della nazionale tedesca e la multi-culturalità, sono state molte ed hanno fatto capire quanto il clima d’intolleranza, paura ed ignoranza sia purtroppo un dato di fatto tra certe frange della popolazione (alle quali andrebbe tolto il diritto di espressione e di voto). Un clima che non può e non deve essere sottovalutato, per evitare altre elezioni quasi vinte dagli ultra-conservatori propositori di muri inumani contro esseri umani, come stava avvenendo solo pochi giorni fa in Austria.
Diverse persone, infatti, annebbiate da una demenza che sarebbe riduttivo definire semplicemente come “razzista”, erano insorte contro la decisione di Kinder di eliminare momentaneamente il noto bimbo di “razza ariana” dalle confezioni, per lasciare spazio ai volti dei calciatori che oggi compongono la nazionale tedesca. Queste persone, infatti, accecate appunto dal proprio ritardo cognitivo e dai propri pregiudizi, si erano convinte che quei bimbi con la pelle nera sulle confezioni rappresentassero una celebrazione di etnie non propriamente teutoniche.
Essendo infatti le barrette Kinder destinate ad un target molto giovane, si è pensato di utilizzare le foto che ritraevano gli sportivi da bambini. Nel caso specifico, a generare le deliranti accuse di “islamizzazione”, i visi non propriamente biondi con occhi azzurri di Jerome Boateng e Ilkay Gündogan, due tra i numerosi figli d’immigrati che hanno reso la Germania calcistica una corazzata in grado di vincere i mondiali di calcio 2014, asfaltando storicamente uno sconclusionato Brasile. Ma per il minorato medio basta un viso un po’ più scuro e scatta la connessione: islamico, quindi terrorista, quindi un pericolo da abbattere. Un’associazione automatica che fa apparire i cani di Pavolov come premi Nobel.
E proprio i tedeschi, negli ultimi anni, hanno accolto milioni di immigrati (e rifugiati) provenienti dai paesi poveri e da quelli sconvolti dalle guerre. Gli attentati in Francia ed in Belgio e gli episodi di violenza recenti, con lo “stupro di massa” di Colonia raccontato con grande enfasi (e tante imprecisioni) da ogni quotidiano germanico ed estero, hanno però aumentato considerevolmente la diffidenza nei confronti degli stranieri. Addirittura, il 70% dei tedeschi, stando ad un sondaggio recente, si è detto convinto che accogliere altri rifugiati (quindi non indiscriminatamente qualunque immigrato) sia direttamente collegato ad un incremento della criminalità e della micro-criminalità.
LA VIDEO-RISPOSTA DI AMNESTY
Con grande tempismo, fortunatamente, rifacendosi ad un esperimento condotto 20 anni fa da uno psicologo americano, Amnesty ha realizzato un video semplice quanto di grande impatto emotivo. In pratica, cittadini europei di diverse nazionalità, sono stati messi a contatto diretto con alcuni rifugiati siriani. I soggetti dovevano guardarsi negli occhi per 4 minuti, ovvero l’intervallo di tempo che, stando all’esperimento citato, è utile a creare un primo legame tra due perfetti sconosciuti.
Le persone potevano parlare e raccontarsi, o semplicemente fissarsi in silenzio. C’è chi ha scherzato con il suo interlocutore, chi non ha detto una sola parola, chi si è commosso. Lontani dal facile buonismo di cui i cattivisti da tastiera accusano troppo spesso chi semplicemente non vuole dimenticarsi della propria umanità e, soprattutto, delle proprie co-responsabilità per la sofferenza patita da popoli molto più vicini di quanto si possa pensare, il filmato è diventato immediatamente virale ed ha raccolto (nel momento in cui scriviamo) circa 55.000 condivisioni ed oltre 3 milioni di visualizzazioni. Circa 2000 sono stati invece i commenti.
Una risposta dolce ed al contempo molto potente al cattivismo di certa Europa malata anche di egoismo, ipocrisia ed ignoranza; divenuta con il tempo un mero contenitore di moniti economico-finanziari ossessionati da debito e pil e dimentichi di ciò che in questo video spicca più di ogni altro dettaglio: gli occhi delle persone, con le loro storie, i loro dolori, le loro legittime paure e le loro ancor più legittime speranze. L’allerta deve rimanere altissima, il terrorismo non lo si sconfigge con il buonismo e di questo ogni persona di buon senso è persuasa. Sì a controlli rigorosi alle frontiere, ad un coordinamento comunitario credibile e solido, che possa garantire sicurezza ai suoi cittadini autoctoni e a chi, da fuori, non viene per farsi saltare in aria ma perché gli è saltata in aria l’esistenza. No deciso e secco ad ogni altra barriera sia ideologica che fisica, che ricorda solo paure ma si dimentica delle persone.
Il video potete vederlo di seguito, o direttamente su Facebook cliccando qui