“Salve, sono Bill Right, consulente riduzione costi!”: è questa la frase che da anni, ormai, saluta il pubblico dello spot della Polo Volkswagen. E la storia è che c’è questo prototipo umano – scelto appositamente per rappresentare il funzionario qualunque, stempiato, grassoccio, fisicamente trascurabile – che arriva e fa del bullismo retorico e intellettivo ai danni degli integerrimi ingegneri che firmano il veicolo.
La sua missione è ridimensionare al massimo le spese e aumentare il prezzo della macchina. Ma il gota della casa automobilistica è irremovibile: non si può rinunciare a nulla, cazzo! Non si può rinunciare al rilevatore di stanchezza, alla solidità delle cerniere, alle barre di protezione. A niente, oh! E non si può aumentare il prezzo, che comunque è già de 22 milioni de lire… voglio di’…mica poi tanto regalata. Ma in Volkswagen sono così: danno tutto e vogliono molto poco indietro, giusto quello che serve per ripagasse delle spese. E come può l’acquirente essere così ingeneroso da comprarsi una Volvo? Come, come? E come…boh, non si sa. Infatti il consumatore medio ogni volta, dopo aver visto la pubblicità, sarà uscito di casa e si sarà andato a comprare una Polo: la riconoscenza è ancora un valore a questo mondo. E il fenomeno si sarà ripetuto per milioni e milioni di volte, tanto era efficace la campagna messa in piedi. Talmente tante volte da garantire prebende succulente ai pubblicitari autori della réclame che avranno festeggiato regalandosi vetture nuove, magari diesel a emissioni nocive ridotte.
Però magari della Mercedes o della Bmw perché dalla settimana scorsa sappiamo che in Volskwagen i sensori della stanchezza non se possono tocca’ ma quelli degli scarichi e dell’inquinamento… avoja! E de quelli Bill Right se n’era fregato ampiamente. Sì, perché, avrete saputo e leggiuto, ormai è acclarato che la casa automobilistica nata per essere del popolo (e diventata talmente tanto del popolo da essere la più voluminosa del mondo, in termini di fatturato), per rientrare nei parametri per le emissioni nocive d’oltreoceano, j’ha dato giù pesante in taroccamenti. Questi qua hanno manomesso i dispositivi che segnalavano le emissioni inquinanti dei veicoli in maniera che risultassero entro i limiti previsti quando invece esuberavano alla grande: praticamente hanno venduto il pesce col giornale sotto, se so’ pesati con un piede per terra, insomma… hanno girato il 9 per farlo sembra’ un 6.
Una strategia talmente cretina da risultare quasi incredibile. E invece agli Americani è bastato rilevarsi i dati da soli per far emergere la boiata: le macchine vendute negli Stati Uniti inquinavano come una Ritmo del 1977 quando invece je venivano spacciate con un’alimentazione ad acqua di rose. E’ venuto giù il mondo e alè. Devo dire, con maligna e fuori luogo ironia – lo ammetto – che non è proprio la prima volta che la Germania, a livello mondiale, crea qualche casino. Il problema è che ‘sta fama de gente sempre pettinata e con le case con i frullatori ancora dentro l’imballaggio originale non viene via, mentre noi continuiamo a essere visti come gente che si alimenta da un unico trogolo collettivo. Ecco, magari tutto questo contribuirà a spiegare che non esistono prodotti tedeschi e prodotti italiani o bulgari, esistono prodotti. Poi, chi li fa… li fa e i pregiudizi, anche quelli positivi, a prescindere, sono rischiosissimi! Ma siamo sicuri che di tutto questo Bill Right prima o poi si sarebbe accorto. Anche se ci auguriamo che attualmente sia stato sollevato dall’incarico e magari abbia aperto un Vapoforno a Tivoli. Lì, nonostante le apparenze, le emissioni odorose so’ tutte salubri.