Giuseppe Di Vittorio, secondo me, sarebbe ancora un ottimo editorialista per “L’Unità”.
Una brevissima presentazione, per chi non lo conoscesse. Giuseppe Di Vittorio era figlio di contadini e iniziò a lavorare nei campi che non aveva ancora compiuto 10 anni (prese il posto che fu del padre, morto in un incidente sul lavoro), all’epoca in cui iniziò a lavorare sapeva a malapena leggere e scrivere. Fu sempre fieramente anti-fascista. E’ stato tra i fondatori del sindacato in Italia e tra i primi a denunciare i crimini di Stalin in Unione Sovietica. Durante la rivolta ungherese ebbe a dire: «L’Armata Rossa che spara contro i lavoratori […] è inaccettabile! Quelli sono regimi sanguinari! Sono una banda di assassini!». Come si può non stimare una persona del genere?
Be’ scordatevi di questo Di Vittorio, infatti questo articolo non “parla di Di Vittorio” (che, infatti, non scrive sulla nuova “L’Unità”, per due motivi che metto in ordine di importanza:
1. Essendo un libero pensatore, non sarebbe molto adatto a scrivere su un giornale che già si dichiara “di partito” – mentre Di Vittorio è sempre stato una persona di parte, ma mai una persona di partito – ma che in realtà è una specie di velina tagliata su misura per omaggiare l’insospettabile maître à penser Renzi.
2. Giuseppe Di Vittorio è morto da quasi 60 anni), questo articolo, invece, “parla di Vittorio”, nel senso di Vittorio Sgarbi.
Voi direte “ma che c’entra il critico d’arte più scemo al mondo dopo Dipré con il giornale fondato da Antonio Gramsci?”. Giusta domanda. Ebbene signori, sembra incredibile, ma posso annunciare a tutti quelli che non se ne erano accorti (ovvero quasi tutti) che da qualche giorno il pluri-pregiudicato Vittorio Sgarbi è entrato ufficialmente nel roster degli editorialisti della rivista storica della Sinistra italiana.
Ma chi è questo Vittorio Sgarbi?
Ho 33 anni e ho conosciuto Sgarbi come personaggio televisivo quando io ero ancora un bambino e lui aveva una trasmissione chiamata “Sgarbi Quotidiani” su Canale 5.
Per chi non la ricordasse (o fosse troppo giovane per averla vista, mannaggia a lui): andava in onda verso l’ora di pranzo, c’era un tale (Vittorio Sgarbi, per l’appunto) in uno studio con un enorme quadro in fondo insieme ad un tizio muto – o che comunque non aveva diritto di intervenire mai, se non quando direttamente interpellato (ed in tal caso si doveva limitare ad annuire in maniera convincente) – che parlava male di chiunque non si inchinasse di fronte alla magnificenza del suo editore (Silvio Berlusconi).
Iniziava a parlare in maniera composta, poi – senza che succedesse apparentemente nulla, anche perché stava monologando – cominciava ad innervosirsi sempre di più e finiva per dare in escandescenze in concomitanza con la sigla finale.
Io avevo su per giù 10 anni e ogni volta che a pranzo si finiva su ‘Canale 5’ mi pareva di assistere ad una seduta dallo psichiatra o, più probabilmente, da un esorcista. Ho avuto un’infanzia senza dubbio difficile.
In più di una puntata difese strenuamente Giulio Andreotti (all’epoca sotto processo per associazione a delinquere con la Mafia, processo che terminerà accertando la colpevolezza del senatore Andreotti fino al 1980) arrivando ad accusare il PM di quel processo di essere “un assassino morale”. Stessa accusa mosse a: Davigo, Colombo, Greco e a gran parte dei giudici che hanno processato i potenti in Italia.
Nel 1994, eletto all’opposizione, entrò subito nella maggioranza che sorreggeva il primo governo Berlusconi. Un governo che durò pochi mesi, in cui erano presenti grandi pensatori occidentali quali Giuliano Ferrara, Cesare Previti e Pietro Pacciani (no, Pacciani non c’era, perché con certa gente non si sarebbe mai mischiato), ma che diede grosse soddisfazioni a tutti quelli che sospettavano che le cose sarebbero davvero potute peggiorare rispetto a prima. E non era un cazzo facile.
Bene, facciamo un salto di oltre 20 anni (tralasciando tutte le cose che ha fatto Sgarbi da lì in avanti, basti sapere che aveva iniziato meglio di come ha continuato) e arriviamo al 24 Agosto di quest’anno, quando ha debuttato come editorialista.
Nel suo primo lunghissimo editoriale, Vittorio Sgarbi ha tenuto a denunciare la “mafia mediatica” (così la chiama lui) che ha parlato troppo dei funerali di Vittorio Casamonica.
Sgarbi spiega agli italiani che il funerale Casamonica non è un argomento molto interessante, anzi “per la cronaca, avrebbe potuto interessare al massimo il bollettino parrocchiale”. Poi attacca la stampa (mafiosa, par di capire) che perde tempo dietro i Casamonica mentre “intanto in Siria si uccide, si decapita e si distrugge e nessuno s’indigna”.
E’ l’ora del quiz cari lettori. Lo chiamerò “Chi vuol essere editorialista?”.
Unica domanda.
Devi scrivere un pezzo che sostiene che la gente parli troppo dei Casamonica invece di raccontare quello che accade in Siria. Ti diamo 67 righe di spazio. Quante righe dedicheresti a raccontare il funerale di Casamonica e quante a quello che succede in Siria?
A – 10 righe al funerale, 57 righe alla Siria.
B – 20 righe al funerale, 47 righe alla Siria.
C – 34 righe al funerale, 33 righe alla Siria.
D – 66.5 righe al funerale, 0.5 righe alla Siria.
Non esiste una risposta esatta. Diciamo che ogni risposta può essere giusta, ma per essere un editorialista adatto per “L’unità” la risposta esatta è… la D.
In tutto l’editoriale l’unica parte dedicata alla Siria è quella che ho riportato.
Avercene di editorialisti così.