A leggere le percentuali dei principali inquinanti, dalle microparticelle all’ozono, dal Pm10 al monossido di carbonio, dall’ozono al biossido di azoto, vien da credere di trovarsi nel bel mezzo di una autostrada a tre corsie. Ed invece siamo sotto il ponte di Rialto.
Avete letto bene. Sotto il ponte di Rialto, nel cuore della città che, unica al mondo, ha la fortuna di non essere ammorbata dal traffico automobilistico: Venezia.
Già, Venezia, la quarta città più inquinata d’Italia secondo una recente stima dell’Oms. La stessa stima che ha classificato l’aria che respiriamo nel nostro Paese come la peggiore dell’Europa occidentale.
E dopo il ponte di Rialto, che ha il “merito” di fare da effetto tunnel e trattenere gli inquinanti come fanno, per l’appunto, i tunnel autostradali, un alto punto critico della città lagunare è piazza San Marco.
Questo estate, nei momenti di maggior siccità, sotto le finestre dove si affacciava il Doge si sono registrati più sforamento dei limiti di sicurezza di Pm10 che a Milano. Altre città del Veneto, per molto meno, hanno bloccato e limitato la circolazione delle auto. Ma a Venezia, il traffico, che lo blocchi a fare?
Vien da chiedersi, allora, quale sia la causa di tutta questa mal’aria che tocca respirare ai lagunari. Una parte di responsabilità, senza dubbio alcuno, ce l’hanno i vaporetti del trasporto pubblico. Mezzi per lo più fatiscenti e inquinanti. Altra parte di responsabilità va tutta ai tanti, troppi barchini a motore che scorrazzano in laguna senza che l’amministrazione si sogni di porre un benché minimo freno al moto ondoso. Altro tema scottante in laguna, perché lo spostamento d’acqua che creano devasta barene e rive.
UNA CAUSA CHIARA: LE GRANDI NAVI
Ma il 40 per cento delle emissioni inquinanti che ammorbano la laguna ha una sola causa: le grandi navi. Sul ponte di una nave da crociera, ha dimostrato una ricerca condotta dall’associazione tedesca Naturschutzbund Deutschland, sono presenti concentrazioni di microparticelle fino a 200 volte superiori ai livelli di fondo naturali. Come dire che gli eleganti ponti dove i crocieristi si sdraiano in panciolle a prendere il sole, in assenza di benefici venti marini, sono più inquinati delle peggiori strade di Bombay. E poi uno dice: “Vado in crociera a respirare un po di aria buona!”
La verità è che questi condomini galleggianti che a Palermo si portano via tutta l’acqua della città come fosse roba loro, quando transitano nel cuore stesso di Venezia per raggiungere il mare aperto, scaricano i loro più pestilenziali effluvi creando una cappa di inquinamento che a Pechino se la sognano.
“Noi che abitiamo vicino al porto – mi ha spiegato una signora che ha casa a Santa Marta – non possiamo neppure mettere la biancheria ad asciugare fuori del balcone che la ritiriamo più sporca e puzzolente di prima. Le grandi navi tengono sempre il motore acceso anche quando sono ferme. Dai loro camini, i fumi neri non smettono mai di uscire. Mai”.
Le grandi navi utilizzano i combustibili più sporchi ed inquinanti presenti nel mercato e non possono permettersi di spegnere i motori neppure quando sono all’ancora per mantenere in funzione l’impianto elettrico e il ricambio dell’aria nei locali interni.
Figlie di una economia di solo profitto basata sui fossili, sul gigantismo e sul consumo acritico, questi villaggi turistici galleggianti per vacanze low cost, regalano profitti milionari alle compagnie di Crociera e possono permettersi un esercito di avvocati per impugnare e invalidare anche ordinanze ministeriali, come quella dei ministri Clini e Passera che nel 2012 ne aveva vietato l’ingresso in laguna.
IL (SOLITO) RICATTO OCCUPAZIONALE
Come sempre accade quando si parla di inquinamento sotto le lente dell’economia e ci si dimentica che gli effetti del riscaldamenti globale riguardano tutti e su tutta la Terra, le compagnie di Crociera hanno agitato il ricatto dell’occupazione. Venezia campa di turismo, hanno scritto nelle pagine pubblicitarie che hanno comperato sui giornali locali. Senza turismo Venezia muore. Non hanno scritto che se c’è una cosa che non mancherà mai a Venezia, grandi navi o no, sono proprio i turisti. Inoltre, i fruitori delle offerte low cost proposte dalle grandi navi non portano una lira in città. Per loro Venezia è solo il palcoscenico della partenza di una crociera che costerà al mondo una emissione di inquinanti atmosferici pari a 5 milioni di automobili. Se va bene, prenderanno un caffè in città. A bordo hanno già il “tutto pagato” e una offerta di souvenir “Made in Murano” che le fornaci dell’isola del vetro se la sognano.
Di fonte ad una lotta così impari, si sono rivelati del tutto inutili i tanti appelli lanciati dall’Unesco e di tante associazioni internazionali. Inutili anche i disastri, come quello al porto di Genova, causati da questi bulldozer del mare. Inutili, come sempre quando si parla di economia e di profitto, anche i richiami alla ragionevolezza per tutelare un bene prezioso per tutta l’umanità come l’antica città dei Dogi.
Le grandi navi, scortate da potenti rimorchiatori, continuano a transitare impunite in quello specchio d’acqua che il Palladio ha immaginato come una estensione liquida della piazza, dove si specchia il palazzo Ducale, allargando ad arte la prospettiva architettonica con la creazione di due tra le sue chiese più belle nelle vicine isole dei San Giorgio e della Giudecca.
E proprio questo canale detto della Giudecca è diventato la personalissima autostrada a tre corsie che inquina Venezia e avvelena i veneziani e, perlomeno per la durata delle loro permanenza, anche turisti e viaggiatori.
IL RICERCATORE:”MAI RILEVATO UN INQUINAMENTO SIMILE NEI PORTI”
“Ho effettuato valutazioni dell’aria in tanti porti e tante città ma un inquinamento simile non l’ho mai rilevato” ha dichiarato il dottor Axel Friedrich, esperto di inquinamento atmosferico, già capo divisione del settore Ambiente e trasporti della Germania e fondatori dell’Icct, il consiglio internazionale per i trasporti puliti. “In Italia, si continua a permettere alle navi di bruciare carburante di pessima qualità e di non adoperare i filtri antiparticolato con conseguenze tragiche per la salute di migliaia e migliaia di cittadini, per non parlare degli effetti nefasti sul clima, sulla città e anche sui monumenti”.
E, aggiungiamo noi, pure sulla laguna. Anche se non inquinassero, anche se dai loro camini che svettano più alti del campanile di San Marco, fuoriuscisse aria balsamica, basterebbe il continuo via via di questi mastodontici scatoloni galleggianti e il conseguente spostamento violento di grandi masse d’acqua, provocano la distruzione delle fondamenta stesse della città che, non dimentichiamolo, è stata costruita su palafitte di legno, piantate ad arte nei fondali per rafforzare le “barene”. D’altronde, basta fare una passeggiata lungo riva degli Schiavoni, la fondamenta della Giudecca o le Zattere per farsi una idea dello stato un cui versano le pietre di riva.
QUALCUNO A VENEZIA SI RIBELLA, TRA IL SILENZIO DI TV E GIORNALI
Eppure qualcosa di positivo, le Grandi Navi, lo hanno regalato alla città. Il loro rumoroso transito su un paesaggio delicato come l’ecosistema lagunare costellato di palazzi e chiese settecentesche, è talmente impattante che i veneziani hanno trovato la forza di ribellarsi.
Non c’è quindi da stupirsi se al referendum autogestito organizzato il 18 giugno scorso dal comitato No Grandi Navi, più di 18 mila veneziani si sono messi in fila ai banchetti elettorali per ribadire la loro contrarietà al passaggio di questi mostri del mare. Per l’esattezza 18 mila 105 voti su una popolazione che oramai si aggira sui 56 mila abitanti, vittima come è di un feroce spopolamento. Altra tragedia che sta massacrando una città che non sta vivendo, come afferma qualche osservatore poco attento, ma morendo di turismo. Più di 18 mila veneziani che, per il 98,7%, hanno scelto l’opzione: “Fuori le Grandi Navi dalla laguna e basta scavare altri canali”. Voti veri e tirati su in una sola domenica. Non una semplice raccolta di firme. I tabulati finali con tanto di nome cognome, carta di identità e indirizzo mail (per chi ce l’aveva) sono stati messi a disposizione di tutti.
Per amor di verità va detto che le urne sono state aperte anche a chi, pur non residente, lavora a Venezia o ha a cuore la città dei Dogi. Francesi, inglesi e tedeschi con i quali abbiamo raccolto alcune interviste durante la consultazione ci hanno dato l’impressione di conoscere il problema della salvaguardai di Venezia più a fondo di tanti italiani e residenti:”Molti giornali francesi parlano di Venezia e dello stato in cui si trova – mi ha spiegato una signora parigina in un italiano con tanto di congiuntivi esatti – Anche France 24 e France Télévisions hanno mandato in onda dei servizi sul problema delle Grandi Navi. Credevo che la questione fosse nota anche da voi ed invece scopro che tutto è tenuto sotto silenzio. Ma è una vergogna che una città come Venezia sia piegata agli interessi economici di compagnie di crociera che con la città non hanno nulla a che fare”.
In effetti, servizi sul degrado in cui una Venezia sempre meno Serenissima è stata fatta precipitare, sono stati pubblicati un po’ dappertutto, questa estate. Ma praticamente solo dalla stampa straniera.
Un articolo del New York Times, che ha paragonato Venezia ad una “Disneyland on the Sea”, è riuscito a scuotere anche il sindaco di Venezia, Brugnaro Luigi (lui si firma prima col cognome che col nome, ndr). Se avete sentito e compreso le sue affermazioni in dialetto trevigiano al meeting di Rimini su come si accoppano le persone che gridano “Allà al Bar” in piazza San Marco, forse vi sarete fatti un’idea del personaggio.
“Il degrado di Venezia? – ha dichiarato il primo cittadino – Tutta una congiura di quelli del Niù Iork Taim”.
Insomma: al New York Times avrebbero interessi ad ordire trame contro Venezia. Ma alla fin fine, anche Mr Dubai – lo chiamano così in città da quando ha affermato vuole “fare Venezia bella come Dubai” – è una perfetta espressione del degrado in cui una città sempre meno Serenissima è stata fatta precipitare, cui abbiamo già accennato.
A questo punto, appare evidente perché i veneziani, gli ultimi rimasti, abbiano preso così a cuore la battaglia contro questi moderni mostri marini e sabato 23 e domenica 24 settembre rilanceranno la mobilitazione con una “due giorni” europea che vedrà la partecipazione di tutti i movimenti ambientalisti italiani e d’oltralpe che si battono per la tutela del mare.
Ma non è soltanto una lotta contro l’inquinamento, non è solo la volontà di difendere la laguna, o, meglio, di quello che ne rimane. Quella che si combatte sullo sfondo del canale/autostrada della Giudecca è, per molti, una battaglia per la democrazia. Una battaglia tra chi afferma il diritto dei cittadini decidere sul futuro della loro città e chi, da uffici con sedi a Milano o in Svizzera, ritiene che al profitto di pochi possa essere sacrificato non solo il benessere di tutti ma anche un bene prezioso, unico ed irripetibile come Venezia e la sua laguna.