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L’acquistato online dai consumatori italiani vale 16,6 miliardi di euro, 2,2 miliardi in più dell’anno scorso: una crescita positiva per il “cuginetto sfigato d’europa”. Il paese è ancora lontano dai principali mercati occidentali (Francia, Germania, UK e USA) dove l’eCommerce ha raggiunto livelli di diffusione fino a quattro volte più elevati. Ma se in termini di connettività e digital divide l’Italia è stata l’ultima a salpare nel mare dell’economia che ruota attorno al magico intreccio di tecnologia e gattini chiamato internet, il 2016 vede l’Italia a tutto eCommerce.
Ce lo confermano le analisi di Confesercenti : il boom del commercio elettronico italiano si concretizzerà quest’anno in una crescita del 165% rispetto al 2009, portando a 16mila il numero di aziende italiane impiegate a vendere online (una cifra incoraggiante che potrebbe arrivare a 50mila entro il 2025). Mai stato terreno più fertile di ora. I viaggi raggiungono la quota preferenziale del 42%, seguiti dall’abbigliamento, dai libri , giornali e giocattoli, mentre all’ultimo posto si trovano i biglietti per eventi, con il 19%. Gli acquirenti italiani acquistano online anche quelle categorie merceologiche, come alimentari o oggetti d’arredamento, fino a qualche tempo fa quasi assenti sul web. Il mercato resta ancora sbilanciato sui servizi che valgono il 60% dell’acquistato online , tuttavia l’acquisto online di prodotti cresce a un tasso più elevato (+21%) rispetto all’acquisto di servizi (+12%) e così il paniere italiano si sta conformando a quello rilevato nei principali mercati occidentali.
Interessante (e vagamente preoccupante) notare come – nonostante lo studio parli di sviluppo dell’Italia – la distribuzione geografica degli e-commerce italiani sia tutt’altro che equa. Un terzo degli online shop ha infatti sede in due regioni soltanto (Lombardia e Lazio) seguite da Campania, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto e Toscana. I settori di attività maggiormente propensi al commercio online troviamo al primo posto assoluto quello del turismo, campo in cui il 12,8% delle piccole imprese ed il 71,8% di quelle più grandi (con almeno dieci dipendenti) offrono i propri servizi anche online. In coda alla lista il settore distributivo, dove solo il 2,3% delle piccole aziende e il 18,7% di quelle grandi utilizza internet per far crescere il proprio business. Anche in questo caso, però, l’incidenza riscontrata è più che raddoppiata rispetto al 2012.
Secondo la Global Survey Connected Commerce di Nielsen – realizzata su un campione di 13 mila individui in 24 paesi – le motivazioni che spingono il consumatore italiano a utilizzare il canale online per l’acquisto di prodotti sono: ricercare l’affare migliore (42%), trovare prodotti non disponibili negli store (39%), ricercare prodotti online prima dell’acquisto in negozio (39%), visitare il maggior numero possibile di siti per intercettare l’offerta al prezzo più basso (39%), guadagnare tempo (38%), cercare opinioni online per prendere decisioni (36%), accedere a punti vendita non localizzati nella zona di residenza (34%), non portare borse pesanti (30%). Dato altrettanto interessante è che, sempre secondo questa ricerca, il 79% degli italiani quando fa shopping online acquista prodotti stranieri, attestandosi il paese con il più alto livello di acquisti online che provengono dall’estero . Dato che non può essere trascurato dagli attori italiani.
Abbiamo chiesto a Valeria Lovato, sales manager della piattaforma di comparazione prodotti Shopalike.it, di commentare la trasformazione sempre più veloce che sta coinvolgendo l’economia italiana.
“Lavoro a stretto contatto con gli e-commerce italiani da circa due anni e, nonostante si tratti di un periodo relativamente breve, posso testimoniare la presenza di un fermento palpabile e di una trasformazione all’interno del settore. Quello che Shopalike rappresenta per gli e-shop è una piattaforma per accrescere la propria visibilità online ed è interessante notare come di mese in mese i negozi siano sempre più consapevoli degli strumenti con cui opera l’online marketing, più aperti a sperimentare nuove strade e più propensi a fidarsi dei nostri consigli. Quella che l’Italia sta attraversando è una trasformazione – culturale prima che tecnologica – che sono certa avrà un impatto positivo sull’economia degli anni a venire”.
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