Abuso d'ufficio per il dirigente pubblico che "sistema" la propria figlia

10 Settembre 2012
Redazione YOUng
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CASS. PEN. SEZ. VI, 6705/2012


Il dirigente comunale che con atto amministrativo assume la propria figlia per chiamata diretta nel corpo della polizia municipale, risponde di abuso d’ufficio ex art. 323 cod. pen. 


La Corte di Cassazione, confermando la sentenza dei giudici d’appello, ha condannato un dirigente del comune, responsabile del personale, il quale, con atto amministrativo, ha assunto un prossimo congiunto (nel caso di specie, la propria figlia) per chiamata diretta, nella polizia locale.


La fattispecie viene qualificata in termini di abuso d’ufficio dalla Suprema Corte, la quale conferma il ragionamento effettuato dai giudici di secondo grado. Questi ultimi già avevano rilevato come la condotta citata ben rientrasse nel tenore letterale dell’articolo 323 del codice penale, che sanziona il pubblico ufficiale/incaricato di pubblico servizio il quale nello svolgimento delle proprie funzioni o del proprio servizio omette di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto e intenzionalmente procura a sé od altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto.  

In concreto il dirigente, incurante del conflitto di interessi, ha adottato un provvedimento di assunzione, scavalcando peraltro altri soggetti idonei e più meritevoli nella graduatoria, poiché dotati di maggiore esperienza. Di conseguenza, non ha omesso di astenersi dinanzi a tale interesse riguardante la propria figlia (ma può ben immaginarsi che il vantaggio economico di cui possa giovarsi un figlio andrebbe a vantaggio di un intero nucleo famigliare) e ha procurato l’ingiusto vantaggio patrimoniale di cui parla la norma.


Utile ricordare come il bene giuridico offeso sia duplice, in quanto l’interesse che prima facie può dirsi violato è quello facente capo alla pubblica amministrazione, traducendosi nella lesione dell’imparzialità e del buon andamento dell’attività pubblica. L’imparzialità è un carattere imprescindibile dell’autorità pubblica, e si traduce nella parità di trattamento da parte di quest’ultima nei confronti dei consociati, e nel rispetto delle norme di legge, le quali sono volte a conseguire il beneficio pubblico e non di pochi eletti. Il buon andamento si traduce nell’efficienza della p.a., cioè nel conseguimento di risultati efficaci con la minima spesa pubblica. Può rilevarsi come, nel caso in cui sia arrecato ad altri un danno ingiusto, venga in rilievo come interesse mediano anche quello del singolo cittadino in concreto offeso dal conflitto di interessi altrui.  

 

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