Di argomentazioni contro l’Euro e contro l’Unione Europea, almeno come è concepita ai giorni nostri, se ne possono elencare a bizzeffe, e del resto noi stessi non abbiamo mancato l’occasione di farlo in passato, per non parlare di tanti autori degni di nota nel panorama italiano e continentale. Oggi, tuttavia, abbiamo deciso di affrontare la problematica della moneta unica non da un punto di vista economico, bensì culturale.
Era il primo dell’anno 2002, quando l’Italia, assieme ad altri undici Paesi del “vecchio continente”, vide per la prima volta entrare in circolazione l’Euro. I media si sprecarono ad anticiparne l’entrata in vigore con una grande propaganda, di modo da creare entusiasmo per la nuova valuta trans-nazionale, effetto che durò per qualche tempo. Ben presto, tuttavia, i cittadini avrebbero scoperto sulla propria pelle le conseguenze nefaste di tale introduzione, a partire dall’inflazione galoppante registrata in Italia: “Adottando l’Euro, l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica“, disse il Premio Nobel per l’economia Paul Krugman. Come anticipato, però, oggi vogliamo parlare di quello che è il messaggio intrinseco della moneta unica, ovvero l’obliare la ricchezza delle culture europee.
Per capirlo, basta guardare alle anonime banconote che ci passano quotidianamente tra le mani, rappresentanti non già personaggi e monumenti, come erano solite fare le valute nazionali, ma inesistenti rappresentazioni architettoniche che – a dire dei fautori di tale scempio – riassumerebbero i diversi stili artistici delle varie epoche. Di fatto, però, queste immagini non stimolano nessun interesse, nessuna emozione, e di certo non arricchiscono il popolo, se non in forma materiale. Le culture europee, invece, sono relegate ad un ruolo subordinato sulle monete, alcune delle quali talmente piccole da renderne difficilmente riconoscibili le raffigurazioni, con il chiaro effetto di svuotarle di valore.
Per rendersi conto dell’involuzione culturale portata dall’introduzione dell’Euro, basta fare appello alla memoria da parte di tutti coloro che abbiano raggiunto “l’età della ragione” – per citare il titolo di un romanzo di Jean-Paul Sartre – prima dell’arrivo a piè pari della moneta unica. Sulle banconote delle vecchie Lire, per cominciare dal caso italiano, erano raffigurati alcuni di immenso spessore culturale nella storia nazionale, divenuti per i cittadini dello Stivale volti noti e familiari, e di cui tutti, sin dalla scuola materna, sapevano indicare, quanto meno a grandi linee, quale fosse il motivo che li avesse resi tanto importanti da meritarsi quella rappresentazione.
Poco prima che l’Euro arrivasse a fare tabula rasa delle valute nazionali, gli italiani si trovavano quotidianamente a che fare con Maria Montessori, Guglielmo Marconi, Vincenzo Bellini, Alessandro Volta, Gian Lorenzo Bernini ed il Caravaggio (ed i più fortunati anche con Raffaello Sanzio, campeggiante sulla 500.000 lire stampata nel solo 1997). Prima ancora, c’erano stati Giuseppe Verdi, Marco Polo, Galileo Galilei, Cristofor Colombo, Dante Alighieri, Michelangelo Buonarroti, Leonardo Da Vinci ed Alessandro Manzoni.
Insomma, come avrete capito, la Lira garantiva a tutti gli italiani, anche ai meno eruditi, una cultura di base minima, nonché una coscienza storica e di appartenenza, tutti fattori spazzati via dall’Euro, le cui banconote le nuove generazioni maneggiano avidamente, solamente come anonime pietre filosofali da trasformare nei beni agognati. Analogo discorso vale, naturalmente, anche per gli altri Paesi che hanno adottato l’Euro, ed i cui cittadini, da un giorno all’altro, sono passati dal maneggiare i volti di artisti e scrittori all’anonimato della nuova valuta. Che sia stato fatto in maniera cosciente o meno, poco importa: la moneta unica ha un effetto sradicante, comporta un abbandono delle culture nazionali europee in nome del globalismo e del primato dell’economico su tutte le altre componenti dell’esistenza umana.
Di seguito, riportiamo alcune banconote che solevano circolare in vari paesi europei prima dell’introduzione dell’Euro, cercando di dare l’idea del messaggio intrinseco che portavano con sé.
1.000 LIRE ITALIANE – MARIA MONTESSORI, educatrice, scienziata, medico e filosofa.
“Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo“.
50 DRACME GRECHE (1954-63) – PERICLE, politico, oratore e militare ateniese.
“Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi, per questo è detto democrazia. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende la proprie faccende private. Ma in nessun caso si avvale delle pubbliche cariche per risolvere le questioni private”.
1.000 FIORINI OLANDESI – BARUCH SPINOZA, filosofo.
“L’uomo mantiene la possibilità di essere libero qualunque sia il tipo di comunità politica in cui vive, in quanto egli è libero nella misura in cui si fa guidare dalla ragione“.
50 FRANCHI FRANCESI – ANTOINE DE SAINT-EXUPÉRY, scrittore e aviatore.
“Tutti gli adulti sono stati prima di tutto dei bambini. (Ma pochi di loro se lo ricordano)“.
50 SCELLINI AUSTRIACI – SIGMUND FREUD, neurologo, psicoanalista e filosofo.
“La scienza non è un’illusione. Sarebbe invece un’illusione credere di poter ottenere da altre fonti ciò che essa non è in grado di darci“.
500 FRANCHI BELGI – RENÉ MAGRITTE, pittore.
“Ogni epoca ha una sua coscienza propria che le altre epoche non sanno assimilare“.
10 MARCHI FINLANDESI – PAAVO NURMI, atleta, vincitore di nove ori e tre argenti alle Olimpiadi.
“La mente è tutto; i muscoli sono pezzi di gomma. Tutto ciò che sono, lo sono grazie alla mia mente“.
2.000 PESETAS SPAGNOLE – JUAN RAMÓN JIMÉNEZ, poeta, Premio Nobel per la letteratura nel 1956.
“Essere, solo essere. Niente più, né meno di nessuno. E non conoscersi. E parlare con gli altri di altre cose… godere da parte di uno solo, tutto, e tutto per uno, il denominatore silenzioso, vero e ignorato del mondo“.
5.000 ESCUDOS PORTOGHESI – VASCO DA GAMA, esploratore.
“Non temo le tenebre. Meglio una vera morte, piuttosto che una vita non vissuta“.