“Gilmore Girls are back in town”. E finalmente anche sui nostri schermi. Dopo quasi 10 anni di assenza, tornano le ragazze Gilmore con il revival Gilmore Girls A Year in the Life: quattro episodi inediti, uno per ogni stagione dell’anno, per dare la degna conclusione a una delle serie tv più amate e seguite di sempre. Un progetto ardito ma in linea con la tendenza degli ultimi anni, che vede sfornare al cinema e in tv sequel, prequel e spin-off di grandi classici, realizzato grazie a Netflix e al ritorno della creatrice originaria Amy Sherman-Palladino, che ha scritto e diretto tutti gli episodi insieme al marito Daniel.
Per l’occasione sono tornati davvero tutti. Fin dalle prime battute, ritroviamo i simpatici e noti cittadini di Stars Hollow che da sempre hanno aggiunto colore e fatto da cornice alla storia delle protagoniste: dallo strampalato Kirk, al burbero Taylor, alla esilarante Babette e Miss Patty, e la lista potrebbe continuare ancora. E poi ci sono loro, Lorelai (Lauren Graham) e Rory (Alexis Bledel), un po’ invecchiate ma sempre pimpanti, con la battuta pronta e la loro parlantina veloce quasi impossibile da seguire. Ma in realtà le vere protagoniste di questo revival sono tre: Lorelai, Rory ed Emily, che cercando di andare avanti con la loro vita dopo il tragico lutto di Richard (che aveva il volto dell’attore Ed Herrmann, scomparso nel 2014).
Dopo l’incipit che rievoca alcune delle battute più famose della serie originale, ci ritroviamo subito in una Stars Hollow innevata e il tempo sembra davvero essersi fermato. Tutto è rimasto com’era, e dopo un abbraccio nostalgico delle protagoniste che sa tanto di bentornato, ci immergiamo di nuovo nel magico mondo delle Gilmore come se il tempo non fosse mai passato. Le Gilmore bevono ancora caffè, mangiano ciambelle e tacos ma – per la gioia delle nostre orecchie – ora citano Inside Out, Game of Thrones e Outlander, vanno in giro su una “Ooober” e hanno smartphone enormi, e combinano ancora guai. Stars Hollow è rimasta immutata, con i suoi riti e personaggi bizzarri, ma per le donne Gilmore ci son stati tanti cambiamenti. Emily deve ancora superare la morte del marito, con il quale ha vissuto per 50 anni, Lorelai vive con Luke ma sembra infelice e insoddisfatta della sua vita, così come Rory che ritroviamo in giro per il mondo, in viaggio tra un continente e l’altro, sempre di corsa alla ricerca di una nuova storia da scrivere.
Per certi versi, ciò che ha compiuto Amy Sherman-Palladino si può considerare un piccolo miracolo. Il revival strizza l’occhio allo spettatore, celebrando e rievocando il passato e allo stesso tempo portando avanti la storia, aggiornando il repertorio con riferimenti alla cultura di oggi ma mantenendo intatta la freschezza, il ritmo e lo stile che aveva contraddistinto la serie degli esordi. L’alchimia fra gli attori non è stata assolutamente intaccata dal tempo che anzi comunicano la grande gioia della loro ritrovata unione. Tra una gag e l’altra, alcune davvero memorabili – come la nuova attività di car sharing di Kirk o il mancato gay pride per mancanza di gay a Star Hollow –, scopriamo episodio dopo episodio che le protagoniste sono letteralmente a un bivio della loro vita e che annaspano nel tentativo di non farsi travolgere dagli eventi. In particolar modo la giovane Rory, ormai 32enne, protagonista di grandi colpi di scena, con una disastrosa vita sentimentale e una altrettanto problematica carriera. Non è più la ragazza perfetta che fa liste di pro e contro e fa sempre la cosa giusta, ma una ragazza comune che cerca di farsi spazio in un modo crudele e ostile.
Quindi, Amy Sherman-Palladino è riuscita nel suo intento? Non esattamente, perché non tutto funziona. Se la serie parte con il piede giusto e un ritmo perfetto, quest’ultimo finisce per allentarsi cedendo il passo più al lato emozionale che a quello comico. A non convincere sono alcune scene in stile musical, bellissime dal punto di vista scenico ma un po’ fuori contesto e di cui si poteva anche fare a meno. Gilmore Girls è sempre stato un dramedy dai ritmi serrati propri delle miglior sitcom, capace di alternare con intelligenza momenti più toccanti ad altri irriverenti. La chiave del successo delle prime stagioni è stata proprio questa. Ecco perché i primi due episodi del revival travolgono, divertono ed emozionano in un perfetto bilanciamento delle parti. Proprio ciò che invece manca negli ultimi due episodi, più lenti e con storyline riempitive non del tutto riuscite. C’era bisogno di un altro po’ di Paris Geller, interpretata dalla fantastica Lisa Weil, vero bulldog in gonnella che ringhia e mette paura a tutti (“Sono il Pablo Escobar della fertilità” è la miglior battuta del revival); c’era bisogno di un po’ più di Sookie – che appare solo pochi minuti -, di Doyle, Taylor e Babette e dei loro momenti comici, insomma. Non è difficile immaginare infatti che molte storie siano state condizionate dalla disponibilità degli attori a prender parte al revival, l’esempio più eclatante è sicuramente quello di Melissa McCarthy.
Non bisogna dimenticare che quello di Amy Sherman-Palladino era un progetto ambizioso, tutt’altro che facile. Riportare in vita una serie tv degli anni 2000 dopo quasi 10 anni dalla fine richiede un gran coraggio oltre che inventiva e capacità di adattamento. Perché la tv in questi anni è cambiata tantissimo, il livello qualitativo si è alzato incredibilmente ma soprattutto è cambiato il pubblico. E riuscire a dar vita a una serie evento seppur con i suoi limiti e difetti, capace di catalizzare l’attenzione dello spettatore vecchio e nuovo, non è cosa da poco. Si percepisce subito che la creatrice della serie ha voluto e cercato veramente di accontentare tutti, la mole di ritorni e guest star la dice lunga, ma riuscirci è davvero impossibile.
Qualcuno rimarrà inevitabilmente scontento dopo la visione di Gilmore Girls, in particolar modo del finale e di come è stata sviluppata la storia di due personaggi, ma in molti saranno entusiasti. È un finale dolceamaro che farà discutere e che soddisfa a metà, con un cliffhanger che lascia senza fiato, furbo e corretto allo stesso tempo. La storia si ripete, a dimostrazione del cerchio della vita che si chiude e riparte grazie a quelle famose quattro parole. Ma più che un vero finale è una porta aperta, anzi un portone spalancato: si può considerare come un nuovo capitolo di una storia che deve essere ancora scritta, di un’avventura di due protagoniste senza tempo che dura da oltre 15 anni. Insomma, non è una conclusione ma solo un anno di una vita. E solo la Palladino sa se vorrà raccontarla.