Quel giorno al Primavera – Cronaca del 4 giugno

27 Giugno 2016
Veronica Valli
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Altro giro, altra corsa. Sabato 4 è l’ultimo giorno del Festival, almeno sulla carta, perché poi ci sono ancora i live a La Ciutat. Mi sveglio di buon’ora (leggi alle 13), mi preparo rapidamente e dopo un pessimo caffè spagnolo, mi dirigo proprio a La Ciutat dove c’è l’elegante pop di Robert Forster e la nostrana Matilde Davoli, ex componente degli Studio Davoli datasi alla carriera solista come il collega Gianluca De Rubertis ma senza la sua attitude al pop porno.

L’ELEGANZA DI FORSTER – Dopo essermi beata dell’encomiabile presenza di Martini al Festival, che mi ha fatto sentire come la James Bond del giornalismo musicale (???) caricata da un bel Vodka Martini, rigorosamente agitato, non mescolato, sono pronta per il bellissimo live di Forster, che cala tutti in un’atmosfera chic e surreale, roba che sembra di essere quasi a teatro, cullati dal dolce suono del violino egregiamente suonato da quella che scopro poi essere sua moglie. Un qualcosa che non ci si aspetterebbe troppo al Primavera ma che è assolutamente meraviglioso. Occasione sprecata invece per la Davoli, il cui live non coinvolge troppo né convince; c’è da dire che nell’economia di una manifestazione che finisce in tarda nottata, esibirsi nel primo pomeriggio (in un’altra location, poi) non premia granché in termini di pubblico, comunque l’esibizione dell’artista italiana non ha molto da dire.

DELIRIO BRIAN WILSON – Ma è il momento di andare al Parc del Forum, anche perché puntale alle 20 ad attendere il pubblico c’è l’ex Beach Boy Brian Wilson e la sua cricca, che regalano un live a dir poco formidabile, suonando per intero tutto “Pet Sounds”, considerato a giusta posta un suo lavoro praticamente esclusivo. Non mancano i numerosi momenti ilari offerti da Brian e dai suoi musicisti, una su tutti la cover dello storico pezzo “The Monster Mash”, che manda gli astanti ancor più in visibilio. God only knows.

DEERHUNTER E LADY PJ – E’ la volta poi dello Shoegaze dei DeerHunter, band di Bradford Cox, inquietante e talentuoso musicista, la cui figura si aggira sottile ed eterea sul palco, calando tutti a sorpresa in un’atmosfera allegra e un po’ funky, davvero una bella sorpresa per chi si aspettava sonorità più cupe. Quindi è il turno della signora Pj Harvey, che arriva vestita come una divinità greca e incanta tutti come solo un’artista del suo calibro sa fare, è davvero meravigliosa e si fa apprezzare anche da chi – come chi vi scrive – non è un suo seguace. Con PJ suonano, tra l’altro, due musicisti italiani, Alessandro Stefana e Enrico Gabrielli, che ha militato nei Mariposa e nei Calibro 35, due nomi che hanno di certo incrementato il numero di connazionali durante il live di Polly Jean.

SOGNARE COI SIGUR ROS – Non c’è molto tempo per riflettere dopo PJ, perché è già tempo dei Sigur Ros. Per molti i due live a seguire sono forieri di “troppe emozioni” e dunque la band islandese non ci ha guadagnato molto ma invece per chi è riuscito a reggere, il live è stato al contrario molto bello ed energico, insomma non l’hanno certo mandata a dire. D’altronde, i Festival musicali sono fatti per essere intensi, da un punto di visita fisico, visivo ed emotivo. Il Primavera è molto bello anche per questo e anzi, anche se il Parc del Forum è molto grande, anche quando c’è una grande ressa, il pubblico ha sempre la possibilità di spostarsi in maniera agile e abbastanza rapida. Piccola chicca: forse il Martini e il Bacardi della Casa Bacardi al Beach Club dovevano avermi fatto male, perché ho confuso i Sigur Ros coi Noir Desir (???) e così ho candidamente espresso il mio stupore nel sapere che il cantante dei Sigur fosse stato scarcerato e avesse potuto esibirsi al Primavera.

MODERAT E DJ COCO – Molto attesi anche Moderat, cioé a dire il progetto nato dalla collaborazione di Apparat, al secolo Sacha Ring e i Modeselektor, cioé Gernot Bronsert e Sebastian Szarzy. Il gruppo non delude, esibendosi in un concerto molto energico e coinvolgente, dove i loro ritmi squisitamente elettro-pop fanno ballare più che volentieri gli instancabili presenti. E a proposito di ballare, non c’è tempo certo di riposarsi, visto che è il momento di calare il sipario sul festival col tradizionale set di Dj Coco, che per devozione va ascoltato almeno per una decina di minuti prima di collassare e dirigersi verso il letto, anche per rendere onore a “The Rythm of the Night” che il buon Coco ha deciso di “passare” quest’anno.

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