E l'Huffington sdogana l'orgoglio obeso

5 Agosto 2015
Germano Milite
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Obese

 

L’editoriale di Germano Milite

Lo avevo preannunciato in questo seguitissimo editoriale, paventando la possibilità che ben presto “l’orgoglio curvy” sarebbe degenerato in un delirante, patetico e soprattutto dannosissimo “orgoglio obeso” ed oggi, le pagine dell’Huffington Post, ne danno purtroppo conferma.

La fotografa brasiliana Mariana Godoy, probabilmente in cerca disperata di popolarità e consapevole che le sue fotografie avrebbero scatenato un acceso dibattito, ha deciso di immortalare alcune donne visibilmente e rovinosamente obese, con almeno 40-50kg di grasso in eccesso, per lanciare una “forma di protesta” contro la “fatfhobia”. Insomma: una delle patologie acclarate che fa più morti e costa di più al sistema sanitario nazionale dei cosiddetti “paesi industrializzati”, diviene una mera questione modaiola ed estetica. Oggi si discute da un punto di vista “artistico” se le donne obese sono belle o meno, se devono piacerci per forza o scatenare la nostra repulsione. Un po’ come se si tornasse indietro di decenni e si dibattesse sul senso di “figaggine” che una sigaretta tra le labbra può concedere, senza valutare gli aspetti sanitari della questione.

Dall’esaltazione delle curve e delle formosità (come se una caratteristica fisica di costituzione come la sesta di reggiseno o l’essere alti 1.90 fossero aspetti meritori di per sè), si è dunque rapidamente degenerati verso la celebrazione del grasso straripante, del tondo sgraziato, del volere alla fine male a se stessi. Ma per quale motivo? La risposta è banale come l’estremizzazione isterica in cui si cade quando si parla di determinati argomenti: consumo. Non c’è altro. Il consumismo si evolve, individua nuovi clienti e dice loro:“Devi accettarti per come (malato) sei, perché la tua malattia per noi può essere motivo di business”.

E mentre l’anoressia è decisamente “out” sul lato estetico e nessuno (per ora) si sogna di lanciare giornate ed iniziative di orgoglio per i fumatori ed i giocatori di azzardo o per gli ossessivo/compulsivi, la moda (e certi fotografi) hanno compreso che dire a chi pesa 50kg di troppo che è “bellissimo così” può garantire lauti guadagni sia in termini economici che in termini di visibilità.

Del resto, la filosofia esistenziale imperante, è quella che deve accomodare i (di solito sacrosanti) sensi di colpa di un numero crescente di eterni bambini narcisisti; di persone che vogliono fare ciò che vogliono, quando lo vogliono e come lo vogliono, senza dover dare conto a nessuno. Paradossalmente, neppure al proprio benessere psicofisico reale. Il divieto di giudizio sui comportamenti oggettivamente sbagliati del prossimo, è divenuto il mantra relativista stracolmo di buonismo ed ipocrisia da opporre all’intolleranza ed al bullismo subito dai “diversi”. Come detto, quindi, non esiste una via di mezzo nella proposta dialettica attuale. Non si scorge una complessità da analizzare e da ponderare a lungo. Si divide il mondo in “bello” e “brutto” (o in buoni e cattivi) e si lascia che la gente si faccia del male da sola, auto-convincendosi che le malattie curabili ed evitabili possano divenire addirittura status symbol da perseguire e desiderare. Gli adulti, insomma, pretendono di essere trattati come imperituri bambini, anche se poi spesso dichiarano contestualmente di detestare i cuccioli d’uomo e di preferire quelli animali.

Obesa 2

 

UN ELEMENTO CONFORTANTE: LE TESTIMONIANZE DI TANTI EX OBESI

L’elemento confortante di queste bislacche e ridicole campagne pro incoscienza, sta nei commenti che si leggono sotto agli articoli. Commenti, in molti casi, provenienti da ex obesi che hanno vinto la propria patologia e si sentono pesantemente insultati da chi tenta di manipolarli. Nel pezzo dell’Huffington almeno non si parla a sproposito di “donne curvy”, come pure Vanity Fair aveva fatto di recente con un gruppo di modelle eccessivamente “rotonde”, ma si tenta comunque di far passare un concetto agghiacciante, attraverso le parole della Godoy:“Essere grassa è una condizione con cui ho vissuto per tutta la vita. Ci sono tantissimi pregiudizi contro questa parola, la gente giudica fortemente chi decide di vivere con il proprio corpo così com’è”.

Mai, la fotografa, accenna ad una malattia da combattere o ai chili di troppo dovuti a scompensi metabolici, ormonali o ad altre patologie o comunque a condizioni non dipendenti dalle scelte dell’individuo. E’ come se obesi si nascesse senza poi avere alcuna possibilità di modificare il proprio fisico e le proprie abitudini alimentari. Godoy parla del grasso in eccesso come una persona nata senza gambe parlerebbe dei suoi arti mancanti, ovvero come un cosa inevitabile che occorre accettare con rassegnazione o addirittura gioia e serenità. Non bisogna certo criminalizzare chi si trascina addosso decine di kg di troppo o deriderlo ed emarginarlo. Parliamo infatti di persone che vivono un disagio psicologico prima ancora che fisico e che non vanno giudicate con durezza ma accolte ed aiutate ad uscire dal tunnel dell’autodistruzione. Così come un giudizio estremamente duro o ancor peggio sfottò ed atti di bullismo di sicuro non possono far altro che peggiorare la situazione, parimenti un superficiale giudizio buonista non potrà aiutare il malato a prendere coscienza della propria patologia per decidere di sconfiggerla. 

L’articolo, comunque, si conclude sottolineando la presunta serenità delle modelle obese ritratte; la spensieratezza con cui mostrerebbero le proprie forme e lancia un messaggio molto fuorviante e preoccupante ad un modo che non ha proprio bisogno di altri individui che fanno vanto dei propri comportamenti autolesionisti ed anti-sociali.

L'AUTORE
Giornalista professionista. Partendo dalla televisione, ha poi lavorato come consulente in digital management per aziende italiane ed internazionali. E' il fondatore e direttore di YOUng. Ama l'innovazione, la psicologia e la geopolitica. Detesta i figli di papà che giocano a fare gli startupper e i confusi che dicono di occuparsi di "marketing".
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