Se a Napoli Cavour e Garibaldi sono (molto) più importanti di Troisi e Daniele

4 Agosto 2015
Germano Milite
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Retrospettiva Pino Daniele

L’editoriale di Germano Milite

A Napoli dedicano una strada (o meglio un “vicariello”) a Pino Daniele ed una scalinata (o meglio una scalinatella) e Massimo Troisi. Considerando che a personaggi come Garibaldi e Cavour e ad altri semi-sconosciuti o conosciuti predoni del Sud abbiamo dedicato, sempre a Napoli, piazze e strade importanti, direi che c’è ben poco da festeggiare per questo patetico contentino. Certo il viottolo è quello dove Daniele è nato e i 10 scalini sono quelli di un’immortale scena tratta da uno degli immortali film del comico napoletano, ma l’eclatante sproporzione immensa di “dediche” resta comunque intatta. 

Pensate, ad esempio, che data l’ubicazione delle “strade” a loro titolate praticamente non ci saranno mai lettere, locali, alberghi che riporteranno la dicitura “Via Troisi” o “Via Daniele”.

Era probabilmente meglio non far nulla, perché così si sancisce in maniera ufficiale ed autoctona che, per la città di Napoli, i due grandi ed inimitabili artisti valgono molto meno di quelli che in estrema sintesi possiamo definire come un pirata mercenario ed uno “statista” senza scrupoli. E se anche il duo Garibaldi-Cavour fosse quello che l’agiografia storica dei vincitori ha dipinto come salvatore ed al contempo creatore della patria unificata, in ogni caso non si potrebbe comprendere l’immane differenza tra la loro celebrazione e quella assicurata a due nomi che parlano di Napoli e della napoletanità come pochi altri nel 900.

Il solito complesso d’inferiorità del colonizzato, insomma, del quale potevamo benissimo fare a meno. Certo: si dirà che cambiare nome ad una strada che ne ha già uno non è poi cosa solitamente gradita ai residenti, né semplice. Ma anche questa argomentazione, ad un’analisi più lucida, suonerà alquanto ridicola e forzata. In Italia abbiamo cambiato le titolazioni di certe strade per dedicarle a Monroe, Marley, Lennon e Strummer, senza che nessun cittadino si sia (comprensibilmente) sognato di protestare. Di sicuro, gli abitanti partenopei di Via Bellini, non avrebbero avuto nulla da ridire nel vederla rinominata per ricordare Daniele o Troisi. Il “disagio” sarebbe stato poco, superabilissimo e soprattutto giustificato. E se persino Napoli relega a personaggi di serie b coloro che ne hanno fatto la storia artistica recente, allora significa che, al di la delle scomposte e spesso faziosissime ed infantili rivendicazioni di certi “meridionalisti”, in maniera oggettiva quanto evidente noi soffriamo ancora tantissimo del complesso del colonizzato; di una sindrome di stoccolma che, alla luce degli ultimi dati Svimez, è forse ancora meno giustificata.

Non sono mai stato un meridionalista scissionista. Ho sempre voluto intendere la mia Italia come unita e coesa. Ma, alla luce di una recessione devastante che dura da sette anni e di un resto del paese che non fa altro che urlarci contro quanto siamo “parassiti”, “piagnoni” (grazie Matteo Renzi) e buoni a nulla, penso valga la pena verificare fino in fondo quanto questi odiosi stereotipi siano fondati e veritieri per la maggioranza della popolazione “terrona”. Lasciateci soli sul serio, visto che per ora ci avete semplicemente abbandonati come fanno gli amanti ingrati e narcisisti dopo aver preso tutto dai propri ex partner. Lasciateci “fallire” con il peso delle nostre sole responsabilità sulle spalle. Che noi con le “crisi” ci viviamo da sempre, siamo spartani nell’animo e, magari, tra 100 anni potremo dedicare piazze ed ampi viali a nuovi eroi contemporanei dell’indipendenza.

Lo so: sto sognando. Ma intanto, volendo tornare al pragmatismo, a me piacerebbe vedere il duo Daniele – Troisi, almeno equiparato in grandezza a chi con Napoli ed il Sud non c’entra niente e anzi, semmai, ne è concausa del declino. Del resto, in diversi comuni meridionali, si stanno volutamente limitando strade, piazze e scuole intitolate alla coppia risorgimentale di colonizzatori. Non si capisce come mai, proprio nella capitale del Sud (derubato e sempre più mortificato), questa tendenza non sia recepita nel modo giusto. 

L'AUTORE
Giornalista professionista. Partendo dalla televisione, ha poi lavorato come consulente in digital management per aziende italiane ed internazionali. E' il fondatore e direttore di YOUng. Ama l'innovazione, la psicologia e la geopolitica. Detesta i figli di papà che giocano a fare gli startupper e i confusi che dicono di occuparsi di "marketing".
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